Recensione: Helldriver

By Simone Corà | martedì 13 marzo 2012 | 08:00

2010, Giappone, colore, 117 minuti
Regia: Yoshishiro Nishimura
Sceneggiatura: Yoshishiro Nishimura, Daichi Nagisa

L’immenso potenziale dei sushi typhoon, conosciuti anche come gomma splatter o, tra gli amici, gli splatteroni demenziali giapponesi, non è mai stato pienamente espresso in questi anni, perché se da un lato idee e invenzioni abbondano in maniera spaventosa, dall’altro le carenze tecniche di registi e sceneggiatori coinvolti impedisce a questo nuovo modo di intendere l’horror di esplodere in tutto il suo carico di viscere e risate. Yoshishiro Nishimura è un po’ il boss della cricca, il nome di punta di questo sottogenere grazie anche a una lunga carriera come truccatore, e basterebbe un titolo come Tokyo Gore Police per avere un’idea di quali argomenti piacciano a un simile pazzo. Ricco di grandi trovate visive ma scarso nella gestione del ritmo e in un minimo di robustezza nella storia (il già citato Tokyo Gore Police), oppure incapace di gestire pienamente la componente umoristica/demenziale (Vampire Girl vs Frankenstein Girl e Mutant Girls Squad, diretti in compagnia di altri degenerati come Naoyuki Tomomatsu e Noburu Iguchi), a Nishimura è sempre mancato quel quid necessario, quel qualcosa in più per far realmente brillare di sangue le proprie opere, ma con Helldriver, seppur lontano dal centro del bersaglio, pare finalmente essere giunto a un compromesso vincente.

Siamo dalle solite parti post-apocalittiche, con un Giappone in mano a degli zombie asserragliati nella parte nord della grande isola attraverso un richiamo neanche tanto velato al Doomsday di Marshall (un’enorme muraglia che divide letteralmente lo stato), ma gli spunti bizzarri che partono da un soggetto tanto banale sono incredibili. Dall’idea di partenza, con questa contaminazione partita da un germe alieno giunto sulla terra attraverso un meteorite caduto esattamente nel grembo di una donna (!), la quale diventa di fatto leader dei bestioni mutanti, ai mostri sempre più maestosi che dovranno affrontare i nostri eroi, la varietà di situazioni e la grande potenza creativa meritano un lungo applauso. Pur imprigionati nelle loro povere fattezze in gommapiuma, il bestiario va da una creatura fatta di spine dorsali a uno zombie che cammina su quattro spade, passando per un’automobile fatta di pezzi di cadavere (e perfettamente funzionante, dotata com’è di volante e pedali) e un gigantesco golem di morti viventi incastrati l’uno sull’altro, che all’occorrenza si trasforma in un aereo, per finire con un combattimento conclusivo epocale per follie e assurdità di tutti i tipi.

Non c’è alcun limite alla pazzia immaginativa di Nishimura, ora che arti mozzati che usano il getto di sangue come propulsore e stramberie simili trovano una trama di certo non originale ma finalmente ben assestata, che rende sempre godibile la visione per la sua durata non indifferente (e due ore sono tante per un film del genere), senza ricadere in tempi morti e momenti noiosi. Addirittura, in un film così scarsamente dialogato, le scene insistite di combattimenti sanguinosi dove in passato Nishimura indugiava rallentando a dismisura il film, adesso brillano per una continua, incessante trasformazione (ne è d’esempio l’assalto al Club degli zombie, che da solo dura quasi metà film senza che venga detta una sola parola).

Certo, ci sono ancora molte incertezze e qualche taglio avrebbe reso Helldriver più avvincente e stimolante, ma nelle sue stravaganze (i titoli di testa iniziano dopo 45 minuti, il riepilogo della situazione politica giapponese a cura della bizzarra infermiera, che da solo spazza via qualsiasi spiegone horror degli ultimi anni), nelle sue citazioni (Audition, vista anche la presenza della bellissima Eihi Shiina), nei suoi ospiti (Takashi Shimizu, il papà di Ju-On, ospite di una simpatica scenetta, e Noburu Iguchi, regista di The Machine Girl, protagonista dell’epilogo), nelle sue esagerazioni sanguinolente e nel suo grezzo ma a volte micidiale taglio ironico, è sicuramente un discreto appuntamento horror, e non solo per gli amanti del gore deficiente.

8 commenti:

  1. Devo...vederlo. Adoro i giapponesi e le loro stramberie. XD

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  2. Fatelo, fatelo, ché solo il combattimento finale vale tutto il film. :)

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  3. Helldriver, come Tokyo Gore Police e Vampire Girl vs Frankenstein Girl mi convince solo a metà: per un film del genere chiudo un occhio volentieri sulla sceneggiatura non particolarmente articolata, ma due ore sono un po' troppe. In questo la trama è effettivamente più solida e i combattimenti sono assolutamente da vedere, speriamo che nei prossimi lavori Nishimura migliori ulteriormente.

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  4. Mi sembra giusta giusta la boiata che mi fa sbavare... thx

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  5. @ automaticjoy: guarda, in linea di massima sono d'accordo conte, perché a parte Helldriver nessun altro film di questo filone mi è realmente piaciuto. Sicuramente due ore sono troppe, e ci sarebbero varie cose da tagliare o ottimizzare, ma certe idee sono da applausi, e rivalutano le varie lacune.

    Spero però anch'io che nei prossimi film trovi l'equilibrio giusto. :)

    @ Eddy: good!

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