L’horror nel 2017
ha saputo riprendersi dal raffreddore concettuale che aveva bloccato ogni buon
intuito del 2016, un’annata ben poco interessante e con molti più interrogativi
che piacevoli conferme. Quest’anno abbiamo avuto un traino di pubblico e, anche
se per fortuna solo parzialmente, critica con IT, che in qualche modo è riuscito a sciogliere certi meccanismi
ingrippati nelle major raccogliendo i fantastiliardi al botteghino pur con un
divieto ai minori con cui, fino all’altro giorno, sembrava impensabile presentare
un horror mainstream. Fa sorridere che questo sia stato possibile grazie a un
film banale, malconcio e che nulla offre in più rispetto alla mediocrità
generale del cinema-Wan, ma si spera che con una porta sfondata con così tanto
clamore possa seguire un approccio cinematografico all’horror ben più coraggioso
anche da parte dei vari colossi. Il rated-R non è di certo la chiave per fare
bel cinema, ma sarà quanto meno utile per uscire dai confini disenyani che sono
stati settati negli ultimi anni. Meglio un Logan
con artigli di adamantio che fracassano crani piuttosto che un Kong: Skull Island, pur piacevole e
pieno di mostri enormi, dove non si versa una goccia di sangue.
In fondo, mai
come adesso il cinema più tradizionale sembra sempre più tingersi di un orrore
che forse in passato si preferiva mantenere ingabbiato in un suo preciso
schema. Lo stesso Kong: Skull Island,
PG-13 a parte che lo rende innocuo come un peluche, è un incredibile tentativo
degli studios di creare qualcosa di bellissimo e sinceramente di genere con uno
spirito di totale divertimento che avevano invece clamorosamente ciccato in Godzilla un paio d’anni fa.
Abbiamo un
meraviglioso western violentissimo e senza speranza come Brimstone che si avvicina così tanto a certi frangenti dell’horror
da diventare quasi la miglior proposta in ambito torture mai vista negli ultimi
anni. Del Toro e i suoi mostri vincono il Leone D’Oro. La Norvegia indirizza l’horror
telecinetico Thelma lungo la strada
degli oscar. Lanthimos, con lo straordinario mix di horror e tragedia greca The Killing of a Sacred Deer, si becca
la miglior sceneggiatura a Cannes. Sono segnali abbastanza chiari, o almeno
questa è la speranza, di come l’horror stia nuovamente guadagnando il rispetto
meritato, staccandosi lentamente da un semplice concezione di jumpscare idioti con
cui spaventare lo spettatore occasionale e/o prodotto preconfezionato da
vendere a un pubblico prettamente adolescenziale. Forse si sta finalmente
raggiungendo una piena coscienza di cosa l’horror possa essere, e questo non può che farmi tifare per un 2018 che già
attendo con l’acquolina.
Nel mentre, è impossibile sottrarsi anche quest’anno alla top ten dei migliori
horror. Via.
10. THE SIMILARS
Tramite Netflix
arriva dal Messico un piccolo gioiello a metà tra la fantascienza e l’horror
con un gusto retrò che ha ben pochi rivali. Una stazione degli autobus
intrappolata nello spazio e nel tempo da un’anomalia che muta la fisionomia di
tutte le persone in un uomo barbuto e dal grilletto facile. Nel mezzo invasioni
aliene, comics dall’influenza soprannaturale, poteri telecinetici e improvvisi
esplosioni gore in una storia in bianco e nero che profuma di Rod Sterling e Ai confini della realtà.
La nuova sfida
sembra essere quella di trovare approcci diversi e brillanti nel trattare gli
zombie. It Stains the Sands Red ci
riesce con due personaggi legati, anche letteralmente, da un mix di humor e
redenzione davvero irresistibile. Una donna di facili costumi con un passato da
dimenticare e un morto vivente appresso a lei che non le dà scampo: attorno a
loro solo un deserto sconfinato. Un’opera originale e sfolgorante che mostra
come basti un’idea vincente per portarsi a casa il film.
Il film metal
dell’anno è un grandissimo esempio di semplicità ed eleganza, che in una durata
esigua e in una storia pressoché elementare sfoggia elementi genuini e gestiti
alla perfezione. Una storia di fantasmi sepolti, quadri che parlano e assassini
inespressivi, ma anche e soprattutto di legami famigliari dove la musica gioca
un ruolo per la prima volta fondamentale e non accessorio.
7. MAYHEM
La vera sorpresa
del 2017 arriva da un regista, Joe Lynch, che è dovuto passare per varie,
sgangherate dimostrazioni di bontà cinematografica prima di avere la vera
occasione per spaccare il culo a tutti. Mayhem
sfoggia un lusso di ironia esagerata e personaggi strabordanti grazie a un
semplice cavillo narrativo che inchioda dal primo all’ultimo minuto. Cosa
succederebbe se nel grattacielo dove ha sede un’importante società d’avvocati
si spargesse un virus che solletica i peggiori istinti primordiali? The Belko Experiment, che ha un incipit
diverso ma il medesimo svolgimento, offre una risposta blanda e solo
parzialmente soddisfacente, Mayhem
invece lo batte con una goleada di personaggi che si svuotano da ogni
perbenismo e remora affettiva, diventando tutti mediamente cattivi e violenti
in una scalata videoludica verso il vertice a suon di dialoghi che non
sbagliano un colpo.
