È indubbio che Claudio Vergnani abbia smosso un po’ le acque, in libreria: se il tabù sui vampiri, oggigiorno così innamorati, flaccidi e rigorosamente vietati ai maggiori di 18 anni, è in parte crollato, riconoscendo a una figura così complessa la sua derubata, tenebrosa mostruosità, è sicuramente anche merito della sua trilogia edita da Gargoyle, che si conclude con questo buono L’ora più buia. Dopo l’ottimo esordio con Il 18º vampiro e il meno riuscito Il 36º giusto, il terzo capitolo sembra far tesoro di certe critiche perché si sbarazza delle lacune mostrate nel libro di mezzo presentandosi più denso e compatto, più sicuro nell’avanzamento di una trama finalmente solida e compiuta.
Abbandonata quindi la particolare struttura episodica del precedente romanzo, con singole avventure che si susseguivano come una raccolta di racconti, ne L’ora più buia Claudio, Vergy e il resto della banda tornano ad avere un nemico preciso, un vampiro secolare di cui si sa poco o nulla ma che sembra fortemente collegato con gli eventi narrati negli altri due capitoli, tanto con il maestro Grimjank che con la misteriosa Margherita e la sua combriccola incomprensibile. Vergnani si prende tutto il tempo per imbastire la storia, parte da lontano, dalla Francia dove si era concluso Il 36º giusto, e continua tra Modena, Venezia e una piccola isola del Mare del Nord, con le sue lentezze riflessive e le sue esplosioni volgari, le sue esplorazioni depressive e il suo costante, insormontabile tormento che traspare da ogni pagina.
La sofferenza dei protagonisti è come al solito punto di forza di Vergnani, perché l’autore modenese sa scavare a fondo, sa sviscerare il dolore fisico ed emotivo, sa rendere credibile l’estrema angoscia dei suoi ammazzavampiri, disgraziati senza un lavoro, praticamente senza una casa, senza uno scopo, senza una vita che valga davvero la pena di vivere. La lotta con i vampiri si trasforma quindi in un urlo disperato dal quale Vergy, Gabriele e Claudio non riescono e non possono sottrarsi, quest’ultimo in particolare, mai così pessimista e scettico sul suo ruolo di cacciatore e uomo eternamente afflitto, combattuto tra la sua romantica vena poetica e citazionista e il suo primordiale, grezzo e ironico cinismo. Lo scontro tra personalità è complesso e acceso, Vergnani insiste su alcuni frangenti non senza cognizione di causa, le parentesi meditative con lunghe discussioni tra Claudio e Vergy servono infatti a preparare e giustificare porzioni ben precise del romanzo, ma forse il continuo ritornare sui medesimi punti qua e là stanca per il ripetersi dei concetti, forse dall’esito più incisivo se dispensati meno abbondantemente. Ne nasce comunque un quadro affascinante e insolito, soprattutto in vista di uno dei finali più neri e privi di speranza di certa narrativa dell’orrore, probabilmente il più adatto per chiudere con la giuste, decadenti atmosfere una trilogia che, incredibile a dirsi, mescola con grande efficacia verbosità barocca e sboccata ironia.
Ma se i maschi sono come sempre ben resi, distrutti dal peso delle responsabilità non-volute e da un contesto d’avvenimenti che sembra remare solo e soltanto contro di loro, la controparte femminile appare un po’ debole e indifesa, tanto nella ninfomane Elisabetta quanto nella storica Rossana, poco agguerrite per il ruolo fisico e morale ricoperto, più che altro per la loro fragilità emotiva trasmessa a suon di tenerezze lacrimevoli non sempre a fuoco.
