Regia:
Stephen Chow, Chi-Kin Kwok
Sceneggiatura:
Stephen Chow, Chi Keung Fung, Xi Huo, Ivy Kong, Chi-Kin Kwok, Shig-Cheung Lee,
Zhengyu Lu, Yun Wang
Non c’era dubbio che il ritorno di Stephen
Chow potesse fare tanto baccano, Journey to the West: Conquering the Demons
sbanca i botteghini e si porta a casa critiche sfavillanti mostrandosi
pellicola ricca di sfumature tanto nel suo essere prequel del dittico
insuperabile di A Chinese Odissey, e quindi omaggiando simbolicamente e
strutturalmente il capolavoro assoluto di Jeff Lau che vedeva proprio Stephen
Chow come protagonista, tanto nel portare un gran bagaglio di freschezza comica
e visiva nel trasportare in immagini uno dei più gradi classici della
letteratura cinese.
Nel seguire quindi le tragicomiche peripezie
dell’aspirante monaco buddista Xuanzang, volenteroso ma fin troppo onesto
cacciatore di demoni, si rimbalza felicemente tra mitologia e arti marziali,
folklore ed epicità drammatica, ironia caciarona e tanta azione, con
quell’approccio slaptstick e surreale che da sempre si riconosce nel cinema di
Chow, che qui dirige in coppia con il bravo Chi-Kin Kwok e scrive la
stravagante sceneggiatura con altre 14 mani (!). Pesci giganti, cinghiali
mostruosi, scimmie vendicative e Buddha giganteschi rappresentano il bestiario
contro cui si ritrova a combattere il tenace e sfortunato Xuanzang, in una
girandola sempre vispa e colorita di botte, combattimenti, trappole,
inseguimenti e simpatica violenza, il tutto costruito con una struttura
semi-episodica, dove alla ricerca e alla sconfitta di un demone ne segue
un’altra dotata di vicenda propria, per quanto alla fine la trama complessiva
trovi adeguato collegamento in virtù del mega-boss finale.
Piace moltissimo la bizzarra storia
d’amore che si viene a creare tra Xuanzang e la collega Bai Gu Jing, si esce
dai soliti schemi sentimentali con una lei tenacissima e scoppiettante nello
scovare idee su idee pur di conquistare il timido e refrattario monaco – ne
nascono momenti di ispiratissima commedia (il rapimento nel bosco e tutto
quello che ne consegue) anche senza per forza ricorrere alle strampalate
esagerazioni narrative o ai collaudati tecnicismi visivi tipici di Chow. La
pellicola, infatti, forse proprio per la co-regia con Kwok che crea un ibrido
vincente ed equilibrato, scorre ritmata e veloce, sicura e decisa in una
sequenza di ottime scene magistralmente pensate e dirette (il divertentissimo
scontro con il demone-pesce) e raggiunge il culmine con la superlativa,
planetaria e potentissima ending battle, dove la pazzia di Chow, nonostante una
CG che appare vecchiotta e finta, fuoriesce nella sua, letterale,
grandezza.
e anche questo ce lo siamo segnato!
RispondiEliminaPoi dimmi, eh!
Eliminail cinema asiatico ha una potenza,vitalìtà,freschezza clamorosa,peccato che alcuni sian così "euroatalntisticentrici" anche nelle visioni cinematografiche,da snobbare un mondo in evoluzione come quello del cinema cinese,coreano,thailandese,giapponese..Uè a noi ce piace eh !
RispondiEliminaMa infatti, ed è talmente vasto che c'è sempre qualcosa da scoprire. :-)
Eliminanon vedo l'ora di vederlo...magari anche al cinema da noi, visto il successo in patria.
RispondiEliminaPenso che arrivi, anche se non ho idea di come potrebbero spingerlo - se non usando di nuovi i comici per doppiarlo, madò...
Eliminaaaah, ora devo vedere anche questo...
RispondiEliminaDirei proprio di sì! :D
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