DEVILMAN

di Go Nagai, 1972
5 volumi
Dynamic (2004)
4,9 €

Akira è un timido liceale giapponese alle prese con un evento catastrofico che cambierà per sempre la sua vita e quella del genere umano. Il suo migliore amico, Ryo, ha scoperto, tra gli appunti del padre suicida, notizie riguardanti l’esistenza dei demoni, delle orride creature intrappolate nel ghiaccio milioni di anni fa e che ora stanno per invadere la Terra. L’unico modo per contrastare l’avanzata dei mostri è di fondere una persona forte e sincera come Akira con un demone, in modo da formare un Devilman, una creatura dalla forza mostruosa ma dal cuore umano.

Inutile spendere parole per presentare La Storia del manga, Go Nagai, illustre papà di Mazinger Z e Goldrake, giusto per essere avari di titoli altisonanti. Con Devilman, dopo un inizio di carriera dedicato a storie comiche e divertenti, si affaccia di nuovo sul mondo dell’horror, dopo il destabilizzante Mao Dante, continuando con questo delirio di frattaglie e demonologia che di certo non ci si sarebbe aspettati dalla sua matita.

Devilman è violento, brutale e infarcito di ammiccamenti sessuali tutt’altro che velati. Nudi maschili e femminili si inseguono continuamente, supportati da un comparto splatter oggigiorno innocuo, ma che trenta e passa anni fa presentava un deciso carico di disgusto e raccapriccio. Smembramenti, teste mozzate, sangue a secchi sono in ogni caso il minimo indispensabile per un immaginario mostruoso costituito da creature ermafrodite, con fauci, occhi, tentacoli, serpenti e quant’altro al posto di seni e vagine.

La vicenda si struttura in cinque volumi, lasciando ai primi tre uno sviluppo prettamente supereroistico, dove Akira/Devilman avanza di vignetta in vignetta a suon di cadaveri, e affidando agli ultimi due una sorprendente sterzata apocalittica infarcita di intelligenti elementi di denuncia (la religione, il razzismo, la psiche umana).

L’intreccio è ricco di spunti interessanti, capace di affrontare molti cliché con astuzia e con spiegazioni inappuntabili per precisione narrativa. Negli ultimi due volumi, e soprattutto in quello conclusivo, la storia si colora attraverso trovate inaspettate e ingegnose, in un susseguirsi di scorrettezze che culmineranno in un finale quasi difficile da accettare per crudeltà concettuale.

D’altro canto, Devilman è sorretto da dialoghi vergognosi, bambineschi e talmente irritanti che, se non fosse per una trama impressionante, porterebbero al cestinaggio immediato. Si rischia di impallidire di fronte alle parole usate da Go Nagai per sottolineare certi passaggi: dove è richiesta drammaticità si sconfina nel ridicolo, e dove si invoca il pathos si distrugge l’atmosfera. Un esempio può essere il lungo spiegone finale, ineccepibile dal punto di vista narrativo, ma disastroso da quello dialogico. È quindi necessario armarsi di pazienza e sopportare lo scempio che Nagai costruisce pagina dopo pagina, per potersi godere un storia che colpisce per via di un crescendo atroce e crudele di rara bellezza.

I disegni appartengono al classico jappo-seventies’ style: scarni, semplici, poco accattivanti, a tratti svogliati e che tendono a far assomigliare un po’ tutti i personaggi e a estremizzare in maniera insopportabile certe caricature. Ma, allo stesso tempo, ci troviamo di fronte a ideazioni demoniache impareggiabili per fantasia e originalità (la perfida Sirene su tutti, ma anche la particolare visione di Satana).

Si soffre per tutto questo, è innegabile. Devilman possiede un potenziale spaventoso, che purtroppo è rovinato parzialmente dai già menzionati dialoghi disumani e dai disegni talvolta insopportabili. Ma questo non deve rappresentare un ostacolo: Devilman va letto, assaporato e vissuto solo ed esclusivamente per la sua trama indimenticabile.

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