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Riecco Aborym

By Simone Corà | martedì 2 settembre 2008 | 16:39

2008, Italia, colore, 30 minuti
Regia: Marco Antonio Andolfi
Cast: Marco Antonio Andolfi, Margherita Di Sarno

Ventun’anni dopo aver recuperato la perduta croce dalle sette pietre e aver messo al sicuro la vita dei propri cari, Eddy è felicemente fidanzato. Ma gli echi dolorosi del passato tornano a farsi sentire, e dimenticare le spiacevoli disavventure è più difficile di quanto possa credere.

Vent’anni sono tanti. Tantissimi. Voglio dire, vent’anni fa mia sorella era un’ipotesi, io giocavo con i robot (un po’ come adesso, anche se li intervallo con le macchinine), non c’era internet e i blog zeppi di recensioni erano ancora pura illusione. E in vent’anni si possono fare... be’, molte cose. Io, dopo un inutile diploma alle superiori e innumerevoli lavori di tutti i tipi, sto rischiando di laurearmi, per esempio. Ho imparato a scrivere. Riesco a infilarmi contemporaneamente due dita nel naso. Per non parlare delle matite. E gioco molto meglio con i robot e le macchinine, per dirne una. Questo per dire che di cose se ne possono apprendere parecchie, in settemilaetrecento giorni.
Ecco.

Marco Antonio Andolfi, invece, in vent’anni non ha imparato niente. Creatore nel 1987 di uno dei più gloriosi film trash che la storia del cinema ricordi, quel La croce dalle sette pietre, conosciuto anche come La camorra contro il lupo mannaro, è ritornato ad agitare le masse dietro la macchina da presa soltanto ora, per imbastire un capolavoro di rivisitazione/sequel della storia originale, intitolato, in totale spregio verso la poesia italiana, Riecco Aborym.

Non è che ci sia poi molto da dire. I trenta minuti scarsi di durata sono composti più che altro da passaggi presi pari pari dal film originale, per l’occasione abbelliti da, ehm, tuonanti effetti speciali (orribili immagini sovraimpresse, qualcosa di strano con la fotografia, corbellerie assortite). Passaggi che, tra l’altro, comprendono anche la più lenta trasformazione in licantropo che il cinema abbia mai offerto: un’insostenibile crescita di ciuffi di peli che culmina con l’apparizione improvvisa di una maschera in stile Tiger Man che andrebbe bene per Carnevale, se giusto si possedesse il coraggio di indossarla.

Il resto è un abbozzo di trama cospiratoria, sostenuto da una sorta di monologo totalmente improvvisato, che mostra l’imbarazzante capacità artistica del signor Andolfi, sia come attore che come sceneggiatore. Probabilmente una delle cose più ridicole che mi sia mai capitato di sentire in anni di totale devozione agli z-movie, le parole di Marco sono qualcosa di raccapricciante, un sonoro vaffanculo al cinema e, nel momento del messaggio socioculturale, anche all’intelligenza.

Chiude il mediometraggio un grandissimo twist narrativo, assurdamente inspiegabile e risibile nella sua ostentata serietà, ma perfetto per la cura con cui Riecco Aborym è stato concepito.

Only for maniacs.

2 commenti:

  1. Ti stai per laureare!?!
    Ma di più: hai imparato a scrivere?!?

    Comunque 'sti metraggi che guardi, allora, certe volte basta guardare la locandina per starne alla larga no?

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  2. Ma tu non capisci, queste sono cose di culto, sono capolavori di immondizia che non si possono non amare. ;-)

    Ebbene sì, è vero, mi laureerò in un futuro non troppo lontano. Sul fatto che sappia scrivere, invece, è chiaramente una bugia.

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