Regia: Uwe Boll
Sceneggiatura: Uwe Boll
Bill è un ragazzo inquieto e impulsivo, facilmente irascibile e scontento dei genitori, degli amici, del lavoro e di tutto quello che gli gira attorno. Un giorno, dopo un diverbio con i suoi e una lunga chiacchierata con l’amico di sempre Evam, si costruisce un’armatura in kevlar, imbraccia due mitra, esce di casa e inizia a uccidere chiunque gli capiti a tiro.
Uwe Boll non ce la farà mai. Può cambiare genere, abbandonare i videogiochi, l’horror e il fantasy per tentare strade più seriose, ma fare il regista non è proprio il suo mestiere. E se certi critici d’oltreoceano premiano la sua evoluzione, lo incoraggiano a continuare questa recente via impegnata (ha ormai completato un film su Auschwitz!, cioè, su Auschwitz!, anche se perlomeno c’è un In the Name of the King 2 alla linea di partenza) fatta di, ehm, sguardi torvi sul mondo e, ehm, feroce critica sociale, dubito, un giorno, potremmo riavere indietro il caro, vecchio Uwe Boll di House of the Dead e Bloodrayne. Perché questo era il suo campo, pastrocchiare con sangue, tette e mostri e confezionare prodotti orribili che fanno un sacco ridere, e ora invece eccolo alle prese con un’insipida scopiazzatura dell’Elephant di Gus Van Sant, 80 minuti di atroce, lentissima, mortificante agonia.
Boll gira il tutto con piglio documentaristico, ma non possedendo alcuna tecnica regista, non una formazione, non un briciolo di qualità nascoste, fa oscillare esageratamente la camera, senza motivo, come si trovasse sulle montagne russe, creando un fastidiosissimo effetto mal di mare che non serve a nessuno. Non contento, manca tutti i bersagli possibili, scegliendo fuori campo quando servivano primi piani, focalizzandosi su aspetti secondari invece di seguire l’azione, e si dimentica infine dei momenti più brutali dopo averli fatti agognare (Un esempio? Bill litiga con un barista per via di un cappuccino, Boll tira lunghissimo con questa scena inutile con vari scambi, ehm, realistici tipo è acqua sporca, no sono il miglior barista del mondo, dammi indietro i soldi, no me li tengo io brutto buzzurro, e quando viene il momento di sforacchiare sto barista e vedere un po’ di sangue Boll cosa fa?, inquadra per un breve istante i mitra del pazzo che fanno fuoco e BASTA!).
A salvarci dal coma spunta saltuariamente qualche chicca di sceneggiatura, un grappolo di dialoghi deliranti senza alcun senso (i genitori di Bill che, primi di fargli un discorso serio sul suo futuro e sulle sue scelte di vita, ironizzano sulla loro vita sessuale, cioè, applausi) e comportamenti deficienti (una cameriera del fast food si avvicina al tavolo dove Bill sta mangiando e, per motivi probabilmente riconducibili a tumori cerebrali, gli prende il vassoio rovesciandogli addosso panini e insalata, ma davvero!, oppure Bill, con l’armatura che lo ricopre dalla testa ai piedi, va al bingo, ruba addirittura il microfono della speaker e nessuno dice NIENTE!). Ma ad affossare tutta, tutta questa montagna di pupù ci pensano le tonnellate di morali sull’uomo che rovina il mondo, sui soldi, sull’egoismo e blablabla, e non sto parlando di momenti sporadici, ma di vere e proprie porzioni, lunghe anche svariati minuti, in cui il saggio Boll ci fa la predica. Fortuna che ci sei tu, Uweuccio, e sappi che noi ti adoriamo sempre, ma per favore, torna a fare i film di una volta, ché così non ci piaci più.
Sceneggiatura: Uwe Boll
Bill è un ragazzo inquieto e impulsivo, facilmente irascibile e scontento dei genitori, degli amici, del lavoro e di tutto quello che gli gira attorno. Un giorno, dopo un diverbio con i suoi e una lunga chiacchierata con l’amico di sempre Evam, si costruisce un’armatura in kevlar, imbraccia due mitra, esce di casa e inizia a uccidere chiunque gli capiti a tiro.
Uwe Boll non ce la farà mai. Può cambiare genere, abbandonare i videogiochi, l’horror e il fantasy per tentare strade più seriose, ma fare il regista non è proprio il suo mestiere. E se certi critici d’oltreoceano premiano la sua evoluzione, lo incoraggiano a continuare questa recente via impegnata (ha ormai completato un film su Auschwitz!, cioè, su Auschwitz!, anche se perlomeno c’è un In the Name of the King 2 alla linea di partenza) fatta di, ehm, sguardi torvi sul mondo e, ehm, feroce critica sociale, dubito, un giorno, potremmo riavere indietro il caro, vecchio Uwe Boll di House of the Dead e Bloodrayne. Perché questo era il suo campo, pastrocchiare con sangue, tette e mostri e confezionare prodotti orribili che fanno un sacco ridere, e ora invece eccolo alle prese con un’insipida scopiazzatura dell’Elephant di Gus Van Sant, 80 minuti di atroce, lentissima, mortificante agonia.
Boll gira il tutto con piglio documentaristico, ma non possedendo alcuna tecnica regista, non una formazione, non un briciolo di qualità nascoste, fa oscillare esageratamente la camera, senza motivo, come si trovasse sulle montagne russe, creando un fastidiosissimo effetto mal di mare che non serve a nessuno. Non contento, manca tutti i bersagli possibili, scegliendo fuori campo quando servivano primi piani, focalizzandosi su aspetti secondari invece di seguire l’azione, e si dimentica infine dei momenti più brutali dopo averli fatti agognare (Un esempio? Bill litiga con un barista per via di un cappuccino, Boll tira lunghissimo con questa scena inutile con vari scambi, ehm, realistici tipo è acqua sporca, no sono il miglior barista del mondo, dammi indietro i soldi, no me li tengo io brutto buzzurro, e quando viene il momento di sforacchiare sto barista e vedere un po’ di sangue Boll cosa fa?, inquadra per un breve istante i mitra del pazzo che fanno fuoco e BASTA!).
