156 pagine, 13 euro
ISBN 9788882372316
Un uomo intrappolato sotto il suo SUV, mentre un orso gli mangia i piedi. Un’immagine, una scena, sembra qualcosa che potrebbe funzionare apparentemente bene solo su brevi distanze, ma Mykle Hansen nel suo dissacrante Missione in Alaska controlla il delirio del protagonista, Marv, dilatandolo e mutandolo, allungandolo con massicce iniezioni di adrenalina e alcol, facendolo sbandare in tutte le occasioni possibili, sporcandolo ora di disgustoso splatter ora di irriverenti toni sarcastici, senza mai perdere di vista l’intento folle e scorretto di una storia che, come eroe, ha un bastardo sciupafemmine, uno sgradevole dirigente d’azienda, uno spietato, inconsapevole, ingenuo, esilarante razzista che odia tutti.
Tocca un po’ tutti i mali della società, l’esaltato tormento di Marv/Hansen, un continuo vaneggiare che spesso e volentieri, nella sua impossibile ma efficace narrazione in diretta, in prima persona al presente, sembra avvicinarsi più a un monologo satirico che a un romanzo vero e proprio: neri, gay, hippy, donne, uomini, vecchi, Marv ce l’ha con chiunque sfiori il suo mondo, in particolare gli orsi. Hansen ne loda sarcasticamente la superbia, con riflessioni tanto surreali quanto, a loro modo, innocenti, riflessioni sfruttate per sviscerare bassezze morali, ipocrisie solitamente tenute nascoste, falsi perbenismi.
Per quanto agonizzante, o forse proprio per questo, Marv si svela in tutta la sua nichilista dottrina di vita, immersa in abbondanti dosi di sesso, alcol, droga e denaro, qualcosa che sembra distante dalle nostre normalità, qualcosa di lontano e spregevole verso cui limitarsi ad additare con disgusto, ma non è poi così difficile scavare a fondo e trovare quel cuore fatto di frivole soddisfazioni e superficiali piaceri personali che, per quanto camuffati da ragionamenti estremisti ed esagerati, sono realistici nella schiettezza con cui vengono urlati. È naturalissima debolezza umana, quella vissuta e raccontata da Marv, una debolezza che, tirata, strattonata e gonfiata di espedienti tragicomici, Hansen ci mostra nella sua semplicità.
Per il resto si ride, si ride di gusto. Digerite le prime pagine per assimilare la scattosità narrativa dell’io narrante, uno stile continuamente interrotto da urla, esclamazioni e incisi dovuti all’affrettato, doloroso delirio mentale, si viene travolti da questa cattiveria travestita da elogio, quest’odio così puro e ribollente verso la società e l’uomo che la costruisce a poco a poco, una slavina di imprecazioni, offese e minacce che centrano sempre il bersaglio, facendo sorridere con perfida intelligenza. Non importa poi che il romanzo assumi un certo tono noir per rinvigorire una storia che a tratti pare rilassarsi e ripetersi, o che nei momenti onirici si mascheri da un horror anche stomachevole e rivoltante, Missione in Alaska è una bomba ironica colma di lamette, una colata acida di risate e pugni.
Un plauso quindi a Meridiano Zero per aver portato in Italia uno tra i massimi autori della Bizarro Fiction e uno dei titoli più rappresentativi del folle catalogo di questo assurdo genere letterario, peccato solo per la scelta di un titolo e di una copertina un poco fuorvianti, che ne escono con le ossa rotte se paragonati all’efficacissimo titolo originale, HELP: A bear is eating me.
