Un
home invasion al contrario, o qualcosa del genere
Di
fronte a certi generi vedo difficile un’operazione che ne sdogani
la struttura-tipo e provi strade nuove e anticonvenzionali, o meglio,
apprezzo molto che un autore si confronti con determinati approcci
narrativi e offra una sua interpretazione anche senza staccarsi da
modelli preconfezionati: l’originalità, o la sua ricerca, diventa
efficace, più che bella, solo se piena e completa, solo se possiede
quell’idea capace di sradicare ogni pensiero razionale costringendo
a resettare la mente per riavviare il sistema centrico del
pensiero-horror (mi sembra di aver sentito nominare ItFollows…),
altrimenti si accettano molto volentieri quei progetti che omaggiano
o che in qualche modo mettono le mani avanti spargendo umiltà e
devozione.
Emelie
non appartiene né a una categoria né all’altra, ma si inquadra in
stato medio dove, allo schema classico dell’home invasion, subentra
un aspetto per certi versi innovativo e sorprendente che pur non
demolendo le fondamenta è in grado di fornire due scosse di
assestamento niente male.
La
prima riguarda l’inevitabile figura dell’invasore, in questo caso
una babysitter che apparentemente per nessuna motivazione si sbarazza
della ragazza incaricata e ne prende il posto portando caos in casa
nello stesso modo in cui il villain, mascherato o meno, decide di
entrare in scena solo per la soddisfazione di un gioco personale che
non è dato sapere.
Perversa,
geometrica, dominata da intenzioni complesse e oscure, Emilie
distrugge la ruotine quotidiana dei tre fratellini che deve accudire
nel giro di pochi istanti e di pochi atteggiamenti: un accenno, un
sorriso, un permesso, e la tranquillità si sgretola in favore di
interrogativi e imbarazzi che aumentano con una progressione
micidiale.
La
seconda scossa è quella più legata alla semplice buona scrittura,
quella che permette a una storia non fondamentale di ergersi a
qualcosa d’altro, o che almeno possiede i semi per farlo.
In
questo caso la penna di Michael Thelin (che arriva dai videoclip e
dall'universo musicale) modella tre bambini meravigliosi che in tre
modi diversi incarnano lo spirito incontenibilmente ludico e
sovraeccitato tipico delle loro età, dal mondo rosa della piccola
Sally al gioco innocente e pieno di sorrisi di Christopher, passando
naturalmente per una certa ostruzione nella pre-adolescenza di Jacob.
Sguardi,
comportamenti, incomprensioni, intralci, opposizioni: l’ampio
spettro comportamentale della tenera età viene filtrato e
rimescolato attraverso le regole weird di Emelie, tutto viene
disconnesso e riattivato per trovarsi compatto di fronte alla
condotta incomprensibile della babysitter, che pare appoggiare
atteggiamenti sbagliati, preferire principi bizzarri e consigliare
metodi indecifrabili.
Concentrandosi
su questi due aspetti, o comunque intagliandoli fino a dare loro
forma sinuosa e profonda, Emelie
raggiunge un livello notevole e impensato che, per esempio, un film
per certi versi simile come Hush
non sfiora neanche: se l’ultimo lavoro di Flanagan si limita
(volutamente e giustamente, perché no) a una serie di dettagli
superficiali per sagomare il suo l’home invasion (stile di
sopravvivenza della protagonista, uso e non-uso delle armi), Thelin
scava molto più in profondità agendo prima sui personaggi e solo di
conseguenza sulle modalità di attacco. Infatti è solo grazie alla
varietà emozionale dei tre bambini (più amico d’avventure e con
il riflesso della coppia di genitori) se le iniezioni di anormalità
della babysitter colpiscono duro rivestendo il malessere generale di
panico e angoscia.
Il
film gira bene e Thelin lo compatta con una rapidità esemplare che
taglia ogni tempo morto in favore di sequenze veloci che, anche nei
momenti più spiegati (da un certo punto in poi diventa necessario
dare una determinata informazione per andare avanti senza un qualche
effetto ping pong), mantengono alta la tensione e soprattutto il
disagio fino all’inevitabile battaglia finale di intelligenze e
furbizie.
Qualche
colpo basso inaspettato cuce alla narrazione buone batoste finali, si
tratta di ottime estensioni del plot che, ancora, non gli permettono
di svettare (poche le vere ambizioni, fin troppo statico l’intreccio
generale, le motivazioni di Emelie non raggiungono lo shock tentato)
ma contribuiscono a un’immersione soffocante e dalla quale è
difficile risalire.
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