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Colui che gli dei vogliono distruggere

By Simone Corà | mercoledì 14 ottobre 2009 | 13:12

di Gianluca Morozzi
Guanda, 2009
334 pagine
16,50 euro

Daniel vive a Bologna, è proprietario di un negozio di fumetti rari, ha una splendida fidanzata e, quando veste i panni di Leviatan, fa il supereroe. Precipitato sulla Terra più di cento anni fa, Leviatan è infatti diventato il paladino della giustizia, nonché l’unico che possa fermare il perfido Ragnarok e i suoi spietati tirapiedi come David Bowie o Lou Reed. Questo perché Leviatan protegge Terra L, una Terra diversa dalla nostra, appartenente a un’altra dimensione, in cui, dal nulla degli anni 60, è spuntato Johnny Grey, un prolifico musicisita che ha scritto tutte le canzoni più importanti della storia della musica prima dei rispettivi autori, privandoli così del loro sfogo artistico e trasformandoli di conseguenza in supercrminali.
Su Terra Prima, invece, la Terra che tutti conosciamo, Kabra, leader in crisi creativa della rock band Despero, deve scrivere il Capolavoro, un singolo che possa dare risalto e rilanciare il suo gruppo, oramai deriso dai più. Ma Elettra, la nuova, pazza chitarrista, si innamora di lui e lo costringe a vivere un’odissea amorosa che, ora, proprio non ci voleva...

Colui che gli dei vogliono distruggere è un romanzo vagamente fantascientifico. Non si tratta certo della fantascienza ordinaria, fatta di astronavi, viaggi interstellari e teletrasporti, ma la presenza di universi paralleli, alieni e poteri soprannaturali lo fa comunque rientrare, per certi versi, in un genere che non ci si aspetta da Gianluca Morozzi, nonostante le sue numerose incurisioni in territori horror-thriller (Blackout tra i romanzi e Il vangelo del coyote e Factory tra i fumetti)
Ma Colui che gli dei vogliono distruggere è anche il seguito di Despero (2007), e in parte de L’era del porco (2005), romanzi che, con le loro storie ironiche, irresistibili, zeppe di rock, riflessioni sulla vita e amori non corrisposti, con la fantascienza non hanno nulla da spartire.
Colui che gli dei vogliono distruggere è quindi un lavoro bizzarro, curioso, singolare per questa struttura portante suddivisa in due universi e due rispettive storie apparentemente scollegate tra loro, ma, cosa primaria e fondamentale, è un lavoro indubbiamente morozziano in ogni singola pagina.

E allora si ride, e di gusto, così come le risate, sprigionate da uno stile fresco ed esilarante, erano state il punto di forza di Despero e L’era del porco. Covo un amore piuttosto straripante verso quest’ultimo romanzo, lo ficco tranquillamente tra i miei dieci preferiti di sempre, ed è quindi un piacere immenso poter riassaporare certe atmosfere e incontrare di nuovo un personaggio strampalato come Elettra.
Ma, al di là della facile devozione, che potrebbe trascinare anche il critico più cinico in territori poco consoni, è innegabile che Morozzi, con la sua narrazione in prima persona al presente, riesca sempre a essere incontenibile, un frullatore di protagonisti tanto assurdi ed esagerati quanto carismatici (Santiago e la sua omosessualità prorompente, i folli ospiti del talk-show, Sandra e il suo modo di intendere amore e lavoro), che rimangono impressi nel giro di una frase e sprizzano simpatia convulsa.

Tuttavia, Colui che gli dei vogliono distruggere non è un romanzo perfetto, come lo poteva essere L’era del porco nella sua demenzialità esasperata o Despero nella semplicità ben congegnata.
Se nella parte inerente a Kabra e alle sue disgrazie amorose Morozzi appare sicuro, travolgente, narratore di una storia precisa e ben delineata, nell’universo supereroistico di Daniel, dopo un divertente inizio tra incomprensioni di cuore ed eccentrici superpoteri, traspare un po’ di leggerezza e, più che altro, la sensazione che ci fosse molto, molto, molto di più da raccontare.

Troppe cose, purtroppo, vengono lasciate nell’ombra, o spiegate concedendosi largo spazio alla genericità, come se fosse urgente arrivare alla fine, in modo da far coincidere le due storie parallele. E quindi si soffre, per esempio, nel colloquio tra i supercriminali, dove vengono portate alla luce troppe informazioni in troppe poche righe, o nell’astio che serpeggia tra Leviatan e Ragnarok, reso noto forse con una superficialità che non soddisfa pienamente.
Va da sé, quindi, che la freschezza delle prime pagine soffoca a poco a poco, fino a venire strozzata in una narrazione che, ahimé, diverte davvero poco, persa com’è in una linearità non molto accattivante, con la quale si spera soltanto possa finire presto in modo da rituffarsi su Terra Prima e spanciarsi con le disavventure di Kabra.

Piace comunque, nonostante non tutti i fili vengano tirati con la chiarezza dovuta e si avverta una sospensione finale, non del tutto motivata, scoprire quale sia lo scopo ultimo dei due universi e cosa li colleghi, ed è impossibile non immedesimarsi e sentirsi un po’ Cristian Cabra, in arte Kabra, nella sua ultima, intensa riflessione che chiude la sua storia.

Colui che gli dei vogliono distruggere è probabilmente un’opera troppo ambiziosa, che finisce per non centrare tutti i bersagli prefissati. Se da una parte troviamo un Morozzi in splendida forma, perfettamente a suo agio in contesti musicalromantici a lui ideali, dall’altra stile e storia appaiono un po’ fuori fuoco, sprecando le potenzialità esplosive dello spunto iniziale.
Ciò non toglie una certa genuinità al romanzo, nonché un’apprezzabile vena creativa e di fantasiosa originalità, elementi che, malgrado tutto, mi spingono a consigliare il romanzo, ma solo dopo essere morti di risate con L’era del porco e Despero.

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