787 pagine
Mondadori
20 €
Il 19 maggio 1845, L’Erebus e la Terror, due velieri agli ordini di Sir John Franklin e di Francis Crozier, salpano dall’Inghilterra alla ricerca del leggendario Passaggio a Nordovest. Rimaste intrappolate nei ghiacci, diventeranno l’unica protezione degli oltre cento marinai non solo contro il gelo artico, ma anche contro un’immonda e apparentemente immortale creatura carnivora.
Se ci si dovesse affidare al titolo italiano, si proverebbe un certo nervosismo nello scoprire che l’Erebus non scompare mai, almeno non nel modo che lascia intendere l’ignobile italianizzazione di The Terror, titolo originale che racchiude in maniera tanto semplice quanto esemplare tutti gli argomenti trattati nel romanzo. Per fortuna, questa è l’unica pecca di un volume mastodontico che, per una volta tanto, si presenta splendidamente anche nella versione italiana, e non tagliato e ricucito come gli sbarchi italici degli ultimi lavori di Simmons. Forse il prezzo, nella sua rotondità, potrebbe spaventare un po’ (e sicuramente la mother tenebrarum Mondadori avrebbe potuto essere più benevola), ma acquistare La Scomparsa dell’Erebus (che titolo orribile: mi nascono herpes e disfuzioni organiche ogni volta che lo scrivo) è uno dei modi migliori per spendere venti euro.
Chi già conosce Dan Simmons sa bene cosa troverà in queste nuove ottocento pagine: una scrittura sopraffina, di un’eleganza a tratti stordente, una ricerca del particolare spesso fiscale quanto contagiosa, e una complessità psicologica di ampio respiro, che rende vivo e credibile ogni ufficiale, marinaio, dottore e cuoco che ha preso parte alla spedizione.
La scorrevolezza della narrazione è un fattore che, per chi come il sottoscritto sta tentando la via della scrittura da qualche anno a questa parte, provoca un’invida peccaminosa come poche altre cose al mondo. Nonostante la mole di informazioni, di personaggi e di avvenimenti, nonostante l’uso di un lessico ricercato, ambizioso e, nell’ultima parte, piuttosto difficile da seguire e memorizzare, nonostante una struttura non lineare che passa da passato a presente a futuro, intercambiando terza e prima persona e un più classico e ottocentesco epistolario, la fluidità delle parole di Simmons è semplicemente sconvolgente.
Sfido qualsiasi scrittoruncolo a portare avanti per qualcosa come trenta pagine un semplice inseguimento della creatura ai danni di un povero marinaio, mantenendo un ritmo sempre variegato e un coinvolgimento a livelli altissimi.
D’altro canto, la mole del volume è raggiunta anche grazie a un estenuante lavoro di infodump, che a tratti diventa irritante e insopportabile (l’elenco delle vittime, autocompiacemente ripetuto in svariate e lunghissime occasioni, senza un minimo di interesse benevolo verso il lettore).
Ma sono momenti vuoti che si sopportano volentieri dinanzi alla meticolosa ricostruzione scenografica e sociale, che può rendere addirittura insostenibile la lettura nella accurate descrizioni delle condizioni estreme a cui sono sottoposti i cento e passa membri dell’equipaggio. Senza cibo, senza fuoco, senza speranza, attaccati dal gelo glaciale, da un mostro imbattibile, dallo scorbuto e dalla primitiva malvagità umana: farsi trasportare nella sofferenza e nella disperazione dei protagonisti è di una crudele facilità che raramente mi è capitato di provare.
E se, man mano che l’epilogo si fa vicino, una certa progressione della trama è facilmente prevedibile, la vicenda invece si risolve con un finale così insolito e singolare che le ottocento pagine del volume sembrano diventare soltanto la punta di un iceberg colossale: si vorrebbe di più, ma Simmons ha disseminato tutti gli elementi necessari alla comprensione, e non sarebbe quindi giusto verso se stessi provare una così esigente sensazione di sapere.
La Scomparsa dell’Erebus: da possedere e conservare con orgoglio.
leggi l'articolo di Clute qui
RispondiEliminahttp://totanisognanti.blogspot.com/2010/11/nel-ventre-della-cosa-john-clute-su-la.html
Notevole e molto attento, grazie per il link!
RispondiEliminaHo appena terminato la lettura. Gran bel romanzo, senza ombra di dubbio, ma, come giustamente hai scritto, nel finale Dan poteva osare di più.
RispondiEliminaSu fb hai scritto che preferivi questo romanzo a L'Estate della Paura. Io sono di tutt'altro parere. Per me, quello resta il capolavoro di Simmons, almeno fra quelli letti finora (La scomparsa dell'Erebus, Il canto di Kali, L'estate della paura e L'inverno della Paura)...
By aenigmistae
Sì sì, guarda, immagino dipendi dalla pessima traduzione italiana della Gargoyle, che non mi ha fatto gustare appieno L'estate della paura, perché per ora, tra i tanti romanzi letti di Simmons, lo trovo uno dei minori... :)
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