Un prison movie di grande cuore e soprattutto di
grandi mazzate, dal regista di Bone Tomahawk
Il cinema di
Zahler è così, prendere o lasciare. Lento da morire, violentissimo, con tempi
dilatati fino allo sfinimento, tanto che anche in Brawl in Cell Block 99, così come accadeva in Bone Tomahawk, la durata travalica ogni contenimento e raggiungere
le due ore e un quarto che, va detto, di certo non scorrono via come bere una
birra ghiacciata. Stavolta le praterie polverose, i cavalli e i cannibali
lasciano il posto a piccola criminalità, prigioni rancide e spacciatori infami,
ma due sono i veri elementi che rimangono inalterati: la figura di un eroe
d’altri tempi, spontaneo, imbattibile, al di sopra di qualsiasi spartizione tra
bene e male, e la ricerca di una violenza che lascia ancora una volta
ammutoliti.
La storia non è
che un pretesto per dare uno scopo a Bradley, un gigantesco (in tutti i sensi)
Vince Vaughn. Rinchiuso in prigione, devastato dal rapimento della moglie, si
trova costretto a stringere un patto con il nemico per riaverla indietro. Il
carcere di massima sicurezza in cui si svolge la lunga parte finale è un sotterraneo
putrido divorato da muffa ed escrementi, e ben sostiene la discesa fisica e
psichica di Bradley, che prende a pugni chiunque senza alcuna paura. Si trova
chiaramente qui il succo di un film che per oltre novanta minuti innaffia una
situazione sempre al limite dell’esplosione, per poi detonare durante il tour
carcerario a suon di arti spezzati, crani calpestati e teste distrutte sulle
pareti. Nonostante qualche botto gore che esagera un po’ con la carne sventrata
e il sangue, la violenza è sempre realistica e scomoda, e sembra che ogni pugno
faccia un male del demonio. Sequenze come la scazzottata con la guardia o le
varie braccia spezzate, comunque solo un antipasto di quello che succederà in
seguito, torcono lo stomaco perché giocano sull’intensità che solo un
determinato approccio può configurare: Zahler mostra ogni cosa, senza tagli,
senza distogliere l’inquadratura, anche quando sono dei semplici pugni. A nulla
in fondo servirebbe il lungo antipasto narrativo, se poi l’ostentata
credibilità crollasse proprio nel suo momento clou.
Raggiungere
tuttavia il magnifico delirio conclusivo non è una passeggiata: seppur lineare,
a suo modo essenziale e con pochi personaggi, Brawl in Cell Block 99 è un carro armato che non si sposta di un
millimetro dal suo incedere pachidermico, e anche se tutto è necessario al
nutrimento di Bradley, potrebbe essere facile cedere qua e là, quando le
parentesi si aprono e trovano compimento solo dopo molti minuti di dialoghi
tutti d’un pezzo e atteggiamenti statuari. Un avvertimento, non una critica.
Trovo che in questa mole di sguardi e lentezze risieda il giusto contraltare
della furia che verrà a scatenarsi, quasi a dover giustificare tanta brutalità.
Lo stesso Bradley sembra provarlo, distruggendo anatomie e polverizzando scheletri
con un autocontrollo comportamentale che non ha rivali.
È un buon
compromesso, di sicuro un intrattenimento estremo di grande personalità ma con
affascinanti possibilità di evoluzione. Un cinema anomalo che si merita tutto
il rispetto di una scena che spesso fa davvero fatica a proporre, o a
supportare, una vera identità.
Uno dei filmoni dell'anno, soprattutto perché me lo sono trovato di fronte senza saperne praticamente niente e... wow! S. Craig Zahler è uno dei nomi assolutamente da seguire nel prossimo futuro!
RispondiEliminaTi dirò, a me piaciuto molto, molto di più Bone Tomahawk, perché c'era l'impatto della novità, una visione personalissima che con quell'ironia strana, i silenzi e le esplosioni di violenza formava un horror davvero maestoso.
EliminaQuesto invece ha un approccio un po' più banale, con una prima metà dove in fondo non succede niente. Per carità, è pur sempre molto piacevole e quando partono le botte un grandissimo film, ma per me purtroppo non è all'altezza.
Vedremo cosa combinerà con il terzo. :)
Mettiti un bel paradenti e una buona conchiglia, allora. :-D
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