Home » , , , , » Recensione: Game of Thrones - stagione uno

Recensione: Game of Thrones - stagione uno

By Simone Corà | venerdì 24 giugno 2011 | 08:00

Creato da: D.B. Weiss e David Benioff
Episodi: 10 da 60 minuti cad.
Network: HBO

Ci si chiedeva come fosse possibile restringere lo sterminato universo martininiano nel così sottile tubo catodico, quali fossero le rinunce da affrontare e i compromessi da accettare, e come si potesse gestire fan e pubblico occasionale spremendo migliaia di pagine di una saga cartacea ancora senza fine dopo quindici anni e quattro corposi volumi (attualmente nove in Italia grazie alle forbici Mondadori, e probabilmente due in più con lo spezzettamento di A Dance with Dragons, in arrivo il 12 luglio), pur con la garanzia di un network come HBO, l’unico effettivamente capace che poteva dare piena tridimensionalità alle Cronache del ghiaccio e del fuoco, opera straordinaria e tra le letture preferite di sempre qui a Midian nonostante la proverbiale lentezza del suo autore.

A visione appena conclusa della prima sbalorditiva stagione di Game of Thrones viene quindi facile pensare a come D.B Weiss e David Benioff (con curriculum tutt’altro che stuzzicanti, praticamente esordiente il primo, molto pasticciato il secondo con robaccia come Brothers e Wolverine) fossero così paradossalmente intimoriti dal giudizio del fandom da ricreare letteralmente, salvo qualche piccola aggiustatura, le prime mille pagine della saga, raccolte nel quasi omonimo volume iniziale, A Game of Thrones, risalente ormai al lontano 1993. Scelta di rara preziosità, che si loda per coraggio e rispetto, a fronte di una probabile comprensione cervellotica da parte di chi si avvicina soltanto ora ai Sette Regni, è spesso fonte di commozione non solo per il riguardo nella potente progressione narrativa (supervisionata da George R.R. Martin stesso, che scrive anche un episodio), ma per l’impressionante lavoro svolto nella scelta dei volti del corposo cast (Eddard, Robert, Cersei, Jamie… impossibile trovare attori più adeguati e felici nell’indossare simili cotte come Sean Bean, Mark Addy, Lena Headey, Nikolaj Coster-Waldau), fedeli alle minuziose descrizioni martiniane (se non per qualche minuscola eccezione, come l’età comprensibilmente più adulta e piccole malignità come i capelli corti di Jamie).

Ma fermarsi al mero aspetto visivo, sarebbe inopportuno e inadeguato di fronte all’ottima costruzione narrativa del duo Weiss/Benioff, che scrive la sceneggiatura di otto episodi su dieci trionfando nel giusto equilibrio temporale degli sterminati punti di vista protagonisti, con i giochi, gli inganni, le strategie, i tradimenti e i sospetti di un complesso e furibondo scenario politico di un medioevo fittizio, dove magie e faccende soprannaturali sono per ora sostituite da spade, corone e armature. Niente elfi e palle di fuoco, dunque, ma complotti ai regnanti, successioni dinastiche, lotte per il trono e guerre all’orizzonte, che sono divinamente resi per mezzo della ricercatezza dialogica, sulla quale d’altronde si basa un buon 90% dell’opera. L’azione è scarsa, limitata a pochissimi momenti (e le battaglie sono furbescamente evitate, come accadeva in Rome, per ovvi motivi di budget), ma nonostante un’apparente impalcatura pachidermica Game of Thrones non soffre di parentesi stanche offrendo invece serrate discussioni che, grazie alle egregie prove di un cast eccellente (con un Peter Dinklage nei panni dell’amatissimo Tyrion che, diciamocelo, è già leggenda nel dare bassa statura e lingua tagliente al, forse, personaggio più ispirato dell’intera saga), rimangono costanti e avvincenti per tutti i 600 minuti della serie.

Il ritmo del continuo avvicendarsi di protagonisti tanto sfaccettati, dove ombre e luci si fondono in complesse personalità che, quando non si macchiano di maliziose ambiguità, sono scolpite nell’onore più puro o nella malvagità più nera, rende la coralità narrativa assai rapida e intrigante, suggestiva e a suo modo agevole.