Come accadeva nei capitoli precedenti, anche ne L’ora più buia c’è spazio per dei furibondi tour de force vampirici, nei quali l’orrore diventa insostenibile e disperato, un incubo che pare letteralmente senza fine: dalla gitarella nella zona extracomunitaria all’esplorazione delle grotte nel sottosuolo modenese, passando soprattutto per la stordente e infinita festa in centro città, Vergnani sembra aver raggiunto un maggior controllo della penna nell’evitare le eccessive lungaggini in cui inciampava precedentemente. D’altra parte, in quest’ultimo capitolo si avverte qua e là una sorta di dejà-vù nella riproposizione di vicende chiaramente simili alle avventure già affrontate dal terzetto di ammazzavampiri (difficile d’altronde superare certi inferni raccontati negli altri due libri e, di conseguenza, variare le situazioni battagliere), e qualche disattenzione o scelta narrativa magari non giovano alla resa complessiva (penso, non so, alle facce insanguinate e ai mitragliatori nascosti sotto le giacche nella pizzeria del multisala che nessuno vede, o ai capitoli scritti da Gabriele che nel loro lento barocchismo rallentano troppo il già ubriacante soggiorno nell’appartamento festaiolo).
Difetti, chiaro, come ne troviamo in qualsiasi lavoro, credo però che Vergnani, con questo terzo romanzo, sia sempre più cosciente della sua brillante prosa sarcastica, e pur non riuscendo a far sempre centro con i suoi innumerevoli proiettili, eccedendo sicuramente in un numero di parole troppo elevato per la storia da raccontare, quando spara merita parecchia, parecchia attenzione.
Attenzione che dovrebbe usare anche la Gargoyle nelle correzioni di bozze, perché un refuso in quasi ogni pagina, dopo tutti questi anni di brillante presenza sul mercato orrorifico, si fa davvero fatica ad accettare.
Gargoyle Books, 2011
492 pagine, 16,00 euro
Abbandonata quindi la particolare struttura episodica del precedente romanzo, con singole avventure che si susseguivano come una raccolta di racconti, ne L’ora più buia Claudio, Vergy e il resto della banda tornano ad avere un nemico preciso, un vampiro secolare di cui si sa poco o nulla ma che sembra fortemente collegato con gli eventi narrati negli altri due capitoli, tanto con il maestro Grimjank che con la misteriosa Margherita e la sua combriccola incomprensibile. Vergnani si prende tutto il tempo per imbastire la storia, parte da lontano, dalla Francia dove si era concluso Il 36º giusto, e continua tra Modena, Venezia e una piccola isola del Mare del Nord, con le sue lentezze riflessive e le sue esplosioni volgari, le sue esplorazioni depressive e il suo costante, insormontabile tormento che traspare da ogni pagina.
La sofferenza dei protagonisti è come al solito punto di forza di Vergnani, perché l’autore modenese sa scavare a fondo, sa sviscerare il dolore fisico ed emotivo, sa rendere credibile l’estrema angoscia dei suoi ammazzavampiri, disgraziati senza un lavoro, praticamente senza una casa, senza uno scopo, senza una vita che valga davvero la pena di vivere. La lotta con i vampiri si trasforma quindi in un urlo disperato dal quale Vergy, Gabriele e Claudio non riescono e non possono sottrarsi, quest’ultimo in particolare, mai così pessimista e scettico sul suo ruolo di cacciatore e uomo eternamente afflitto, combattuto tra la sua romantica vena poetica e citazionista e il suo primordiale, grezzo e ironico cinismo. Lo scontro tra personalità è complesso e acceso, Vergnani insiste su alcuni frangenti non senza cognizione di causa, le parentesi meditative con lunghe discussioni tra Claudio e Vergy servono infatti a preparare e giustificare porzioni ben precise del romanzo, ma forse il continuo ritornare sui medesimi punti qua e là stanca per il ripetersi dei concetti, forse dall’esito più incisivo se dispensati meno abbondantemente. Ne nasce comunque un quadro affascinante e insolito, soprattutto in vista di uno dei finali più neri e privi di speranza di certa narrativa dell’orrore, probabilmente il più adatto per chiudere con la giuste, decadenti atmosfere una trilogia che, incredibile a dirsi, mescola con grande efficacia verbosità barocca e sboccata ironia.
Ma se i maschi sono come sempre ben resi, distrutti dal peso delle responsabilità non-volute e da un contesto d’avvenimenti che sembra remare solo e soltanto contro di loro, la controparte femminile appare un po’ debole e indifesa, tanto nella ninfomane Elisabetta quanto nella storica Rossana, poco agguerrite per il ruolo fisico e morale ricoperto, più che altro per la loro fragilità emotiva trasmessa a suon di tenerezze lacrimevoli non sempre a fuoco.
