Regia: Chris Gorak
Sceneggiatura: Chris Gorak
In seguito a numerose esplosioni che rilasciano materiale tossico nell’aria, Brad è costretto a barricarsi in casa, mentre sua moglie Lexi tenta di sopravvivere nella zona del disastro.
Budget risicato ma tante idee, Right at your door cresce di sospiro in sospiro attraverso un substrato psicodialogico che permette a Brad, Lexi e vari comprimari di trapassare lo schermo in più di un’occasione. La tensione che si accumula in una pellicola costituita quasi esclusivamente su dialoghi e smorfie di preoccupazione implica la diretta partecipazione agli eventi che segnano la Los Angeles raccontata da Chris Gorak. Una Los Angeles che, giustamente, impazzisce al momento dell’esplosione delle bombe chimiche, creando caos, confusione, istinto omicida di sopravvivenza – il tutto scandito dal ritmico notiziario della radio, che aggiorna la situazione per tutti i novanta minuti del film –, per poi essere messa da parte in favore degli eventi che segneranno per sempre le vite di Brad e Lexi.
Ancorato in una casa di plastica il primo, non molto distante dal cuocere vivo per via del nastro adesivo che serra ogni fessura e impedisce alle tossine di entrare all’interno, esposta alla cancrena chimica la seconda, vivono un impossibile rapporto vicino/lontano, simbolicamente e materialmente rappresentato dalla tela trasparente che li divide.
Va da sé che per costruire due terzi di una pellicola soltanto su una coppia di sposini che vede pian piano, inesorabilmente, la fine del loro matrimonio, si necessita di una buona maestria nel delineare dialoghi e stati d’animo. E bontà vuole che Gorak riesca a eccellere nella stesura di uno script brillante e vincente, anche se questo, giocoforza, continua a girare attorno a se stesso, sfiorando, palpando e rigirando i temi trattati in continuazione.
Va da sé che per costruire due terzi di una pellicola soltanto su una coppia di sposini che vede pian piano, inesorabilmente, la fine del loro matrimonio, si necessita di una buona maestria nel delineare dialoghi e stati d’animo. E bontà vuole che Gorak riesca a eccellere nella stesura di uno script brillante e vincente, anche se questo, giocoforza, continua a girare attorno a se stesso, sfiorando, palpando e rigirando i temi trattati in continuazione.
Fondamentale comunque l’apporto di una coppia di attori affiatata (insicuro ed esitante Rory Cochrane, decisa e rabbiosa Mary McCormack), che rende viva la disperazione che fa perdere loro i capelli e li conduce un po’ alla volta alla pazzia. Buono anche il lavoro delle figure comprimarie, che regalano un contorno di personaggi sì di secondo piano, ma di grande respiro psicologico per l’approfondimento della trama.
Maschere antigas e cattiveria abbondante invece per i soldati, disegnati come consuete impersonificazioni del male, privi di sentimento e di cervello. Un attacco antimilitarista sicuramente un po’ troppo facile, soprattutto se paragonato alla profondità strutturale della pellicola, ma che, calati nel contesto, scaturisce un odio liberatorio che fa sempre piacere provare.
Maschere antigas e cattiveria abbondante invece per i soldati, disegnati come consuete impersonificazioni del male, privi di sentimento e di cervello. Un attacco antimilitarista sicuramente un po’ troppo facile, soprattutto se paragonato alla profondità strutturale della pellicola, ma che, calati nel contesto, scaturisce un odio liberatorio che fa sempre piacere provare.
Gorak filma con camera a mano, per sottolineare l’insicurezza e la fragilità di qualsiasi carattere sottoposto a una pressione insostenibile, per poi esplodere in un finale di rara cattiveria. Ad accompagnarlo, un reparto musicale minimalista e ossessivo, a tratti anche fastidioso nella sua predissequa ripetizione di suoni e rumori.
Abbiamo tra le mani un prodotto a tratti sorprendente, per la naturalezza con cui un certo realismo da fiction diventa concreto e possibile (niente horror, qui, quindi zero mostri, zombie, cavallette mutanti ed emo cannibali). Da vedere.
necessita di verificare:)
RispondiEliminaSi, probabilmente lo e
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