Per quanto sia facile perdere la bussola e lasciarsi ammaliare con puro, fanatico ebetismo, è comunque impossibile non citare difetti e mancanze, prima di tutto una già detta esagerazione nel voler a tutti i costi contenere la felice prolissità di Martin in “appena” dieci episodi. Tra nomi, abbreviazioni, soprannomi, regni, città, casate e motti credo sia abbastanza arduo per lo spettatore occasionale reggersi in piedi di fronte a tanta complessità: in più di un’occasione, nonostante l’ottimo occultamento narrativo, si richiedeva forse qualche taglio (arduo comunque fare qualche scelta, anche le sequenze che meno fanno avanzare il plot generale appaiono di rara eleganza e squisitezza nell’approfondire i personaggi), qualche concessione o ammorbidimento per dare maggior respiro (i flashback dialogici sul passato dei Targaryen e la guerra per strapparli al trono, ma anche gli sbuffi invisibili della casata Greyjoy o personaggi come Gregor Clegane o Beric Dondarrion che, apparendo per pochi istanti, risultano per ora quasi superflui rispetto al ruolo espresso nel romanzo), per utilizzarli poi con maggior densità nella seconda stagione. È abbastanza palese, inoltre, che il “basso” minutaggio a disposizione impedisca la piena e intensa atmosfera respirata nel romanzo (penso al duello verbale tra Cersei ed Eddard nella sala del trono, dove le parole di Martin facevano vibrare ogni singolo passo dei cavalieri), o che a tratti non sia facile accettare il lungo tempo che passa (si parla anche di mesi) tra un episodio e l’altro, ma ci sono almeno un paio di momenti da ricordare, in cui la tensione provocata dagli sviluppi della trama e dalla bravura del cast garantisce enorme pathos emotivo.

La maturità garantita da HBO confeziona magistralmente l’opera: la regia è ispirata, attenta e non teme di mostrare lunghe scene di nudo o di estrema violenza (e senza sangue digitale, alla faccia del più recente horror cinematografico), la cura per costumi e scenari è esemplare, forse solo le musiche non sono sempre di ampio respiro epico come richiesto (ottime comunque la sigla e le sue trasformazioni orchestrali), mentre certi fondali in CG imprimono un innocuo taglio fantasy che Game of Thrones, nella sua originalissima interpretazione del genere, di certo non merita.

In attesa già spasmodica per la seconda stagione, speriamo soltanto che i probabili alti costi di realizzazione non conducano Game of Thrones a una prematura cancellazione, come accaduto in tempi recenti per altre notevoli serie targate HBO come Deadwood e il già citato Rome.

8 commenti:

  1. Stasera mi guardo il Season Finale!

    RispondiElimina
  2. Io sono rimasta sconvolta da questa serie, proprio perchè non mi sarei mai aspettata una tale fedeltà e un così grande rispetto nei confronti del modello cartaceo.
    Alla HBO andrebbe fatto un monumento.
    C'è un dialogo tra Cersei e Robert (non ricordo adesso l' episodio) che è quasi (quasi, eh?) migliore in video che nel libro.

    RispondiElimina
  3. Umpf... sono al settimo episodio e devo essere sincero: qualità altissima, recitazioni da paura, sceneggiatura impareggiabile... ma... non avendo mai letto il "mostro" mi aspettavo un fantasy a tutto respiro e non una epic-medievale di questo tipo. E ci sono rimasto un pò male... ;)
    Comunque aspettiamo la seconda serie (se arriva, perché già voci lo danno per economicamente moribondo per una HBO che corrisponde in USA a una nostra "AntennaTre" ;)) e vediamo cosa salta fuori.

    RispondiElimina
  4. non ho letto i romanzi originali, ma la serie è davvero grandiosa! sono riusciti a calibrare in maniera perfetta colpi di scena e momenti memorabili in ogni episodi, fino ai finali delle ultime due puntate davvero magistrali! sicuramente una delle serie più riuscite dell'anno (e anche degli ultimi anni)

    RispondiElimina
  5. Neanche io ho letto il romanzo, ma sto leggendo benissimo di questa serie praticamente ovunque.
    Entro breve la inizierò anche io, non ho certo intenzione di farmela scappare!

    RispondiElimina
  6. Capisci subito che ti trovi davanti ad una serie ben curata già della sigla, bellissima, ben musicata e girata.
    Forse la miglior serie degli ultimi due anni.
    Eh, si la HBO è una rete piccola, però ad avercene qui in Italia di reti del genere.

    RispondiElimina
  7. Sì, ma perchè Scion Fagiolo deve sempre fare lo Sboromir di turno??
    Uffi chennoia!

    RispondiElimina
  8. @ Re Ratto: e allora? e allora?

    @ igdz: anch'io credevo si prendessero molta più libertà nella trasposizione: meno personaggi, meno eventi, più semplicità. E poi sono parecchi i momenti che quasi quasi funzionano meglio, perché più diretti e concisi (penso ai vari dialoghi tra Robert ed Eddard).

    @ Eddy: è proprio questa la sua caratteristica migliore, un fantasy che però di fantasy ha gran poco. :)

    @ Marco: vero, tra le cose migliori viste ultimamente in tv, e la seconda stagione può fare solo meglio.

    @ Mr Ford: su, cosa aspetti?

    @ Nick: la sigla spacca di brutto!

    @ Cyb: perché ci ha il mento giusto!

    RispondiElimina