ISBN 9788882372316
Un uomo intrappolato sotto il suo SUV, mentre un orso gli mangia i piedi. Un’immagine, una scena, sembra qualcosa che potrebbe funzionare apparentemente bene solo su brevi distanze, ma Mykle Hansen nel suo dissacrante Missione in Alaska controlla il delirio del protagonista, Marv, dilatandolo e mutandolo, allungandolo con massicce iniezioni di adrenalina e alcol, facendolo sbandare in tutte le occasioni possibili, sporcandolo ora di disgustoso splatter ora di irriverenti toni sarcastici, senza mai perdere di vista l’intento folle e scorretto di una storia che, come eroe, ha un bastardo sciupafemmine, uno sgradevole dirigente d’azienda, uno spietato, inconsapevole, ingenuo, esilarante razzista che odia tutti.
Tocca un po’ tutti i mali della società, l’esaltato tormento di Marv/Hansen, un continuo vaneggiare che spesso e volentieri, nella sua impossibile ma efficace narrazione in diretta, in prima persona al presente, sembra avvicinarsi più a un monologo satirico che a un romanzo vero e proprio: neri, gay, hippy, donne, uomini, vecchi, Marv ce l’ha con chiunque sfiori il suo mondo, in particolare gli orsi. Hansen ne loda sarcasticamente la superbia, con riflessioni tanto surreali quanto, a loro modo, innocenti, riflessioni sfruttate per sviscerare bassezze morali, ipocrisie solitamente tenute nascoste, falsi perbenismi.
Per quanto agonizzante, o forse proprio per questo, Marv si svela in tutta la sua nichilista dottrina di vita, immersa in abbondanti dosi di sesso, alcol, droga e denaro, qualcosa che sembra distante dalle nostre normalità, qualcosa di lontano e spregevole verso cui limitarsi ad additare con disgusto, ma non è poi così difficile scavare a fondo e trovare quel cuore fatto di frivole soddisfazioni e superficiali piaceri personali che, per quanto camuffati da ragionamenti estremisti ed esagerati, sono realistici nella schiettezza con cui vengono urlati. È naturalissima debolezza umana, quella vissuta e raccontata da Marv, una debolezza che, tirata, strattonata e gonfiata di espedienti tragicomici, Hansen ci mostra nella sua semplicità.
Per il resto si ride, si ride di gusto. Digerite le prime pagine per assimilare la scattosità narrativa dell’io narrante, uno stile continuamente interrotto da urla, esclamazioni e incisi dovuti all’affrettato, doloroso delirio mentale, si viene travolti da questa cattiveria travestita da elogio, quest’odio così puro e ribollente verso la società e l’uomo che la costruisce a poco a poco, una slavina di imprecazioni, offese e minacce che centrano sempre il bersaglio, facendo sorridere con perfida intelligenza. Non importa poi che il romanzo assumi un certo tono noir per rinvigorire una storia che a tratti pare rilassarsi e ripetersi, o che nei momenti onirici si mascheri da un horror anche stomachevole e rivoltante, Missione in Alaska è una bomba ironica colma di lamette, una colata acida di risate e pugni.
Un plauso quindi a Meridiano Zero per aver portato in Italia uno tra i massimi autori della Bizarro Fiction e uno dei titoli più rappresentativi del folle catalogo di questo assurdo genere letterario, peccato solo per la scelta di un titolo e di una copertina un poco fuorvianti, che ne escono con le ossa rotte se paragonati all’efficacissimo titolo originale, HELP: A bear is eating me.
Ecco, la fantasia dei traduttori italici è davvero senza freni...
RispondiEliminaCe l'ho in wishlist che me lo aveva consigliato un amico e mi prende parecchiotto... bella rece, cacchio.
RispondiEliminaE quoto IGDZ in toto...
Però la faccenda del titolo è comunque irrivelante, non è mica roba da Incubo finale al posto di Cigarette Burns. :)
RispondiEliminaEddy, leggilo, è pazzo e delirante e soprattutto ti fa fare grasse risate. :)
Sì, questo mi sembra proprio figo
RispondiEliminacerto che se avessero tradotto con un "Aiuto! un orso mi sta mangiando i piedi" probabilmente lo avevo già comprato! :)