Una montagna di
soldi, un esercito di personaggi strambi, parecchie fucilate in testa e un
cumulo di cadaveri nel nuovo film di Trent Haaga
Bryan Smith è uno
dei colossi dell’horror hardcore, quella frangia estrema e provocatoria che non
pone alcun freno alle peggiori depravazioni che possono accompagnare il terrore
più genuino. Smith, come spesso accade per Edward Lee, padre putativo del
sottogenere, è uno a cui piace scherzare pesante, frullando senza pietà ma con
assurda leggerezza i lati più disparati dell’estremo: macellazioni gratuite,
abusi amplificati, degenerazioni sessuali, va bene tutto basta che sia
irrispettoso e trucidissimo. C’è a chi a piace, a chi meno, in America è un
genere che va forte e questi autori hanno una media encomiabile di tre, quattro
romanzi all’anno.
68 Kill,
del 2013, è uno dei romanzi meno noti e meno rappresentativi delle sue
dissolutezze soprannaturali, ma è una di quelle storie dal cuore pulp che, nel
suo tornado polveroso di pupe, pallottole, personaggi stravaganti e fucilate in
testa, si prestano meravigliosamente al cinema: era solo questione di tempo
prima che qualcuno ne acquistasse i diritti per schizzare la pellicola di
sangue e fluidi organici di ogni tipo.
Questo qualcuno è
Trent Haaga, attore, sceneggiatore e regista di un’infinita di prodotti horror
underground sparsi tra la Troma, la tv e il direct to video, ma con alcuni lavori
a budget e target più consistenti come le sceneggiature per la deliziosa
commedia nera Cheap Thrills e
soprattutto quel macigno di Deadgirl.
È uno che nell’ambiente ci vive e se ne nutre da vent’anni, che conosce
benissimo la materia e che sa a cosa mirare per far divertire, o disgustare,
chi guarda. Non è il massimo delle aspirazioni, ma nell’attesa di un
aggiustamento di ideali per spaccare crani e stomaci come ha già saputo fare in
passato, accontentiamoci di questa crime story ultraviolenta e molto spassosa.
Sono passati sei
anni dalla sua precedente prova da regista, lo spiritoso e schizzato Chop, e 68 Kill rimane sulle stesse coordinate di commediaccia
sanguinolenta, ma con un budget e un’esperienza maggiori che gli permettono di
definire meglio lo smalto umoristico con cui ricoprire una lunga serie di
nefandezze tra l’esagerato e l’impossibile.
Quel 68 fa
riferimento ai 68.000 dollari che Liza, escort stanca di una vita piatta e senza
futuro, ruba a uno dei suoi clienti, scatenando ben presto un effetto domino di
eventi a dir poco inconcepibili. Da un furtarello in apparenza semplice semplice
passiamo infatti a omicidi a sangue freddo, commercio di essere umani, film
snuff, macellai killer, prostitute guerriere e molte altre cose ben poco
probabili ma che ben rappresentano l’universo distorto in cui è ambientata la storia,
oltre all’atmosfera in bilico tra misera disperazione e follia violentissima
che impregna tutto il film. È un gioco al rilancio in un ambiente sociale che
sembra non avere alcun compromesso e dove tutto è possibile per un gruzzolo di
soldi e una lattina di birra scadente, un accumulo di situazioni allucinanti
che vanno a complicare sempre di più la notte di Chip Taylor, il fidanzato di Liza
e complice involontario di una catena di omicidi senza fine.
Il tono è
chiaramente sopra le righe, le situazioni che spingono alla risata si possono in
realtà contare sulle dita di una mano ma il clima è molto divertito e si
finisce per seguire le peripezie della coppia con un sorriso perenne in faccia,
perché se la nottata di Chip è un bel tour de force di pazienza anche le corse
disperate di Liza hanno un bel peso e non si sa quasi per chi fare il tifo.
Ammutolendo ogni
personaggio maschile e rendendoli degli inetti, ritardati, incompleti, incapaci
di fare anche la minima stupidaggine senza un aiuto femminile, forse 68 Kill vorrebbe in qualche modo essere
un film femminista (e non è un caso che la presentazione su imdb faccia
riferimento proprio a questo): attraverso Liza, Violet e Monica Haaga spinge la
donna a un ruolo predominante, disegnando quasi un mondo dove ogni uomo è
sottomesso al suo potere, ma tra immagini lascive, pose sexy, corpi esposti e
scatti di pazzia, ne esce un quadro un po’ sbilenco e difficile da comprendere
bene dove sì, le donne hanno le redini della società, ma se la gestiscono solo per
mezzo di poppe, chiappe e repentini cambi d’umore. È un po’ poco per affrontare
l’argomento, l’accetta sarebbe meglio usarla su teste e braccia per spargere
sangue, cosa che Haaga sa fare molto bene, piuttosto che servirsene per
definire motivazioni e ideali, e se si può lodarne l’intento, viene anche da
alzare la mani perché, alla fine, non ho mica capito se 68 kill parli realmente anche di questo o solo di un ragazzotto un
po’ retard con il vizio di innamorarsi di chiunque e che vive come un ebete in un
mondo di donne che non sa capire e alle quali non sa mai cosa dire. Boh.
Ciò non toglie il
divertimento perché Matthew Gray-Gubler e AnnaLynne McCord, insieme ancora una
volta (è il terzo film dopo Excision
e Trash Fire), spargono pazzia e simpatici
disturbi psicologici con un ritmo forsennato dove prima si spara e poi forse si
pensa. Se vi piacciono le storie di equivoci e coincidenze scellerate, con
parecchio sangue e corpi mutilati a inzupparle, 68 kill è un bel riempitivo per queste prime serate fredde.
Ce l'ho in rampa di lancio, tornerò a leggerti tra qualche giorno :)
RispondiEliminapeccato che non ci sono i sub ITA
RispondiEliminaIn realtà i dialoghi non sono così difficili, al di là di qualche battutina magari più in slang il resto mi è sembrato abbastanza semplice anche con sub eng :)
EliminaVisto! Molto piacevole, divertente anche nei momenti più cretini. In alcune scene (tipo l'inseguimento in macchina) si nota una certa poraccitudine, ma per il resto il film si presenta bene. Presto lo recensirò anche dalle mie parti! (mia moglie non concorda, ovviamente!)
RispondiEliminaAhahahah!
EliminaComunque sì, è sciocco e divertente, molto esagerato e stupidotto ma anche alcuni picchi di strambissima meraviglia.
Aspetto di leggerti, allora! :)