Faccio sempre un
po’ fatica ad accettare gli ospedali psichiatrici kubrickiani, questi palazzi
ultratecnologici, limpidissimi e silenziosi dove l’utenza è libera di
passeggiare tra stanze imbottite e personale in giacca e cravatta. Questi
ambienti non esistono. Lavoro nella disabilità e ho modo di vedere tutti i
giorni le condizioni di certi centri mentali: tutto è vecchio, male illuminato,
claustrofobico, dimenticato. Per cambiare una lampadina servono un fascicolo di
autorizzazioni e mesi di tempo, e quando arriva ne sono scoppiate altre dieci. Non
ci sono soldi nemmeno per dare una mano di bianco e coprire qualche macchia sospetta. In fondo a nessuno interessa
questa porzione di società, gli utenti sono solo un’entrata monetaria o,
peggio, un ostacolo da sedare nell’attesa di dare la patata bollente a un altro
centro. Una situazione triste, anche disperata a volte, il fanalino di coda dell'umanità, dove si fa quel che si può per regalare un minimo di benessere.
Perché cominciare
con queste righe l’approfondimento sulla settima installazione della bambola
maledetta per eccellenza, Cult of Chucky,
quando in fondo abbiamo a che fare con un slasheraccio sanguinoso e grezzotto
che non si presta a osservazioni più complicate di birra e risate? Perché la
clinica dove si ritrova rinchiusa Nica dopo il casino successo in Curse of Chucky, uno splendore di
edificio dove non vola una mosca e la polvere nemmeno esiste, se avesse
rispettato delle linee più realistiche, fatte ahimè di degrado, sporcizia e indifferenza, avrebbe
fatto guadagnare ancora di più a un film che, purtroppo, proprio in
quest’ambientazione banalissima e inconcludente ha il suo aspetto
peggiore.
Ma è comunque
inutile accanirsi proprio qui, perché il nuovo film di Don Mancini sbriciola il
qualunquismo del capitolo precedente per presentare non solo un vero ritorno alle origini, ma anche una
storia che fa del suo forte innesto nella continuity una piacevole e
inaspettata esperienza. Vecchi personaggi ricompaiono più per il sorriso dei
fan che altro, chiaro, il film in fondo poggia le basi su una sceneggiatura
involuta e poco interessante, eppure in questa maniera si ritrova finalmente
quell’equilibro perduto tra potenza sanguinaria e un generale divertimento che,
al momento, è l’arma indispensabile per far proseguire una saga che,
inevitabilmente, non può più basarsi sull’impatto satanico di Chucky né su una
qualsivoglia atmosfera pregna d’ansia. E così, mentre i due capitoli comici (Bride of e Seed of), che ho apprezzato parecchio per l’irresistibile e anche
coraggiosa inversione di marcia, sbandavano volutamente e così tanto sulle
risate da dover mettere in cantiere quel Curse
of che rendeva di nuovo più oscuri i toni, con Cult of possiamo finalmente liberare sangue e viscere a manetta
senza pensare a molto altro.
Perché, se la
storia non è grossomodo pervenuta, tra personaggi debolmente caratterizzati,
attori cani e motivazioni pressoché nulle, gli omicidi di Chucky, che si
duplica e triplica per un gioco al massacro senza limiti e senza soluzione di
continuità, sono un grande richiamo, anche d'altri tempi. Tutto è ben strutturato, maligno, perverso, insistente e
soprattutto splatter, tanto che ci si può ritrovare piacevolmente sazi in poco
tempo: scene come la decapitazione per mezzo della finestra o soprattutto i
vari modi di utilizzo del trapano sono un valido compiendo di brutalità, spasso
ed esperienza. Se solo una maggior coesione avesse reso più quadrate le figure ospedaliere e più vicine a un realismo di ossessioni e dipendenze quelle dei pazienti, avremmo avuto a che fare con un film davvero niente male. Invece è solo uno slasher, ma questo ci doveva Don Mancini, e questo ha fatto, nel modo più
pulito ed esemplare. Tutto il resto è accessorio.
Bella review, ma non credo che a Mancini interessasse creare un centro realistico.L'estetica più che Kubrick ricorda gli ospedali ultramoderni alla Cronenberg. Sarebbe stato di sicuro più interessante come dici tu, ma se Chucky fosse stato silenzioso e tenebroso come in Curse.
RispondiEliminaSì, vero il punto di vista cronenberghiano più che kubrickiano, ma in questo tipo di slasher il "contorno" ha in fondo per me per me ben poca sostanza, contano gli omicidi e qui ce ne sono tantissimi e coloratissimi. :)
EliminaSì, gli omicidi spaccano e rubano - giustamente - tutta la scena. Sono anche in fondo l'unica vera cosa che può ancora interessare in una serie potenzialmente uguale come questa
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