A salvarci dal coma spunta saltuariamente qualche chicca di sceneggiatura, un grappolo di dialoghi deliranti senza alcun senso (i genitori di Bill che, primi di fargli un discorso serio sul suo futuro e sulle sue scelte di vita, ironizzano sulla loro vita sessuale, cioè, applausi) e comportamenti deficienti (una cameriera del fast food si avvicina al tavolo dove Bill sta mangiando e, per motivi probabilmente riconducibili a tumori cerebrali, gli prende il vassoio rovesciandogli addosso panini e insalata, ma davvero!, oppure Bill, con l’armatura che lo ricopre dalla testa ai piedi, va al bingo, ruba addirittura il microfono della speaker e nessuno dice NIENTE!). Ma ad affossare tutta, tutta questa montagna di pupù ci pensano le tonnellate di morali sull’uomo che rovina il mondo, sui soldi, sull’egoismo e blablabla, e non sto parlando di momenti sporadici, ma di vere e proprie porzioni, lunghe anche svariati minuti, in cui il saggio Boll ci fa la predica. Fortuna che ci sei tu, Uweuccio, e sappi che noi ti adoriamo sempre, ma per favore, torna a fare i film di una volta, ché così non ci piaci più.
Eh,se non ci fosse Uwe Boll bisognerebbe inventarlo...
RispondiEliminano, forse meglio di no.
Però dai,quante serate ci ha salvato,facendoci ridere.
Quante vole abbiamo detto,questa forse la giravo meglio io.
Però dai anche se Ed Wood al confronto è un genio,mi auguro di vedere qualche altro film di Uwe.
però hai ragione,fare il regista non è arte sua.
Desideravo segnalarti (se non hai già visto altre mie "tracce" in altri blog che seguiamo comunemente) che il mio blog si è spostato qui: http://psicheetechne.blogspot.com (ci tengo molto ai miei "followers" :))
RispondiElimina@ Nick: ma infatti, io lo adoro, i suoi primi film sono delle perle di comicità involontaria di rara bellezza (o bruttezza, non so come definirli XD)
RispondiEliminaPurtroppo ora si mette a fare questi film, ehm, impegnati, con il risultato che non fanno più ridere, sono soltanto brutti. :(
@ Angelo: già visto e aggiornato il blogroll! :)
Eheh ci sei andato pesante su questo film, quindi penso proprio che nemmeno Stoic potrà in qualche modo piacerti. Comunque stai tranquillo sul ritorno del vecchio Uwe, hai dimenticato di dire che stanno uscendo sia il terzo bloodrayne che blubberella, entrambi non proprio film dalle tematiche profonde :) Rampage per me è un film da 7, regia troppo caotica sì, ma ti dà comunque quel senso di adrenalina che pochi film riescono a darti. Gli altri difetti che hai elencato, sugli strani comportamenti e dialoghi di alcuni personaggi, mi paiono del tutto soggettivi, d'altronde Uwe voleva proprio dimostrare che la società è malata e sono diventate rare le condotte definibili come normali! Un caro saluto ;)
RispondiEliminaGrazie Simone :)
RispondiElimina@ Antonio: grazie del bel commento! Guarda, la recensione è negativa ma non perché un film di Boll va stroncato a prescindere (se puoi recupera Postal che a me è piaciuto ed è molto divertente), bensì proprio perché, sapendo cos'altro ha scritto il crucco in passato, certi orrori di sceneggiatura sono tali per sue mancanze, non per nascondere significati e simbolismi. Comportamenti assurdi e dialoghi deliranti in Rampage hanno lo stesso stampino degli altri suoi lavori, e penso di potertelo assicurare perché ho visto gran parte della Boll-filmografia. :)
RispondiEliminaAl di là di questo, le lungaggini sul mondo in rovina e sull'uomo che ha distrutto tutto sono momenti ultra-tediosi che un buon montaggio avrebbe ridotto a manciate di secondi o avrebbe tolto del tutto. :)
Per il resto, sugli altri suoi due lavori che citi, vero, mi ero dimenticato di segnalarli. ;)
Guarda, su una cosa non ci piove: che questo Rampage sia stato realizzato in fretta e furia, tanto che il film abbonda di fastidiosi flash-forward, un pò come se, accelerare i ritmi di narrazione, ti spoilerasse continuamente il film. Certo che se il caro Uwe non avesse abusato di telecamera a mano da mal di mare, il film avrebbe sicuramente meritato qualcosa di più. Saluti ;)
RispondiEliminaQuesto di certo, anche perché, per quanto scarno e derivativo, quello di Rampage è un buon plot. Cioè, un tizio va in città e ammazza tutti. Spettacolo! :)
RispondiEliminaperaltro rubando il titolo a un bellissimo film di Friedkin
RispondiEliminauhm, non concordo, trovo Rampage un film assai riuscito, secondo me è 100 volte meglio quella rottura di palle che era Elephant, questo Rampage l'ho sempre considerato una versione schizzata e splatter di Un giorno di ordinaria follia (con le dovute distanze, il film di Douglase è sicuramente più bello), ma il buon Uwe che ha fatto sicuramente le sue porcate ha dimostrato con questo film e col ferocissimo Stoic di saper girare anche film interessanti e parecchio scorretti.
RispondiEliminaPer me promosso ;-)