Home » , , , , , » Recensione: Warrior Wolf Women of the Wasteland, di Carlton Mellick III

Recensione: Warrior Wolf Women of the Wasteland, di Carlton Mellick III

By Simone Corà | venerdì 10 giugno 2011 | 10:00

Eraserhead Press, 2009
300 pagine, 12,95$
ISBN 9781933929927

Oggigiorno dici lupo mannaro e ti viene da sbadigliare, e se magari ci aggiungi una critica alla società consumistica quasi stacchi il cervello, c’è in fondo una certa stanchezza nell’imbattersi nei soliti temi, nella narrativa di genere, che viene anche meno il coraggio di provare, di sperimentare, di incuriosirsi con quei lavori che potrebbero sinceramente avere qualcosa di dire, come accade in questo Warrior Wolf Women of the Wasteland, ultimo romanzo lungo, scritto tra una novelletta e l’altra, del bizarro-god Carlton Mellick III.

Ho appositamente preparato un breve articolo sulla Bizarro Fiction, trovavo più agile e interessante approfondire un poco l’argomento piuttosto che riassumerlo nella recensione del romanzo del suo autore più prolifico e rappresentativo, ma non è comunque difficile inquadrare l’opera sapendo che gli elementi cardine della storia sono una città-stato chiamata McDonaldland, che domina un mondo post-apocalittico sulla base delle ferree regole alimentari della grande M, alla quale si oppongono una banda di donne lupo motocicliste e un manipolo di maschi mutanti. È palese lo spirito esagerato e divertito, quella pazzia surreale che proietta in un’ambientazione tanto assurda quanto improbabile, ma Carlton Mellick imprime una forte continuità creando un intreccio tutt’altro che stupido, nonostante le premesse, un intreccio piuttosto complesso e con sue particolari norme, concetti e mitologie.

Sia che scelga la strada di un’ironia rapida e secca, come nella prima parte, sia che propenda per una maggiore serietà anche quando parla di uomini con la testa a forma di hamburger, la credibilità del suo mondo non viene mai meno: abitudini, leggi, dottrine, superstizioni e leggende irrobustiscono infatti una base strampalata e potenzialmente irritante, a partire dall’insolito batterio che trasforma le donne in lupi nel qual caso si verifichi una ripetuta attività sessuale, passando per le dettagliate spiegazioni per distillare liquori da patatine fritte e panini, e per finire con l’intricata logica che giustifica le mutazioni dei maschi e il loro proliferare di arti aggiuntivi. C’è molto mestiere, in queste 300 pagine, si nota sin da subito che Mellick ha una gran dimestichezza con parole, ritmi e costruzione (trenta volumi pubblicati in una decina d’anni sono un curriculum incredibile), strutturalmente il romanzo risulta infatti molto buono anche nei momenti meno ispirati o più superficiali.

Sarebbero sicuramente servite almeno cinquanta pagine in più per addentrarsi con più corposità in certi eventi (tutta la parte dedicata ai mutanti operai nella wasteland è un po’ trascurata), magari anche sacrificando certe sequenze riassuntive, saltuariamente utili per fare il punto della situazione e districare tutti i nodi, ma non sempre necessarie. Ma queste parentesi minori sono più che altro dovute allo stile di Mellick, molto asciutto e incisivo, che si libera di qualsiasi orpello per una narrazione in prima persona al presente nuda e cruda, anche nei frequenti, essenziali dialoghi, risultando perfetto nella prima metà (soprattutto a livello sarcastico, con battute fulminanti create con quattro parole in croce), un po’ meno nella seconda, quando si fa più rapido e, a tratti, poco marcato.

Il lavoro sui personaggi è più che buono, a partire dall’apatico io protagonista, autore di una telecronaca spesso esilarante per la sua proverbiale mancanza di sorprese e speranze nella tonnellata di sciagure che gli piovono addosso. Sia le donne-lupo che i mutanti sono ben caratterizzati, con le personalità protagoniste magari semplici ma di sicuro effetto (Pippi, Slayer, Guy, Krall), e il cast presentato ne risulta vario e differenziato, abbellito com’è anche da una cinquantina di illustrazioni a cura dello stesso Mellick, alcune molto riuscite nel mostrare le bizzarrie del suo universo, altre dal tratto più rozzo e infantile, come Captain Kogun e le sue sei motoseghe.

2 commenti:

  1. Pensi mai che saranno tradotti in Italia?
    O dobbiamo perdere le speranze?

    RispondiElimina
  2. Romanzi come questo sicuramente no, non può esserci mercato per cose così provocatorie e sporche, pieni di tette e sangue e pazzie varie.

    Però Meridiano Zero ha pubblicato da poco Missione in Alaska, italianizzazione di uno dei romanzi più noti, Help: a bear is eating me, e il titolo già dovrebbe dire tutto.
    L'ho letto da poco ed è molto buono, recensione a breve. :)

    RispondiElimina