6. A DARK SONG
Un progetto coraggioso
e solidissimo che tratta l’occulto e la magia nera con un rigore che era
difficilmente adattabile alla struttura e ai tempi di un film. E invece A Dark Song tramuta un lungo, ipnotico,
asfissiante, e convulso rituale di evocazione in un’opera dove vengono esposte
debolezze e decisioni per mezzo di una donna che ha perso il figlio ed è
disposta a tutto per poter parlare di nuovo con lui. Umiliazione, servilismo,
vergogna, sottomissione: il senso di colpa assume molte forme e diventa base di
partenza per una furiosa purificazione fisica e spirituale. Un horror infernale
con una parte conclusiva di atmosfere rarefatte e incubi sofisticati.
5. RAW
Un coming of age
dove il prendere coscienza di sé stessi, il primo approccio con l’età adulta e
l’affrontare la realtà oltre la sfera famigliare ha il sapore della carne
umana, un film che fa della purezza della sua protagonista l’espediente ideale
per individuare la molte difficoltà, i dispetti, le invidie e le rivalità che
un adolescente deve superare per capire e accettare il suo ruolo nel mondo. Una
cannibale nascosta nell’animo innocente di una matricola universitaria è
l’anima irruenta e primitiva con cui tutti devono scendere a compromessi, qui
però di mezzo ci sono dita amputate, cadaveri sbranati e un difetto genetico
famigliare che sarebbe stato meglio sapere prima. Un film che ha molto da dire
e che lo fa molto meglio di altri che hanno già affrontato l’argomento (Thelma, per esempio, che ne è una copia
esatta con la telecinesi al posto del cannibalismo). Grande prova.
Un monolite che
affronta il post apocalisse con un carico di pessimismo cosmico, ma anche e
soprattutto una storia di sincera, sofferta quotidianità in un mondo che per
una virgola non è più il nostro. La storia di una famiglia e dell’impossibile
convivenza con altri sopravvissuti in una realtà fragile, incerta, dominata dal
terrore per qualsiasi cosa provenga dall’esterno. Grandi personaggi, un Joel
Edgerton indimenticabile, e un’angoscia onnipresente che picchia forte nelle
reni.
3. GET OUT
Un film che parla
di razzismo e diretto da un comico è sicuramente il più strambo biglietto da
visita possibile per il nostro genere preferito, ma Get Out è peso massimo della stagione 2017 e una vetta parecchio
importante toccata dal cinema più impegnato. Prodotto dalla Blumhouse con i
soliti quattro spiccioli, diventa in poco tempo non solo un’ottima fonte di
guadagni, ma anche uno schiaffo incredibile al moralismo borghese. La storia è
quella di uno stranger in a strange land, dove una famiglia perbene sembra
nascondere terrori antichi dietro sguardi sbilenchi e sorrisi sornioni. Difficile
aggiungere altro a un film che si scopre secondo dopo secondo, nella sua ironia
insistita e nella sua inquietudine che toglie aria. Come sempre bravissimo Daniel
Kaluuya: l’educazione con cui risponde alla mole di stranezze che lo circondano
è una prova da cinque stelle.
2. THE VOID
Un grumo di grovigli tentacolari e
abissi cosmici, un vortice che abbraccia Lovecraft, Barker, Gordon e Yuzna e
sazia finalmente quella fame di mostruosità artigianale che l’horror invocava,
con questa consistenza, da tanto tempo. Difficile individuare qualcosa in una
storia che mette troppa carne al fuoco per essere anche solo minimamente
comprensibile, ma alla fine non importa più di tanto perché il gioco funziona
con i suoi elementi chiave: bestie enormi che strisciano, mostruosità infernali
che si nutrono di carne e realtà aliene da infarto. L’horror nella sua massima
espressione visiva, un atto d’amore per il passato e allo stesso tempo un nuovo
punto di partenza per il futuro
1. THE KILLING OF A SACRED DEER
Dopo l’agghiacciante distopia di The Lobster, Lanthimos ritorna con una tragedia greca travestita da horror purissimo. La vendetta di un ragazzo per il padre deceduto a causa delle disattenzioni di un chirurgo dà il via a due ore di angoscia e disagio, rendendo di fatto il film una lunga e vana lotta contro il compiersi di un destino/castigo divino che in alcun modo può essere evitato. Due attori straordinari come Colin Farrell e Nicole Kidman impreziosiscono un lavoro alieno e geometrico pressoché perfetto da ogni punto di vista, ma il vero fulcro del film è Barry Keoghan, che con la sua gelida parlata gentile e il suo sguardo sofferto resterà per parecchio tempo nei miei incubi.
