Regia: Russel Mulcahy
Sceneggiatura: Paul W.S. Anderson
Il T-Virus, dopo gli incidenti a Racoon City, è dilagato in tutto il mondo, trasformando il pianeta Terra in un arido deserto governato dai morti viventi. I pochi sopravvissuti, come Alice, Carlos e Claire, tentano di garantirsi un’esistenza dignitosa, mentre nei laboratori della Umbrella continuano le ricerche per trovare un vaccino.
Forte di un incipit che sfiora il ridicolo per ambizione post apocalittica e per freddezza verbale con cui è recitato, il terzo capitolo del Resident Evil cinematografico è, inaspettatamente, un discreto horror/sci-fi che polverizza, senza tanta fatica, l’ingiudicabile predecessore Apocalypse.
Silurato giustamente l’incapace Alexander Witt, in cabina di regia siede lo storico Russell Mulcahy (Highlander) che, quanto meno, mostra un certo senso del ritmo e un minimo di abilità registica.
Ma se la saga può avvalersi di una terza puntata, il merito è sempre di Paul W.S. Anderson, ancora una volta semplice paroliere votato troppo all’azione e molto poco a un minimo di carattere con cui rinforzare la sua creatura più famosa.
Silurato giustamente l’incapace Alexander Witt, in cabina di regia siede lo storico Russell Mulcahy (Highlander) che, quanto meno, mostra un certo senso del ritmo e un minimo di abilità registica.
Ma se la saga può avvalersi di una terza puntata, il merito è sempre di Paul W.S. Anderson, ancora una volta semplice paroliere votato troppo all’azione e molto poco a un minimo di carattere con cui rinforzare la sua creatura più famosa.
Trasportata in un contesto storico/post-atomico di ben poca credibilità, l’epopea della bella Alice porta un po’ di vitalità a una saga che sembrava defunta con il secondo episodio. Ritornano quindi ritmo e azione cari al capostipite, e sebbene le idee continuino scandalosamente a scarseggiare, la pochezza di trama si sorregge su un paio di scene al fulmicotone che da sole valgono la visione.
L’attacco dei corvi prima e degli zombi corridori dopo sono infatti iniezioni di adrenalina e frenesia sanguinolenta che appagano a ogni colpo esploso.
L’attacco dei corvi prima e degli zombi corridori dopo sono infatti iniezioni di adrenalina e frenesia sanguinolenta che appagano a ogni colpo esploso.
Non c’è molto altro da segnalare. Difficile infatti trovare quelcosa in più in un film di questo calibro, che mette in fila una manciata di resuscitati bavosi, headshots, sentimenti di plastica e tecnologia spicciola.
Anche lo scontro finale con il Nemesis di turno puzza di vecchio e di fantasia riciclata, così come le sottotrame complottistiche dell’evil doctor occasionale. Paul Anderson è superficiale come in ogni prodotto che porta la sua firma, e ci si corrode il fegato nel vedere tanti spunti interessanti che scompaiono in un deserto creativo, tra dialoghi banali e personaggi privi di spessore.
Anche lo scontro finale con il Nemesis di turno puzza di vecchio e di fantasia riciclata, così come le sottotrame complottistiche dell’evil doctor occasionale. Paul Anderson è superficiale come in ogni prodotto che porta la sua firma, e ci si corrode il fegato nel vedere tanti spunti interessanti che scompaiono in un deserto creativo, tra dialoghi banali e personaggi privi di spessore.
Tuttavia, Extinction si lascia vedere gradevolmente, e anche se, tolte le due scene sopra menzionate, non ci siano grossi sussulti da godersi, si rimane soddisfatti al sopraggiungere dei titoli di coda, fiduciosi che un probabile quarto capitolo possa quanto meno mettere in mostra ancora una volta le chiappette di Milla Jovovich.
Concordo. Bel filmetto ;)
RispondiEliminaDiscordo.
RispondiEliminaè orrendo.
Piatto all'inverosimile. Creato solo per tirare su ancora qualche soldo sfruttando il buon nome del videogame (e dei suoi personaggi principali).
Le scene del camion guidato da Carlos e dell'elicottero non sarebbero mai state girate, se non avessero fatto Mad Max prima.
E poi, perché in tutti i film di zombie ci dev'essere sempre quello che viene morso, non dice nulla e aspetta di tranquillo e beato che la trasformazione si completi (sempre nel momento meno opportuno, peraltro)?
Bah...
E' che dopo la forte delusione del secondo capitolo, bastava poco per farmi contento. ;-)
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