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Un colpo e muori, o no? Headshot (2011)

By Simone Corà | mercoledì 27 febbraio 2013 | 08:30


Thailandia, colore, 105 minuti 
Regia: Pan-Ek Ratanaurang 
Sceneggiatura: Pan-Ek Ratanaurang 

Il silenzio è un fattore fondamentale per il cinema di Pan-Ek Ratanaurang, lo trasforma e lo modella rendendolo elegante protagonista, significativo elemento centrale che impreziosisce, dopo Nymph, anche questo suo ultimo lavoro, un falso action che, per titolo, poster e per certi versi geografia, potrebbe trarre in inganno, ma Headshot è tutto fuorché un film d’azione, troppo raffinato, misterioso e visivamente complesso anche solo per avvicinarsi sbadatamente a una definizione qualunquista sul cinema thailandese, al quale questa sofisticata pellicola sembra quasi non appartenere, non tanto per uno sguardo occidentale alla materia o a tentazioni mainstream, bensì per una personalità e maturità uniche che il regista dimostra da anni di possedere e gestire.

Uno spunto quasi fantascientifico per dare il via alle danze, con un killer che inizia a vedere il mondo letteralmente sottosopra dopo un coma di tre mesi a causa di una pallottola nel cervello, e un gustoso meccanismo non-lineare per raccontare quella che in fin dei conti è una storia semplice, di reciproca rivalsa e vendetta, un riscatto privato verso certo malcontento istituzionale con criminali onesti che combattono criminali cattivi: Pan-Ek Ratanaurang destruttura la progressione della pellicola, alternando più piani temporali quasi sempre senza soluzione di continuità, giustificando la scelta ora da un gioco d’immagini, ora da un passaggio concettuale, ora da una motivazione da esprimere, il tutto chiaramente senza mai scendere in uno spiegone del perché vi sia questa precisa successione di eventi, cosa che svilirebbe la classe con cui è stato costruito Headshot.

La visività è esaltata da un grande utilizzo della mdp, fresco e ispirato nel muoversi in soggettiva (con tanto di gocce di sangue che sporcano l’obiettivo), nell’inchiodarsi a distanza per freddare long-take duri e drammatici, nell’oscillare sinuosamente in piano sequenza di gran fascino – una gran varietà di riprese per dare forma a quel silenzio di cui parlavo all’inizio, sono pochi i dialoghi che scambia il gelido Tul, ma tutti incisivi e perfetti per raccontare tutto ciò che serve, lasciando chiaramente alla potenza registica il grosso del gioco nel delineare atmosfere tese e piovose, glaciali e irraggiungibili, pacate e fatali, semplicemente bellissime.

5 commenti:

  1. questo me lo segno al volo perchè da quello che dici mi intriga parecchio!Grazie per la segnalazione!

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  2. lo sto ripetendo a random eh,il cognome + nome..che ho vinto?Comunque me lo segno,il film !

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