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Supplizia

By Simone Corà | sabato 13 settembre 2008 | 10:24

2007, Italia, colore, 32 minuti
Regia: Danilo Montagna
Sceneggiatura: Danilo Montagna
Cast: Alessandro Teusch, Danilo Montagna, Jacopo Misté

Alex si risveglia inspiegabilmente in un luogo ostile e terribile, dove chi vi abita soffre provando strazianti pene sanguinolente. Una misteriosa figura dai capelli sul volto lo guida in questo bizzarro universo.

Dopo secoli di suppliche, questa è finalmente la prima opera della INRI Studio che riesco a vedere. Lo so che a voi questo nome non dice niente, ma chi conosce Jacopo Misté, alias God 87, probabilmente ha sentito parlare di questo circolo di subumani nerd che fanno cortometraggi.
Supplizia, a firma Danilo Montagna (che è autore di tutto tranne che delle musiche), a scanso di equivoci per i Pochi Che Sanno, non fa parte del ramo demenziale della INRI Studio, ma bensì della piccola oasi di serietà che in quella particolare zona di Bassano del Grappa è piuttosto difficile riuscire a immaginare.

Se il Misté ormai lo conosco bene, visti i soggiorni nella Casa Del Male che lo ospita e le lunghe ed estenuanti scarpinate in quel di Padova, ho stretto la mano a Danilo soltanto poco tmepo fa, quindi chiacchiero volentieri a proposito del suo mediometraggio senza tanti problemi di masturbazioni a vicenda, che insomma, lui è ancora giovine e magari certe tecniche segrete del mondo della critica ancora non le conosce.
Che poi, insomma, se posso fargli un po’ di pubblicità mi rende felice e pieno di gioia, roba da raccogliere margherite, ecco.

Quello che colpisce subito di Supplizia è il lavoro svolto in fase di regia e di montaggio. Si potrebbe parlare di eccessivo compiacimento o pura tecnica fredda e sterile, ma quando la mdp si avventura in movimenti senza sosta, angolature insuali (bello il sangue vomitato direttamente sull’obiettivo), lunghe soggettive, split screen di vari tipi, forma e sostanza, e anche qualche piccola invenzione riuscita (il gioco sonoro/immagine nel flashback, per esempio), è facile che mi dimentichi di tutto il resto. Insomma, a me piacciono i film di Bekmambetov, che penso di essere l’unico al mondo, e per di più me ne vanto.
Al di là di tante parole vuote, comunque, si vede che Danilo la camera la sa tenere in mano e soprattutto la sa far muovere: basta vedere il prologo per constatare la cura nelle riprese e nel lavoro di taglia e cuci, piuttosto serrato e senza respiro.

Tuttavia, visto che si sta pur sempre facendo un’analisi e non un servizietto, le parole da spendere a spandere per la sceneggiatura sono meno entusiastiche.
Anche se tutt’altro che rivoluzionaria, l’idea del limbo che sorregge il tutto è buona, ben calibrata e impreziosita da un’impronta sociale ben marcata (suicidio, solitudine e sogni sono i temi trattati). Tutto ciò risplende nella manciata di minuti che costituisce il prologo, ben gestito sia nella struttura che nei dialoghi. Poi la pellicola si trasforma in un viaggio onirico al quale Danilo cerca di stare dietro con un linguaggio ricercato e ambizioso, che però in più di un’occasione paga dazio all’inesperienza narrativa. Serviva di certo un’omogeneità più forte dal punto di vista dialogico, mentre invece, tra salti colloquiali e pensieri parlati in maniera un po’ superficiale, si rimanda a settembre per l’esame di riparazione.

Ma d’altronde a vent’anni è difficile saper gestire la penna come si vorrebbe, soprattutto in un progetto come Supplizia che, almeno dal di vista lessicale, è piuttosto ambizioso. Il tempo aiuterà. E insomma, dài, io a 21 anni erravo nella società senza meta e sapevo a malapena l’alfabeto, e ora, a soli cinque anni di distanza, guardate che bel pezzo di ragazzo che sono.

Molto particolare invece la scelta cromatica, incentrata su colori scurissimi, bui e opprimenti nel prologo e nel segmento in cui Alex si risveglia, per poi esplodere in un blu totale che rende l’ambiente freddo, duro e alieno.

Riuscita anche la colonna sonora, che si fregia di una fantastica opening e di un bel tema portante. Insomma, si possono fare cose meravigliose con i tasti d’avorio, e le mie orecchie ne sono molto felici.

Prendendolo per quello che è, e cioè un mediometraggio amatoriale realizzato con zero soldi, Supplizia ha sicuramente delle frecce nel suo arco che ne rendono piacevole e curiosa la visione (la regia virtuosistica, la poeticità del prologo, il soggetto) così come ha un’inevitabile serie di difetti più o meno evidenti (in futuro servirà una migliore gestione dei tempi, un uso più sobrio del gore, un’attenzione più incisiva nell’uso delle armi, che, eh, la fisica esiste, purtroppo), che il tempo un po’ alla volta insegnerà come sconfiggere. Insomma, parole e commenti che più banali di così si muore e che un recensore non dovrebbe MAI scrivere, ma penso che in questo caso possano andare benissimo. Perché qualità e stile si notano subito, e quando Danilo farà sua una certa maturazione artistica anche sotto il profilo narrativo, sarà meglio cuocere un bel po’ di pop corn.

Per informazioni, richiedere il film, proposte di matrimonio e confezioni formato famiglia di banane, rivolgersi qui: domicron@alice.it

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