68 Kill (2017)

By Simone Corà | venerdì 6 ottobre 2017 | 00:01

Una montagna di soldi, un esercito di personaggi strambi, parecchie fucilate in testa e un cumulo di cadaveri nel nuovo film di Trent Haaga     

Bryan Smith è uno dei colossi dell’horror hardcore, quella frangia estrema e provocatoria che non pone alcun freno alle peggiori depravazioni che possono accompagnare il terrore più genuino. Smith, come spesso accade per Edward Lee, padre putativo del sottogenere, è uno a cui piace scherzare pesante, frullando senza pietà ma con assurda leggerezza i lati più disparati dell’estremo: macellazioni gratuite, abusi amplificati, degenerazioni sessuali, va bene tutto basta che sia irrispettoso e trucidissimo. C’è a chi a piace, a chi meno, in America è un genere che va forte e questi autori hanno una media encomiabile di tre, quattro romanzi all’anno. 
68 Kill, del 2013, è uno dei romanzi meno noti e meno rappresentativi delle sue dissolutezze soprannaturali, ma è una di quelle storie dal cuore pulp che, nel suo tornado polveroso di pupe, pallottole, personaggi stravaganti e fucilate in testa, si prestano meravigliosamente al cinema: era solo questione di tempo prima che qualcuno ne acquistasse i diritti per schizzare la pellicola di sangue e fluidi organici di ogni tipo.
Questo qualcuno è Trent Haaga, attore, sceneggiatore e regista di un’infinita di prodotti horror underground sparsi tra la Troma, la tv e il direct to video, ma con alcuni lavori a budget e target più consistenti come le sceneggiature per la deliziosa commedia nera Cheap Thrills e soprattutto quel macigno di Deadgirl. È uno che nell’ambiente ci vive e se ne nutre da vent’anni, che conosce benissimo la materia e che sa a cosa mirare per far divertire, o disgustare, chi guarda. Non è il massimo delle aspirazioni, ma nell’attesa di un aggiustamento di ideali per spaccare crani e stomaci come ha già saputo fare in passato, accontentiamoci di questa crime story ultraviolenta e molto spassosa.

Sono passati sei anni dalla sua precedente prova da regista, lo spiritoso e schizzato Chop, e 68 Kill rimane sulle stesse coordinate di commediaccia sanguinolenta, ma con un budget e un’esperienza maggiori che gli permettono di definire meglio lo smalto umoristico con cui ricoprire una lunga serie di nefandezze tra l’esagerato e l’impossibile.
Quel 68 fa riferimento ai 68.000 dollari che Liza, escort stanca di una vita piatta e senza futuro, ruba a uno dei suoi clienti, scatenando ben presto un effetto domino di eventi a dir poco inconcepibili. Da un furtarello in apparenza semplice semplice passiamo infatti a omicidi a sangue freddo, commercio di essere umani, film snuff, macellai killer, prostitute guerriere e molte altre cose ben poco probabili ma che ben rappresentano l’universo distorto in cui è ambientata la storia, oltre all’atmosfera in bilico tra misera disperazione e follia violentissima che impregna tutto il film. È un gioco al rilancio in un ambiente sociale che sembra non avere alcun compromesso e dove tutto è possibile per un gruzzolo di soldi e una lattina di birra scadente, un accumulo di situazioni allucinanti che vanno a complicare sempre di più la notte di Chip Taylor, il fidanzato di Liza e complice involontario di una catena di omicidi senza fine.
Il tono è chiaramente sopra le righe, le situazioni che spingono alla risata si possono in realtà contare sulle dita di una mano ma il clima è molto divertito e si finisce per seguire le peripezie della coppia con un sorriso perenne in faccia, perché se la nottata di Chip è un bel tour de force di pazienza anche le corse disperate di Liza hanno un bel peso e non si sa quasi per chi fare il tifo.   
  

Ammutolendo ogni personaggio maschile e rendendoli degli inetti, ritardati, incompleti, incapaci di fare anche la minima stupidaggine senza un aiuto femminile, forse 68 Kill vorrebbe in qualche modo essere un film femminista (e non è un caso che la presentazione su imdb faccia riferimento proprio a questo): attraverso Liza, Violet e Monica Haaga spinge la donna a un ruolo predominante, disegnando quasi un mondo dove ogni uomo è sottomesso al suo potere, ma tra immagini lascive, pose sexy, corpi esposti e scatti di pazzia, ne esce un quadro un po’ sbilenco e difficile da comprendere bene dove sì, le donne hanno le redini della società, ma se la gestiscono solo per mezzo di poppe, chiappe e repentini cambi d’umore. È un po’ poco per affrontare l’argomento, l’accetta sarebbe meglio usarla su teste e braccia per spargere sangue, cosa che Haaga sa fare molto bene, piuttosto che servirsene per definire motivazioni e ideali, e se si può lodarne l’intento, viene anche da alzare la mani perché, alla fine, non ho mica capito se 68 kill parli realmente anche di questo o solo di un ragazzotto un po’ retard con il vizio di innamorarsi di chiunque e che vive come un ebete in un mondo di donne che non sa capire e alle quali non sa mai cosa dire. Boh.

Ciò non toglie il divertimento perché Matthew Gray-Gubler e AnnaLynne McCord, insieme ancora una volta (è il terzo film dopo Excision e Trash Fire), spargono pazzia e simpatici disturbi psicologici con un ritmo forsennato dove prima si spara e poi forse si pensa. Se vi piacciono le storie di equivoci e coincidenze scellerate, con parecchio sangue e corpi mutilati a inzupparle, 68 kill è un bel riempitivo per queste prime serate fredde.   

5 commenti:

  1. Ce l'ho in rampa di lancio, tornerò a leggerti tra qualche giorno :)

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    1. In realtà i dialoghi non sono così difficili, al di là di qualche battutina magari più in slang il resto mi è sembrato abbastanza semplice anche con sub eng :)

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  3. Visto! Molto piacevole, divertente anche nei momenti più cretini. In alcune scene (tipo l'inseguimento in macchina) si nota una certa poraccitudine, ma per il resto il film si presenta bene. Presto lo recensirò anche dalle mie parti! (mia moglie non concorda, ovviamente!)

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    1. Ahahahah!
      Comunque sì, è sciocco e divertente, molto esagerato e stupidotto ma anche alcuni picchi di strambissima meraviglia.
      Aspetto di leggerti, allora! :)

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