Come accadeva nei capitoli precedenti, anche ne L’ora più buia c’è spazio per dei furibondi tour de force vampirici, nei quali l’orrore diventa insostenibile e disperato, un incubo che pare letteralmente senza fine: dalla gitarella nella zona extracomunitaria all’esplorazione delle grotte nel sottosuolo modenese, passando soprattutto per la stordente e infinita festa in centro città, Vergnani sembra aver raggiunto un maggior controllo della penna nell’evitare le eccessive lungaggini in cui inciampava precedentemente. D’altra parte, in quest’ultimo capitolo si avverte qua e là una sorta di dejà-vù nella riproposizione di vicende chiaramente simili alle avventure già affrontate dal terzetto di ammazzavampiri (difficile d’altronde superare certi inferni raccontati negli altri due libri e, di conseguenza, variare le situazioni battagliere), e qualche disattenzione o scelta narrativa magari non giovano alla resa complessiva (penso, non so, alle facce insanguinate e ai mitragliatori nascosti sotto le giacche nella pizzeria del multisala che nessuno vede, o ai capitoli scritti da Gabriele che nel loro lento barocchismo rallentano troppo il già ubriacante soggiorno nell’appartamento festaiolo).
Difetti, chiaro, come ne troviamo in qualsiasi lavoro, credo però che Vergnani, con questo terzo romanzo, sia sempre più cosciente della sua brillante prosa sarcastica, e pur non riuscendo a far sempre centro con i suoi innumerevoli proiettili, eccedendo sicuramente in un numero di parole troppo elevato per la storia da raccontare, quando spara merita parecchia, parecchia attenzione.
Attenzione che dovrebbe usare anche la Gargoyle nelle correzioni di bozze, perché un refuso in quasi ogni pagina, dopo tutti questi anni di brillante presenza sul mercato orrorifico, si fa davvero fatica ad accettare.
Gargoyle Books, 2011
492 pagine, 16,00 euro
Già ordinato!
RispondiEliminaMeno male, il "36 giusto" mi era parso un pò più confuso del primo, fantastico capitolo. Ora posso leggere "L'ora più buia" con rinnovata fiducia :)
RispondiElimina@ Nick: bravo!
RispondiElimina@ Mr Giobblin: sì, questo L'ora più buio è molto meglio del 36 giusto, probabilmente perché la focalizzazione su unica storia lo ha reso più compatto. Inoltre è più asciutto nell'ironia e nel cinismo, e in questo modo il tutto ne guadagna parecchio. :)
Urka!
RispondiEliminaRecupero in fretta...
Sono contento che si torni al livello del'18esimo.
RispondiEliminaSe lo leggo saltando il secondo capitolo della saga, faccio una cosa malvagia?
Visto che a me manca tutta la trilogia e questa recensione mi ha fatto capire di essermi perso parecchia roba interessante, li ho ordinati tutti e tre:D
RispondiEliminaComprato. Appena finisco Martin, attacco con Vergnani.
RispondiEliminaA me la struttura episodica del 36° giusto non era dispiaciuta, a dire la verità. Certo, era un po' frammentario, ma come libro-ponte in mezzo alla trilogia, forse aveva anche senso.
Comunque, se questo è ancora più cupo, feroce e disperato, ho già la bavetta alla bocca :D
@ Eddie: veloce!
RispondiElimina@ Munzic: mmmh, credo che non avrebbe molto senso saltare il capitolo centrale. E' meno bello ma non brutto, e dentro ci sono ottime cose. Se lo prendi come raccolta di racconti, e ne leggi uno ogni tanto e non tutti di seguito, forse ha un effetto migliore. :)
@ cinefatti: bravo, perché almeno il primo titolo della trilogia è una lettura importante per l'horror italiano. :)
@ Lucia: come dicevo più sopra a Munzic, il problema del 36 giusto, ora che è passato un anno e ci si può pensare meglio, era l'eccessiva lunghezza. Cinque-sei storie, non ricordo bene, piuttosto godibili se prese a se stanti, ma se lette tutte di fila sicuramente pesanti e meno gustose. L'ora più buia comunque torna sui fasti del primo romanzo, ed è davvero cupo e pessimista. :)
Una delle recensioni più azzeccate che abbia letto. Concordo.
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