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I miti di Lovecraft, a cura di Robert M. Price

By Simone Corà | venerdì 2 aprile 2010 | 12:00

Epix n.12, Mondadori, 2010
253 pagine
4,90 Euro

Mi sfugge il motivo per cui la versione italiana di quest’antologia lovecraftiana, curata da Robert M. Price, sia orfana, oltre che della prefazione del curatore stesso, di ben sette racconti. Certo, c’è una probabile parte 2 all’orizzonte, ma proprio non capisco perché un simile progetto di questo calibro debba essere tagliuzzato e riassemblato in questa maniera.

Facezie e spiacevoli constatazioni a parte, ho ahimè trovato I miti di Lovecraft un volume complessivamente dozzinale e deludente.

Sembra facile scrivere un racconto ispirato ai deliri cosmici lovecraftiani: basta inserire un tentacolo lì, un protagonista pazzo qua, qualche libro enigmatico, nomi impronunciabili, scrivere ogni tanto Chtulhu e il gioco è fatto. Eppure, per quanto ogni pezzo dell’antologia si affidi ciecamente a questi elementi, è assai difficile imbattersi in un brano davvero vincente, capace di sfruttare la mitologia orrorifica del narratore di Providence per creare quelle atmosfere sinistre e raggelanti che Lovecraft, più di chiunque altro, ha sempre regalato.

Da Howard a Kuttner, da Searice a Hasse, ogni storia appare ahimè male invecchiata, appassita in un immaginario fantastico troppo semplice per gli standard più recenti, svigorita nel suo inscenare, in poche cartelle, un caos mediamente ben scritto ma scontato , dove tutto accade in maniera tanto prevedibile quanto stilisticamente telegrafica. Non si creano né il clima orrorifico adeguato, né un decente crescendo soprannaturale, anzi, creature deformi e orrori striscianti appaiono subito, sin dalla prima pagina, mandando a monte ogni speranza di incanto ancestrale.

Ottimi Le sette maledizioni di Clark Ashton Smith, un gradevole e inafferrabile vortice di mostruosità e divinità stellari, l’originale e sfuggente Il signore dell’illusione di E. Hoffman Price, e infine l’idea dietro L’acquario di Carl Jacobi, intuizione molto suggestiva purtroppo soffocata da un impianto narrativo eccessivamente schematico e sconnesso.

Purtroppo deludenti tutti gli altri.

5 commenti:

  1. Anch'io li ho trovati piuttosto deludenti.
    Se i racconti di HPL sono ancora attualissimi dopo tutto questo tempo, gli "omaggi" di questa raccolta sentono il peso degli anni sul groppone.
    Non pessimi, ma nemmeno (per niente) esaltanti.

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  2. ops, scusa il doppio messaggio, il primo credevo che non l'avesse pubblicato, mi usciva un messaggio di errore :-P

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  3. Alcune delle storie andrebbero confrontate con altre traduzioni italiane, se non lette in inglese (come dissi in privato, non butterò mai più soldi per operazioni del genere). Poi, l'antologia completa e originale non intendeva presentare un "best of" della narrativa di questo filone. Price raccoglieva storie di conoscenti diretti di HPL, storie ancora compatibili con la sua visione originale (per questo "miti di Lovecraft" e non "miti di Cthulhu", c'è differenza ma sarebbe lunga riassumere qui). Soprattutto, storie sino allora *difficili a reperirsi* in quanto pubblicate su rivista, su fanzine o mai comunque in volume. Quindi, molte "curiosità da appassionati", magari datate, recuperate in mezzo a racconti un po' più noti. Come l'abbozzo (non un racconto concluso) di Hoffmann Price prima che HPL lo rielaborasse completamente come "Through the Gates of the Silver Key".
    L'immondadori ha smontato l'antologia, togliendo voce al curatore e riassemblandola solo in parte, senza mantenerne il criterio e presentandola per più di quel che fosse.

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  4. Penso che Andrea dica tutto quelo che c'è da dire su questa antologia.

    Certo che leggere sul blog Urania i confronti fra alcuni brani originali e le traduzioni, che più che traduzioni sembravano riassunti, lascia davvero perplessi...

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  5. Una volta tutta questa 'pressapocaggine' passava maggiormente inosservava (pure Fruttero & Lucentini tagliavano & editavano gli Uragna, remember?)
    Oggi molti, molti più italiani leggono in originale, sono in grado di sgamare queste scempiaggini e di renderle note al resto dei lettori. Ed è demenziale (o solo senile?) che dagli piani alti dell'editoria non se ne rendano ancora conto.

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