Thailandia, colore, 105 minuti
Regia: Pan-Ek Ratanaurang
Sceneggiatura: Pan-Ek Ratanaurang
Il silenzio è un fattore fondamentale per
il cinema di Pan-Ek Ratanaurang, lo trasforma e lo modella rendendolo elegante
protagonista, significativo elemento centrale che impreziosisce, dopo Nymph,
anche questo suo ultimo lavoro, un falso action che, per titolo, poster e per
certi versi geografia, potrebbe trarre in inganno, ma Headshot è tutto fuorché
un film d’azione, troppo raffinato, misterioso e visivamente complesso anche
solo per avvicinarsi sbadatamente a una definizione qualunquista sul cinema
thailandese, al quale questa sofisticata pellicola sembra quasi non
appartenere, non tanto per uno sguardo occidentale alla materia o a tentazioni
mainstream, bensì per una personalità e maturità uniche che il regista dimostra
da anni di possedere e gestire.
Uno spunto quasi fantascientifico per dare
il via alle danze, con un killer che inizia a vedere il mondo letteralmente
sottosopra dopo un coma di tre mesi a causa di una pallottola nel cervello, e
un gustoso meccanismo non-lineare per raccontare quella che in fin dei conti è
una storia semplice, di reciproca rivalsa e vendetta, un riscatto privato verso
certo malcontento istituzionale con criminali onesti che combattono criminali
cattivi: Pan-Ek Ratanaurang destruttura la progressione della pellicola,
alternando più piani temporali quasi sempre senza soluzione di continuità,
giustificando la scelta ora da un gioco d’immagini, ora da un passaggio
concettuale, ora da una motivazione da esprimere, il tutto chiaramente senza
mai scendere in uno spiegone del perché vi sia questa precisa successione di
eventi, cosa che svilirebbe la classe con cui è stato costruito Headshot.
La visività è esaltata da un grande
utilizzo della mdp, fresco e ispirato nel muoversi in soggettiva (con tanto di
gocce di sangue che sporcano l’obiettivo), nell’inchiodarsi a distanza per
freddare long-take duri e drammatici, nell’oscillare sinuosamente in piano
sequenza di gran fascino – una gran varietà di riprese per dare forma a quel
silenzio di cui parlavo all’inizio, sono pochi i dialoghi che scambia il gelido
Tul, ma tutti incisivi e perfetti per raccontare tutto ciò che serve, lasciando
chiaramente alla potenza registica il grosso del gioco nel delineare atmosfere
tese e piovose, glaciali e irraggiungibili, pacate e fatali, semplicemente
bellissime.
questo me lo segno al volo perchè da quello che dici mi intriga parecchio!Grazie per la segnalazione!
RispondiEliminaBella lì, poi fammi sapere, eh! :)
Eliminalo sto ripetendo a random eh,il cognome + nome..che ho vinto?Comunque me lo segno,il film !
RispondiEliminaHai vinto un commento tutto per te su questo bel blog! XD
Eliminawow!
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