This isn’t
Hell, it’s Holland!
Bisogna andare in Olanda per sgranchirsi un po’
da quest’ultimo, lungo periodo di secca horror, e anche se The Windmill Massacre non è un grande titolo (è un b-movie appena
appena dignitoso), l’esordio su lunga distanza di Nick Jongerius è un discreto
passatempo sanguinoso.
Dietro le quinte c’è sempre la presenza di Chris W. Mitchell, che ha più o meno le mani in pasta in tutto l’horror che stanno
producendo i Paesi Bassi (Frankenstein’s Army, The Pool): in questo caso scrive una sceneggiatura forse un po’
lineare e sciocchina ma la serve a un regista con molta esperienza televisiva e
precise intenzioni cinematografiche, trasformandola così in un prodotto dove
l’aspetto che avrebbe inabissato qualsiasi altro film di pochi mezzi, ovvero
l’estrema serietà, diventa paradossalmente il suo lato predominante.
Siamo dalle parti dello slasher più grosso e
ignorante, gli elementi che da sempre lo contraddistinguono ci sono tutti: un
gruppo di persone ignare, un colossale killer mostro armato di falce, e una
serie di uccisioni teatrali. Il tutto è però racchiuso in un clima d’assedio
che rende quantomeno differenti le impostazioni del brutus rispetto alla
tradizione, in quanto il bestio non va in cerca delle sue vittime ma le aspetta
comodamente seduto in disparte, falce e catena in mano.
La storia è quella di un pugno di sconosciuti
che si ritrova a bordo di un bus turistico, impegnato a visitare i più bei
mulini a vento dell’Olanda. Poi c’è un guasto e si sa come va a finire:
qualcuno inizia a morire, e così non resta loro che rinchiudersi nel posto
peggiore, un mulino non segnalato nelle mappe.
Le discrepanze che allontanano The Windmill Massacre dallo slasher più
comune si trovano nel piacevole tentativo di creare più personaggi con più
storie personali, che poi si incroceranno nel massacro che compone grossa parte
dell’opera. Niente ragazzetti stupidi e odiosi, niente feste alcoliche che
degenerano, ma adulti con chiare identità e passati non indifferenti.
In realtà c’è un motivo ben preciso dietro a
questa costruzione, ed è forse il lato meno interessante perché svela la
debolezza di una trama che sembrava spingere verso altri lidi, più competenti e
profondi, ma non è per forza un male, perché le caratterizzazioni funzionano e
guidano le azioni dei protagonisti con molta più professionalità e attenzione
di quanto disponga di solito il genere. E se a ciò si aggiunge il piglio
serissimo con cui dirige Jongerius, sottolineando tutto con pesantissimi musiche
solenni che indicano quanto stia credendo e scommettendo nel progetto, è facile
rimanere ingannati dalla vicenda nonostante la sua forse inevitabile banalità.
È un gorgo di drammaticità scisso in tanti
frammenti di problemi famigliari e lavorativi (rapporti burrascosi tra padri e
figli, incidenti mortali al lavoro, lutti in famiglia e molte altre brutte cose
che perseguitano i personaggi), ed è abbastanza incredibile come Mitchell e
Jongerius riescano a gestire una simile imponenza senza ridicolizzare l’esigua
struttura del film, ma addirittura rinforzandola con alcuni passaggi davvero
impensabili (la grinta della protagonista, il significato dietro i gesti del
padre), per non parlare del terremotante finale, un vero e inaspettato pugno
allo stomaco.
La parte più succosa è naturalmente quella delle
uccisioni, il bestione immortale ammazza con una certa creatività e Jongerius insiste parecchio su sangue e
viscere. Il mix è il solito tra effetti in CG e make up, ma anche se c’è
fortunatamente una propensione per quest’ultimo la quantità di liquidi versata
è così abbondante che ci si poteva accontentare comunque, e tra teste
schiacciate a suon di calci, amputazioni e intestini ficcati a forza
nell’addome, The Windmill Massacre si
infila brutalmente tra i film più gore del 2016.
Anche se ciò che offre non possiede ancora una
direzione precisa come lo splatter francese di qualche anno fa, o la
compattezza di quello spagnolo, l’horror olandese non è più solo Dick Maas, ma
sta cominciando a (ri)farsi un nome.
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