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The Windmill Massacre (2016)

By Simone Corà | mercoledì 28 settembre 2016 | 07:30

This isn’t Hell, it’s Holland!                                                                           

Bisogna andare in Olanda per sgranchirsi un po’ da quest’ultimo, lungo periodo di secca horror, e anche se The Windmill Massacre non è un grande titolo (è un b-movie appena appena dignitoso), l’esordio su lunga distanza di Nick Jongerius è un discreto passatempo sanguinoso.
Dietro le quinte c’è sempre la presenza di Chris W. Mitchell, che ha più o meno le mani in pasta in tutto l’horror che stanno producendo i Paesi Bassi (Frankenstein’s Army, The Pool): in questo caso scrive una sceneggiatura forse un po’ lineare e sciocchina ma la serve a un regista con molta esperienza televisiva e precise intenzioni cinematografiche, trasformandola così in un prodotto dove l’aspetto che avrebbe inabissato qualsiasi altro film di pochi mezzi, ovvero l’estrema serietà, diventa paradossalmente il suo lato predominante.

Siamo dalle parti dello slasher più grosso e ignorante, gli elementi che da sempre lo contraddistinguono ci sono tutti: un gruppo di persone ignare, un colossale killer mostro armato di falce, e una serie di uccisioni teatrali. Il tutto è però racchiuso in un clima d’assedio che rende quantomeno differenti le impostazioni del brutus rispetto alla tradizione, in quanto il bestio non va in cerca delle sue vittime ma le aspetta comodamente seduto in disparte, falce e catena in mano.
La storia è quella di un pugno di sconosciuti che si ritrova a bordo di un bus turistico, impegnato a visitare i più bei mulini a vento dell’Olanda. Poi c’è un guasto e si sa come va a finire: qualcuno inizia a morire, e così non resta loro che rinchiudersi nel posto peggiore, un mulino non segnalato nelle mappe.

Le discrepanze che allontanano The Windmill Massacre dallo slasher più comune si trovano nel piacevole tentativo di creare più personaggi con più storie personali, che poi si incroceranno nel massacro che compone grossa parte dell’opera. Niente ragazzetti stupidi e odiosi, niente feste alcoliche che degenerano, ma adulti con chiare identità e passati non indifferenti.
In realtà c’è un motivo ben preciso dietro a questa costruzione, ed è forse il lato meno interessante perché svela la debolezza di una trama che sembrava spingere verso altri lidi, più competenti e profondi, ma non è per forza un male, perché le caratterizzazioni funzionano e guidano le azioni dei protagonisti con molta più professionalità e attenzione di quanto disponga di solito il genere. E se a ciò si aggiunge il piglio serissimo con cui dirige Jongerius, sottolineando tutto con pesantissimi musiche solenni che indicano quanto stia credendo e scommettendo nel progetto, è facile rimanere ingannati dalla vicenda nonostante la sua forse inevitabile banalità.
È un gorgo di drammaticità scisso in tanti frammenti di problemi famigliari e lavorativi (rapporti burrascosi tra padri e figli, incidenti mortali al lavoro, lutti in famiglia e molte altre brutte cose che perseguitano i personaggi), ed è abbastanza incredibile come Mitchell e Jongerius riescano a gestire una simile imponenza senza ridicolizzare l’esigua struttura del film, ma addirittura rinforzandola con alcuni passaggi davvero impensabili (la grinta della protagonista, il significato dietro i gesti del padre), per non parlare del terremotante finale, un vero e inaspettato pugno allo stomaco.


La parte più succosa è naturalmente quella delle uccisioni, il bestione immortale ammazza con una certa creatività e  Jongerius insiste parecchio su sangue e viscere. Il mix è il solito tra effetti in CG e make up, ma anche se c’è fortunatamente una propensione per quest’ultimo la quantità di liquidi versata è così abbondante che ci si poteva accontentare comunque, e tra teste schiacciate a suon di calci, amputazioni e intestini ficcati a forza nell’addome, The Windmill Massacre si infila brutalmente tra i film più gore del 2016.

Anche se ciò che offre non possiede ancora una direzione precisa come lo splatter francese di qualche anno fa, o la compattezza di quello spagnolo, l’horror olandese non è più solo Dick Maas, ma sta cominciando a (ri)farsi un nome.

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