Una telecamera e un sacco di vecchie VHS per
risolvere uno dei più intriganti casi di abduction: le Phoenix Lights. Alla
faccia di Giacobbo
Coincidenza vuole che Phoenix Forgotten si renda disponibile pochi giorni dopo The Triangle, e che del film sul gruppo
hippy che nasconde involontariamente un mistero cosmico, riprenda le stesse
buone intenzioni per una nuova e più precisa interpretazione dei mockumentary,
soffrendone al tempo stesso dei medesimi difetti. Prodotto da Ridley Scott, con
un budget (quasi tre milioni di dollari) altissimo per la semplicità e la
compostezza inscenate, il film di Justin Barber è un piacevole documentario
fittizio che prende spunto da un fatto di cronaca rimasto insoluto, la
sparizione di tre ragazzi in seguito a uno dei casi più noti di avvistamento
UFO. Inscenare una ricostruzione nella ricostruzione è la scelta migliore
nonché probabilmente la vera difficoltà per chi cerca, nel 2017, di dare un
senso ai found footage, quando ormai le sequenze più paurose vengono suggerite
e annullate da anni e anni di film fotocopiati senza troppi pensieri. Fingere
di scavare in un passato artefatto permette invece di solleticare ancora quelle
papille che credevo anestetizzate, e anche se pure in questo caso non mancano
telecamere traballanti, corse a perdifiato in luoghi sconosciuti, smarrimenti,
disorientamenti e figure che a malapena si intravedono sullo sfondo smagnetizzato
della VHS di turno, la dose di inquietudine è resa tale da una concretizzazione
degli eventi che è sempre meno facile incontrare.
Sophie torna nella città in cui è cresciuta con
l’intenzione di riesumare i vecchi materiali legati al fratello scomparso ormai
molti anni prima. Tra videocassette, registrazioni, documenti e interviste, Sophie
cerca di ricostruire gli attimi prima della sparizione e di fare un quadro
sugli eventi, forse soprannaturali, accaduti in quel periodo, fino a quando
entrerà in possesso di un filmato che nessuno prima d’ora ha avuto modo di
vedere. Barber giocherà anche facile con gli elementi più classici dei
rapimenti alieni (avvistamenti, movimenti sospetti della polizia, i militari
che zittiscono tutti), ma quello che fa la differenza è la capacità di tirare
in piedi tre personaggi che presto diventano il fulcro del film, tanto che la
stessa Sophie (e il suo cameramen a malapena presentato) verranno di volta in
volta sovrastati, per importanza e affetto, dalla storia di John, Ashley e
Mark. Giovani simpatici, di buon cuore, avventurosi, protagonisti carismatici con
cui è facile empatizzare e per i quali si fa il tifo anche quando vengono
suggerite tensioni sessuali che potrebbero portare a malumori e vendette
trasversali, Phoenix Forgotten è
proprio il film di John, il tipico ragazzo un po’ solitario e che fatica a
legare con gli altri, che per primo filmò l’inseguimento aereo dell’esercito ai
danni di un probabile vascello extraterrestre in viaggio sul nostro pianeta.
Scoprire cosa si cela dietro il fatto non può che portare a strade pericolose e
facilmente prevedibili, ma non è tanto sulle sorprese che se la cava Barber, ma
sulla potenza di tre caratteri molto diversi ma saldamente legati di fronte
all’ignoto. Sa dove spingerli, sa come farli litigare, sa come riprenderli in mano e accompagnarli lungo una storia magari banale (per carità, lo è), ma grazie a loro molto più accattivante e coinvolgente di un qualsiasi, scolorito Blair Witch (quello nuovo, non il capolavoro del '99), che coi personaggi preferisce uno stupido approccio yankee di giovani idioti, molesti e insopportabili dopo trenta secondi.
Come ogni buon mockumentary che si rispetti, i
primi due atti sono ovviamente un ponte per quello che succede nel terzo, e
parlando di abduction non è difficile immaginarsi quale sia la sorte dei tre
ragazzi. Eppure Barber sa fermarsi e beccare i canali giusti, senza mai cercare
sensazionalismi per sfiorare nuove corde, tanto che la stessa, lunga sequenza
finale, per quanto suggerita sin dai primi minuti, è molto godibile nella sua
confusione trasformista e nel baccano metallico che divora il suono. Il resto è
una corposa strizzata d’occhio a The Blair Witch Project (quello vecchio, non la stupidaggine del 2016), perché tra richiami nel buio e strade sbagliate sembra
davvero di trovarsi ancora una volta nel bosco della strega di Blair, ma sceneggiatura
e regia sono abbastanza competenti per evitare una banale imitazione, dando in
qualche modo un’anima ad alcune soluzioni di certo poco originali.
A differenza di The Triangle, che calpesta seriosamente un terreno forse troppo
difficile ma affrontato a pieno petto, Phoenix
Forgotten ha palesemente un approccio più leggero e sensibile a un pubblico
adolescenziale: il pretesto per mettere insieme le VHS è abbastanza sciocco ma
è talmente laterale da rimanere piacevolmente insoluto. È sicuramente questo il
suo difetto più grosso, perché sembra che Barber non sia davvero in grado di
assemblare un documentario abbastanza falso per sembrare vero, e piuttosto che
provarci lo lascia a metà andandoci già pesante con i filmati di repertorio,
dove si trova più a suo agio. Con una maggiore cura nel definire un personaggio
monco come Sophie e nell’accerchiarla dai tipici musi duri di chi non vuole
sganciare informazioni, avremmo avuto ben altro materiale di cui parlare,
invece bisogna solo accontentarsi di un piacevole filmetto estivo, fatto bene,
sincero, con una linearità ispessita da buoni personaggi. Oh, io mi sono
divertito.
Magari l'argomento è qui affrontato in maniera lieve e indolore, ma per un approfondimento (ovviamente incompleto e del tutto personale) sulle abduction cinematografiche e sui loro aspetti più inquietanti e truculenti, potete trovare qualche dritta sanguinosa nell'articolo di qualche mese fa "L'orrore delle abduction: otto film sui rapimenti alieni"
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