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Recensione: Nuclear Family

By Simone Corà | lunedì 5 dicembre 2011 | 08:00

Progetto assurdo ma portato avanti con una storica ostinatezza, Nuclear Family nasce insensatamente nei boschi dietro casa di Kyle Rankin, dove il regista filma mezz’ora di pellicola lasciando totale libertà d’improvvisazione al cast. Ottenuti i (pochi) fondi per realizzare un lungometraggio che non si sa bene cosa sia (pilota di una serie tv ma chi vuoi che lo compri, allora pilota di una serie web, o magari forse solo film sperimentale che però ehm, sa troppo di sperimentale), Rankin se ne esce con un pasticcio bene o male inguardabile, nonostante alcune capacità che aveva dimostrato un paio d’anni fa con la divertente e ispirata horror comedy Infestation.

Scelta sciagurata quella di non scrivere una sceneggiatura, ma di limitarsi a un soggetto, e spingere gli attori all’improvvisazione, perché se da una parte troviamo un immenso Ray Wise che fa faville gigioneggiando su tutti e dipingendo un villain fuori dagli schemi, dall’altra i buchi diventano lacune e la storia, dopo un inizio straordinariamente banale, peggiora di minuto in minuto con una serie di vaccate senza senso una dietro l’altra. Non avendo idea di dove far parare il film, ma con un plot striminzito che vede la solita famigliola americana cercare di sopravvivere in un bosco abitato dai berserker, cattivissimi farabutti che si sono proclamati padroni della zona, a nulla serve mantenere il mistero sul consueto olocausto nucleare e sulle derive biologiche verso cui si trascina la pellicola. In Nuclear Family c’è tutto quello che potete immaginare con uno spunto simile: marito e moglie che stavano per divorziare ma che tornano insieme, incontri di lotta tra i berserker (perché la lotta è ovviamente l’unico sport del futuro), dottori che hanno la cura e via così, di cazzata in cazzata.

Come se non bastasse lo squallore delle situazioni e la pochezza psicologica dei vari protagonisti, Rankin costruisce il tutto con una struttura lostiana (sequenze al presente nel bosco/isola alternate con flashback prima dello scoppio della bomba/caduta dell’aereo), con tanto di accompagnamento musicale pressoché identico e di fade in a fade out spiccicati al lavoro di Lindelof e Cuse, ma per evitare che il paragone confonda qualcuno, come successo quando l’abbiamo fatto presente a Rankin stesso (che si è esaltato tutto contento e imbarazzato per quello che credeva fosse un complimento), il risultato è molto, molto lontano dal replicarne qualsiasi buon effetto. Il resto è una carrellata di noiose pietanze e baratri narrativi, con personaggi che agiscono senza particolari motivazioni, quando non sono allucinanti, e con colpi di scena che non vengono spiegati. Il tutto condito con sequenze idiote (l’esercito dei buoni che praticamente non combatte, lasciando fare tutto al papà protagonista e alla sua giovane amichetta lanciatrice di coltelli che ne trova a disposizione manciate e manciate, manco fossimo nella famigerata Foresta dei pugnali volanti di Zhāng Yìmóu) .

Brutto, brutto esempio di film indipendente, che parte malissimo con il più esemplare dei difetti cinematografici, ovvero la mancanza di uno script valido e capace di sostenere una storia, anche semplice e già vista, ma che abbia un senso nel suo sviluppo tra inizio, svolgimento e conclusione. Visto in anteprima universale allo S+F, ancora prima degli attori stessi, per adesso il film non ha nemmeno una locandina.

Moriturato.

2011, USA, colore, 85 minuti
Regia: Kyle Rankin
Sceneggiatura: Kyle Rankin

[Simone & Crescizz]

5 commenti:

  1. Sì, allucinante, pure il regista ha detto al pubblico in sala che non sapeva manco lui cosa trarne, da quelle poche idee, ed è venuto fuori 'sto pastrocchio.

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  2. La locandina, in linea con il film (con Photoshop la facevo meglio io..), l'hanno fatta uscire. Comunque già dal trailer sembra un pastrocchio. Mi sa che non lo recupereremo... Chissà perché certa gente si imbarca in certi progetti..

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