David è il mio nuovo personaggio preferito
di sempre. Con contorno di synth.
Non avrei mai pensato di poter spendere
parole positive per Adam Wingard, ho sempre trovato il suo cinema derivativo e
viziato, costantemente addossato alla moda del periodo ma con quel fare superbo
tipico di chi non ha idee ma solo pretese – gli insopportabili pipponi esistenzial
filosofici di A Horrible Way to Die e
l’inutile umorismo citazionista di You’re Next sono purtroppo ferite di un cinema del terrore di cui si è parlato
troppo per potersene realmente dimenticare, così come accaduto per i primi,
allucinanti V/H/S e The ABC’s of Death.
E invece, quando un 2014 molto ricco
sembrava ormai agli sgoccioli, arriva come una fucilata questo The Guest, insospettabile e inaspettato slasher
retrò sulla scia, per certi concetti visivi/sonori, del remake di Maniac e di Cold in July.
Pur ambientandolo ai giorni nostri, scelta
ottimale che ne aumenta l’effetto straniante, sintetizzatori e ritmi ballabili
grondano inesauribili mentre una ricerca di luci e colori scaraventa il film in
una forte psichedelica di rossi e viola che innalzano la sua natura anni
Ottanta: è una scelta furba, è l’ennesima moda nascente, come prima il survival
e l’home invasion, alla quale un autore sprovvisto di qualunque personalità può
appoggiarsi senza tanto far insospettire, ma alzo le mani e porgo rispetto se
ne nasce un lavoro così efficace, roboante e delizioso.
Scremando gli aspetti che lo compongono, The Guest è più che altro possibile
proprio grazie a questo approccio vintage che lo fortifica ogni qualvolta Simon Barrett, sceneggiatore di fiducia (che scopro aver scritto il bellissimo Red Sands, ma pensa te), o lo stesso Wingard tendono a un’esagerazione
che potrebbe scardinarlo dai binari, ma la bontà psicologica dei personaggi, la
leggerezza delle situazioni e il ricorrere a salti e conflitti a fuoco fuori
dal comune non priva questo slasher inverso di quel minimo di aderenza
realistica per sorreggerlo, bensì lo gasa, ne enfatizza gli elementi
principali.
La semplicità caratteriale dei componenti
della famiglia Peterson è esempio perfetto e in qualche modo scioccante di come
bastino davvero pochi tratti per costruire ruoli estremamente funzionali. Luke
è un loser e a scuola è picchiato dai bulli, Anna fa la cameriera e il suo
fidanzato è un fattone che non piace ai genitori, Laura e Spencer litigano di
continuo per il futuro dei figli: ci sono indicazioni basilari, semplicistiche
e da cui ha attinto una decade intera di film horror, ma ripresentarle nel 2014
funziona perché si tratta di personaggi genuini, non ci sono profondità
maestose, riflessioni interiori o momenti di dialogo sinuoso, c’è solo del buon
mestiere nel mostrare delle figure per quello che sono, schiette, autentiche,
indubbiamente necessarie per alimentare il motore narrativo ma fortemente prive
dello squilibrio e della piattezza che impera nel popolarismo cinematografico
odierno.
E con queste garanzie non ci sono problemi
nell’accettare un personaggio impossibile e fuori dal tempo come David, lo si
accoglie nello stesso modo in cui fa la famiglia Peterson quando si presenta a
casa loro e dice di essere un soldato appena congedato, nonché il miglior amico
del loro figlio morto in guerra. David è un personaggio straordinario, Dan Stevens gli dà sorriso, sguardo e parlata calma di un carisma spesso
inarrivabile, è chiaro come sia lui a smuovere il film, a farlo accelerare o
rallentare a seconda delle sue enigmatiche intenzioni, in fondo è sin da subito
amico di tutti, spalla fidata e nemico da temere, e Wingard è addirittura in
grado, accompagnato da un perfetto score che alza i volumi in momenti
significativi di gran prestigio, di conferirgli alcuni istanti di puro mostrato
dove i dubbi, per quanto già evidenti, saltano in aria con un tocco di weird
tanto nostalgico quanto magistrale (quella prima scena sul letto è da
antologia).
Poi ci sono mazzate, pugni sul muso,
pugnalate, proiettili nel cranio e sparatorie assurde, oltre ovviamente a una
valanga di cadaveri come vuole la tradizione slasher: tutto funziona con
calcolo matematico tra ritmi sincopati e gocce di sangue versate in perfetta e
attenta quantità, c’è un controllo che pare superiore alla media o, più che
altro, è così superiore al passato curriculum di Wingard da faticare a
crederci, eppure è sempre e solo il carisma di David a straripare e a
comprimere e a deformare un b-movie di inspiegabile bellezza fatto da una
coppia di inspiegabili autori.
Io invece voglio bene a Wyngarde, mi è stato simpatico dal momento in cui ho visto Q is for Quack. Segno anche questo!! :D
RispondiEliminaPer me è invece sempre stato uno dei peggiori, uno di quelli che bisognerebbe ignorare, e poi pam!, ti tira fuori questo titolone favoloso, una sorpresona :)
EliminaMa pensa te, davvero inspiegabile questo Adam Wingard. Cercherò di trovare un angolo di tempo per vedermelo, questo "The Guest". Buon Natale!
RispondiEliminaTrovalo, perché è un filmetto con una bella carica. Ricambio gli auguri anche se un po' in ritardo :)
EliminaMe lo guardo anche me allora. Ma io a uingar gli voglio bene. E non parlare male di you are next, che è il capolavoro assoluto... uh, devo andare mi suona il cellulare :P
RispondiEliminaMa come fai a volergli bene? Cioè, cos'ha fatto per meritarsi la tua bontà? Oltre ai suoi brutti film, dopo quel suo corto per ABC of Death per meritava i peggio ortaggi e il ban a vita da qualsiasi cosa :)
EliminaIo Wingard lo prenderei a sberle da quando si alza al mattino fino a quando va a dormire la sera. Ma questo The Guest è strepitoso. Non so neanche come gli sia uscito.
RispondiEliminaeh, boh, me lo son chiesto anch'io, ma molto merito va a Dan Stevens, regge il film da solo e fa piazza pulita di tutto quello che gli è attorno :)
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