Dopo l’agghiacciante distopia di The Lobster, Lanthimos ritorna con una tragedia greca travestita da horror purissimo. La vendetta di un ragazzo per il padre deceduto a causa delle disattenzioni di un chirurgo dà il via a due ore di angoscia e disagio, rendendo di fatto il film una lunga e vana lotta contro il compiersi di un destino/castigo divino che in alcun modo può essere evitato. Due attori straordinari come Colin Farrell e Nicole Kidman impreziosiscono un lavoro alieno e geometrico pressoché perfetto da ogni punto di vista, ma il vero fulcro del film è Barry Keoghan, che con la sua gelida parlata gentile e il suo sguardo sofferto resterà per parecchio tempo nei miei incubi.
Devo ancora vedermi "The killing of a sacred deer" e "Mayhem" conto di farlo in questi giorni, per il resto sono molto d'accordo con la tua lista. Cheers!
RispondiEliminaNon perdere tempo, il primo è una cosa sublime! :)
EliminaCiao Simone, de-lurko per una volta (cavoli, credo che siano ormai anni che non commento in Rete, anyway sappi che ti seguo sempre) per farti i complimenti per il blog, per le scelte e per il tuo stare (inteso sia in italiano che in inglese) horror.
RispondiEliminaSto compilando anche io la lista 2017 (anche se ho preferito la "modalità Oscar" con segnalazioni ai vari reparti, almeno mi evita un po' di "corsa al migliore" che mi mette sempre a disagio per mia indole e attitudine) e parecchi nomi ricorrono in comune: è un piacere aggiunto anche se non certo indispensabile.
The Killing of a Sacred Deer dovrebbe essere fatto vedere agli studenti del liceo classico quando cominciano a leggere e pensare ad Agamennone e sua figlia e in generale al concetto di sacrificio nei classici, ed è così "diverso" dalla media (sceneggiatura di titanio, dialoghi al laser, ambienti desertici e desolati, recitazione robotica e spiazzante) che diventa boccata d'ossigeno persino in questi anni di gran forma per l'horror, che non richiedono per nostra fortuna boccate d'ossigeno, ma ben vengano ugualmente.
Quindi, niente: grazie per quel che scrivi, dacci dentro anche nel 2018!
Sono addirittura riuscito a evocare Elvezio! Un piacere ritrovarti, qui e su LaTelaNera, felice che anche tu sei sempre horror e in fondo in fondo non puoi fare a meno di scriverne. :)
EliminaIl film di Lanthimos mi ha stregato come pochi altri, è un horror d'avanguardia, innovativo, riuscitissimo, uno splendore raggelante dal primo all'ultimo minuto. Credo che quest'anno sia ben più di una spanna sopra qualsiasi cosa, davvero irraggiungibile.
Poi, sì, qua si fa il possibile, tra alti e bassi nel mio piccolo insisto sempre :)
(Oh, poi magari ti scriverò una mail, ma se a marzo passi a Cartoomics ci si becca e ti offro un birrone, dai :) )
Grande Lanthimos alla 1!
RispondiEliminaThe Void a questo punto mi incuriosisce...
Get Out interessante, però considerate tutte le lodi sentite mi aspettavo qualcosa di più di un episodio medio di Black Mirror.
Invece Thelma mi è piaciuto (quasi) quanto Raw.
Anche a me Thelma è piaciuto, eh, elegantissimo e maestoso, però la struttura è identica, e a parità di storia e argomenti credo che Raw si prenda una bella distanza dal film norvegese.
EliminaThe Void, be', io sono di parte e con tutte queste cose di tentacoli e slime e mostri mi sono subito brillati gli occhi. Di difetti ne ha molti ma credo di poter dire che sia comunque una visione abbastanza incredibile.
Get Out, sì, in parte è vero, però ci sono quei piccoli accorgimenti e quelle sfumature che lo rendono un film che il cinema aveva bisogno di sfoggiare.
E Lanthimos, be', cosa dire, un film della madonna. :)
Il film di Lanthimos è straordinario sotto molti punti di vista, anche se l’idea è parecchio simile al racconto THE BOX di Ketchum da cui hanno tratto un cortometraggio nell’antologia di Netflix “XO XO” di registe donne.
RispondiEliminaHo quasi avuto l’impressione di vedere certe scene sovrapporsi.
Tre di questi sono anche nella mia lista dei migliori dell'anni, degli altri sette ho visto solo Raw... che contrariamente a TUTTI non mi ha fatto impazzire. Forse potrei provare a riguardarlo, ma prima mi recupero il primo della tua classifica ;)
RispondiEliminaBella lista, come al solito ;)
RispondiEliminaQui la mia:
http://electrictattoos.tumblr.com/post/169521527444
L
Magnifiche le prime due posizioni!
RispondiElimina"The void" nel suo casino finale l'ho adorato. Visivamente potente come pochi.
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RispondiEliminahttps://multiartprojects.com/it/
Ma che fine hai fatto?
RispondiEliminaQuando riprendi a fare recensioni?Da quando hai smesso non riesco più a trovare un film horror decente. I tuoi suggerimenti erano una garanzia.
RispondiEliminaCiao signore e Signora,
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