2011, Hong Kong, colore, 122 minuti
Regia: Tsui Hark
Sceneggiatura: Kuo-fu Chen, Jialu Zhang
Kolossal scenografico che pianta le sue radici nella storia cinese più folkloristica che reale, Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma lascia piacevolmente stupiti da una notevole visività, fattore su cui chiaramente punta tutto il ritrovato Tsui Hark: impressionanti riprese di una capitale caotica e ricca di dettagli, inquadrature vertiginose nell’immensa statua del Buddha, sbalorditivi schieramenti militari con finezze ovunque si posi lo sguardo, con un rigore millimetro nel vestiario, nelle armature e nelle sempre diverse e fantasiose acconciature dell’imperatrice.
Naturalmente, per quanto Detective Dee sia un insolito miscuglio di generi come solo il cinema di Hong Kong potrebbe produrre (fiabesco, horror, giallo, storico, avventuroso), è sostanzialmente il wuxia la sua matrice di riferimento, ed è difatti sui combattimenti che viene posta meticolosa attenzione registica. Dagli scontri con spesse catene che volano come fruste a magie visive dove gli abiti diventano pastelli sfumati sullo sfondo, dalla classica superforza con cui l’oggettistica perde ogni consistenza reale e diventa semplice arma da lanciare (in particolar modo i tronchi nella sequenza della città sotterranea) alle acrobazie impossibili e disumane, il piacere visivo è continuamente rinnovato da trovate funamboliche che arricchiscono i già splendidi duelli.
È però dal punto di vista narrativo che la pellicola incontra infelici lacune: Detective Dee soffre infatti di vistosi cali dialogici e strutturali, difetti che potevano essere perdonati nella concezione di un semplice film di cappa e spada, ma essendo l’ultima opera di Hark un impasto multigenere era necessario dare maggiore importanza alla sceneggiatura, scritta da quel Kuo-fu Chen che già aveva pasticciato in passato con lo script dell’interessante Double Vision. L’intreccio, pur risolvendosi con deludente facilità, si costruisce rapidamente con strati di curioso mistero (la morte per combustione spontanea di due architetti impegnati nella costruzione della statua del Buddha) e fascino soprannaturale prettamente orientale (il cervo parlante, la città sotterranea popolata da mostri e reietti, gli spilli che mutano le fattezze corporali), agevolato da un ritmo sostenuto che assesta tassello dopo tassello anche con alcuni meccanismi narrativi insoliti e di pregevole bellezza (la prima imboscata a Dee, il ragionamento sull’acqua avvelenata).
Il buon soggetto rimane quindi vittima di una sceneggiatura scadente che penalizza il prodotto finale più che altro nella sua seconda metà, apparendo sbrigativa laddove serviva maggior mordente (il viaggio nella città sotterranea, dove troppe cose vengono date per scontate) e confusa proprio laddove serviva necessaria chiarezza (il passato di Dee, il vero ruolo dell’imperatrice).
Il tutto svanisce infine in una conclusione dove il duello epico, naturalmente di enorme suggestione acrobatica, distrugge ogni altro elemento, assottigliando la pellicola con un veloce spiegone di poco interesse che mette insieme troppe cose con svogliata cura lessicale e ancora meno rilevanza narrativa (l’esercito di centomila soldati). Dispiace quindi che un prodotto di squisite potenzialità (trama affascinante, sontuoso contesto storico) venga minato da un’inaccettabile fiacca narrativa, unica ma enorme remora di questi 122 minuti peraltro sempre avvincenti.
Regia: Tsui Hark
Sceneggiatura: Kuo-fu Chen, Jialu Zhang
Kolossal scenografico che pianta le sue radici nella storia cinese più folkloristica che reale, Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma lascia piacevolmente stupiti da una notevole visività, fattore su cui chiaramente punta tutto il ritrovato Tsui Hark: impressionanti riprese di una capitale caotica e ricca di dettagli, inquadrature vertiginose nell’immensa statua del Buddha, sbalorditivi schieramenti militari con finezze ovunque si posi lo sguardo, con un rigore millimetro nel vestiario, nelle armature e nelle sempre diverse e fantasiose acconciature dell’imperatrice.
