Book of Blood

By Simone Corà | venerdì 10 dicembre 2010 | 12:00

2009, USA, colore, 100 minuti
Regia: John Harrison
Sceneggiatura: John Harrison, Darin Silverman

Mary è un’esperta del soprannaturale che, avvicinatasi alla scrittura, ha creato una serie di opere in bilico tra realtà e fantasia che l’hanno fatta conoscere in tutto il mondo. Mentre cerca di risolvere il mistero di una stanza di una vecchia magione abbandonata per scrivere un nuovo bestseller, incontra Simon, un giovane introverso che sembra possedere strani poteri mentali, e lo convince ad aiutarla. Ma in quel luogo gli spiriti dei morti vogliono vendicarsi dei vivi…

Tratto dal racconto – in realtà due, che aprono e chiudono i sei Libri di sangue – forse meno appetibile e cinematograficamente realizzabile, per via di un intreccio e di una struttura insoliti, potenzialmente difficili da trasporre in immagini con la stessa lucidità schizofrenica di Clive Barker, Book of Blood sembra, in apparenza, una pellicola superficialmente ben orchestrata e godibile, impreziosita da una buona sceneggiatura, che gioca deliziosamente, tra l’altro, con flashback e gestioni dei tempi soprattutto nella prima parte. E per quanto le credenziali iniziali dell’intreccio possano scoraggiare circa l’originalità della storia, si segue con interesse l’intricata costruzione che porta Mary a fare la conoscenza di Simon e a invischiarlo nel progetto soprannaturale che sta cercando di risolvere.

Harrison insiste molto sulla morbosità della vicenda, e sangue e sesso, nella migliore tradizione delle relazioni amorose impossibili, sono elementi molto sfruttati, con un certo piglio poetico che non trasforma mai l’erotismo in futile volgarità e con un coraggioso utilizzo di sequenze oniriche indubbiamente ben riuscite. Ma malgrado un discreto appeal sinistro e sgradevole, accompagnato da una fotografia sufficientemente sporca e malsana, il vero problema di Book of Blood viene presto a galla. Basta poco più di mezzora per scontrarsi con la freddezza della storia, una glacialità narrativa che impedisce di lasciarsi pienamente avvincere dal film. Si tratta di un distacco visivo e recitativo, non per mere lacune interpretative, ma per precisa scelta registica, che porta a seguire la pellicola con altrettanto distacco, quasi fosse necessario assoggettarsi all’apatia che si respira sempre più. E a nulla, davvero a nulla, servono i continui spunti vincenti, le invenzioni soprannaturali che donano, nella parte conclusiva, un’iniezione di originalità, anche gustosamente gore, con inaspettati ribaltamenti comportamentali, alla vicenda.

Book of Blood è un’opera ben scritta e ben organizzata, ma purtroppo noiosa nella giusta ma mal gestita scelta stilistica di gelo, un gelo che pervade le ambientazioni del film e che purtroppo sbatte negativamente contro la pazienza di chi guarda. Non brutto, sciagurata affermazione sarebbe dire il contrario, ma nemmeno bello: ci sono troppe cose, magari anche mediocri, che possono rientrare nel concetto di “bello”, e Book of Blood non è tra queste. Un sei politico, nient’altro.

4 commenti:

  1. Operazioni come queste mi sa che sono fuori tempo massimo:mi spiego meglio,film come book of blood girati in questo modo avrebbero avuto senso negli anni novanta non adesso.

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  2. Vero. Temi e atmosfere rimandano ad altri anni, difficile trovargli un senso adesso.

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  3. Non l'ho ancora visto, e questa tua recensione mi fa fare un passo indietro. Hai visto "Heartless"? A me è piaciuto assai :)

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  4. Puoi tranquillamente evitarlo. :)

    Heartless ancora no, ma sicuramente tra le prossime visioni dopo la tua ghiotta recensione. :)

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