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Recensione: Dead or Alive 2: Birds

By Simone Corà | giovedì 3 febbraio 2011 | 08:00

2000, Giappone, colore, 96 minuti
Regia: Takashi Miike
Sceneggiatura: Masa Nakamura

Braccati entrambi in quanto pericolosi assassini, due amici d’infanzia che non si vedevano da anni si ritrovano quasi per caso sull’isola che li ha viti crescere. Ricongiuntisi con gli amici di allora, decidono di dedicarsi alla cura dell’orfanotrofio in cui hanno vissuto da bambini, prima di unire le forze per mettere in piedi, con una strampalata indole samaritana, una società di killer.

Spiazzante, insolito, disorientante, con Dead or Alive 2: Birds Takashi Miike abbandona le lugubri seriosità del primo episodio per plasmare gli iniziali spunti yakuza in una sentita, delicata vicenda poetica. Nessun riferimento al capostipite, nessun prosieguo di storia, i collegamenti all’originale si consumano con le confermate atmosfere violente e il cast che vede i carismatici Riki Takeuchi e Sho Aikawa non più nemici giurati, bensì killer legati da una profonda amicizia. Tale sentimento, ritrovato per caso dopo una rocambolesca sparatoria e una fuga fortuita, è la spinta per una loro filosofica inversione di rotta e per i cambiamenti di tono di questo sequel-non sequel: Miike ridipinge le radici gangster di colori armoniosi, sparge buffo umorismo e squisite tenerezze per camuffare le consuete secchiate di sangue e viscere, e trasforma, rivolta, trasfigura la pellicola pur senza intaccarne lo spirito grezzo e manesco.

Esagerato nella sua feroce messinscena sanguinaria, eppure dolcissimo nel rievocare flashback d’infanzia e felici parentesi tra un brutale scontro a fuoco e l’altro, Dead or Alive 2 non è solo una splendida storia d’amicizia, un toccante ritorno alle origini, una sincera purificazione, ma è più di ogni altra cosa un film di Miike, e quindi non esiste freno alle invenzioni del prolifico regista nipponico. Dalle demenziali assurdità (durante una rissa, Mizuki, disarmato, trova aggrappato alla schiena un gigantesco mattone) alle bizzarre creazioni visive (le ali che spuntano ai due protagonisti, la radiografia tridimensionale di una testa spappolata), passando per gli spensierati, obliqui siparietti comici (la sequenza delle pertiche, il racconto dell’osceno spettacolo teatrale) e la crudele, spietata fame di sangue, su tutto emerge l’immenso talento di Miike nel costruire un frenetico crescendo non lineare, uno scombussolamento temporale fatto di scampi di passato e interrogativi del presente montati con superlativa follia (la simpatica recita per bambini contrapposta all’infinita, sanguinosissima sparatoria).

Tra le opere più rappresentative del maestro giapponese, Dead or Alive 2: Birds contiene molti, se non tutti, gli elementi tipici con cui Miike, da anni, distrugge il cinema convenzionale ricreandolo nel suo inimitabile estro.

Recensione di Dead or Alive
Recensione di Dead or Alive: Final

2 commenti:

  1. ogni volta che leggo una rece di un film di Miike sento il profumo della sua geniale follia! aahhh, l'adoro :)
    devo ancora vederlo, ho letto con finta distrazione per questo, ma una serie di aggettivi mi paiono proprio azzeccati e "miikiani".

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  2. Fallo al più presto, per me tra i suoi migliori lavori assieme a The Bird People in China e al suo contributo per i Masters of Horror. :)

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