Naturalmente, per quanto Detective Dee sia un insolito miscuglio di generi come solo il cinema di Hong Kong potrebbe produrre (fiabesco, horror, giallo, storico, avventuroso), è sostanzialmente il wuxia la sua matrice di riferimento, ed è difatti sui combattimenti che viene posta meticolosa attenzione registica. Dagli scontri con spesse catene che volano come fruste a magie visive dove gli abiti diventano pastelli sfumati sullo sfondo, dalla classica superforza con cui l’oggettistica perde ogni consistenza reale e diventa semplice arma da lanciare (in particolar modo i tronchi nella sequenza della città sotterranea) alle acrobazie impossibili e disumane, il piacere visivo è continuamente rinnovato da trovate funamboliche che arricchiscono i già splendidi duelli.
È però dal punto di vista narrativo che la pellicola incontra infelici lacune: Detective Dee soffre infatti di vistosi cali dialogici e strutturali, difetti che potevano essere perdonati nella concezione di un semplice film di cappa e spada, ma essendo l’ultima opera di Hark un impasto multigenere era necessario dare maggiore importanza alla sceneggiatura, scritta da quel Kuo-fu Chen che già aveva pasticciato in passato con lo script dell’interessante Double Vision. L’intreccio, pur risolvendosi con deludente facilità, si costruisce rapidamente con strati di curioso mistero (la morte per combustione spontanea di due architetti impegnati nella costruzione della statua del Buddha) e fascino soprannaturale prettamente orientale (il cervo parlante, la città sotterranea popolata da mostri e reietti, gli spilli che mutano le fattezze corporali), agevolato da un ritmo sostenuto che assesta tassello dopo tassello anche con alcuni meccanismi narrativi insoliti e di pregevole bellezza (la prima imboscata a Dee, il ragionamento sull’acqua avvelenata).
Il buon soggetto rimane quindi vittima di una sceneggiatura scadente che penalizza il prodotto finale più che altro nella sua seconda metà, apparendo sbrigativa laddove serviva maggior mordente (il viaggio nella città sotterranea, dove troppe cose vengono date per scontate) e confusa proprio laddove serviva necessaria chiarezza (il passato di Dee, il vero ruolo dell’imperatrice).
Il tutto svanisce infine in una conclusione dove il duello epico, naturalmente di enorme suggestione acrobatica, distrugge ogni altro elemento, assottigliando la pellicola con un veloce spiegone di poco interesse che mette insieme troppe cose con svogliata cura lessicale e ancora meno rilevanza narrativa (l’esercito di centomila soldati). Dispiace quindi che un prodotto di squisite potenzialità (trama affascinante, sontuoso contesto storico) venga minato da un’inaccettabile fiacca narrativa, unica ma enorme remora di questi 122 minuti peraltro sempre avvincenti.
non ce l'ho proprio fatta a vederlo tutto. per carità, esteticamente bellissimo e si tratta pur sempre di hark... ma è di una noia...
RispondiEliminaa me è piaciuto..uno dei pochi film di quel continente :)
RispondiEliminaCredo che la tua recensione centri perfettamente il punto: avevo aspettative alte per questo film, ma le debolezze in troppi punti della storia mi hanno delusa. Ed è sicuramente un peccato, viste le risorse impiegate per renderlo visivamente bellissimo e le indubbie potenzialità del soggetto.
RispondiElimina@Frank : io non mi sono annoiato, per fortuna, mi sono più che altro infastidito, dopo averci creduto per una buona ora, che la storia potesse risollevarsi, ma invece niente...
RispondiElimina@luigi: il cinema di HK è sempre stato un po fuori di testa, non è mai facile per un occidebtale apprezarlo pienamente, però direi che lo stesso Hark ha fatto molto di meglio in passato :)
@ automatic: quoto ogni parola :)
a me il cinema di hong kong colpisce ed ammalia.Figurati che mi ha pure esaltato la sparatoria finale in Hard Boiled,certo talora hanno delle storie quasi inesistenti.
RispondiEliminaKuo-fu Chen, che Buddha l'abbia in gloria, pare abbia la tendenza a perdere il filo e a farlo perdere agli spettatori.
RispondiEliminaSia in Double Vision che in questo l'impressione è che ci siano buchi nella sceneggiatura che nemmeno lui sa di avere creato.
Oppure noi, siamo tutti stupidi.
@ Babordo: anche a me generalmente piace, perché me lo gusto volentieri certe mitragliate anche se la storia non è granche. Certo, se poi la sceneggiatura è piena di buchi o è troppo leggera, a volte non ce la faccio mica... :)
RispondiElimina@ Anonimo: già, vere e proprie voragini, a volte incredibili, che lo spettatore deve accettare zitto zitto. :)