Il film più atteso del 2017 è una bomba di grovigli
tentacolari e abissi cosmici. La recensione di The Void.
Attesissimo come pochi, e da queste parti
probabilmente l’horror su cui più sbavavo, The Void arriva con il suo carico di strilloni e battage pubblicitario
inevitabilmente gonfiati rispetto al prodotto finale, ma se questo meraviglioso
tunnel dell’orrore è quello che ci si può godere nonostante una forse
comprensibile narrazione pasticciata e confusella, ben vengano mille errori
come quelli che infestano il film di Jeremy Gillespie e Steven Kostanski.
I due sono ormai il motore del collettivo
Astron-6, che dal 2011 dispensa parodie nostalgiche che fanno il verso alle
produzioni Troma (Father’s Day), alla
fantascienza anni Ottanta (Manborg) e
al giallo italiano (The Editor). Gillespie
e Kostanski possiedono entrambi un discreto curriculum artistico nel cinema horror
più mainstream, in particolar modo il secondo che, da anni, costruisce
mostruosità e creature anche per Roth e Del Toro, non dev’essere quindi così
faticoso il passaggio dalla comicità demenziale alla pesantezza di un horror
cosmico con enormi e gustosissimi richiami all’immaginario di Lovecraft, al
Carpenter più oscuro de La Cosa, alla
furia splatter del cinema di Yuzna e alle deformazioni gore di Screaming Mad George.
L’impatto di The
Void è quello fisico e bestiale di un film che non nasconde nulla:
mutazioni fisiche, creature deformi, tentacoli che scavano nella carne,
bestialità complesse e misteriose, il tutto affogato in un’atmosfera sulfurea
di costellazioni lontane, squarci galattici e scenari alieni. L’ospedale che fa
da sfondo all’assalto dei cultisti biancovestiti è sufficientemente vuoto e
sporco per accogliere l’ondata di sangue e carne in arrivo, e le gestualità
enigmatiche dei membri della setta favoriscono un clima saturo di follia
sanguinaria.
I mostri, pompatissimi dai vari portali specializzati,
che dovevano un po’ essere il grande richiamo del film, seppur golosi nelle
contorsioni viscide, nel dispiego di protesi e gonfiori tumorali, nella
sequenza di carne da macello, di ossa spezzate e articolazioni infernali,
soffrono inevitabilmente il budget non elevato dell’opera, e per quanto
Gillespie e Kostanski possano essere abituati a lavorare in economia, sembra
che il compromesso necessario impedisca all’impetuosità mostruosa di emergere
in tutta la sua demoniaca fantasia. Per carità, momenti come la fioritura tentacolare in sala parto o il colosso taurino nella parte finale saziano parecchio, eppure il montaggio ultrarapido, le inquadrature furbe e la perenne oscurità invalidano molte sequenze che, con qualche moneta in più, avrebbero probabilmente ridisegnato l'horror cinematografico da qui in avanti.
Ma in realtà il fulcro di The Void è una concezione dell’orrore straordinaria, è una
schiacciante, annichilente sensazione di perdita, di totale smarrimento tra
pareti di carne, pezzi di cadaveri ricuciti, tessuti grondanti sangue, apparizioni
spettrali, portali stellari, dimensioni ancestrali e divinità pazze, tutto
accentuato dalla frenesia costruita dalle generose e insistenti aperture
splatter.
Tutto il resto diventa materiale accessorio
forse non così importante. Lo scontro visivo è così vigoroso da sbriciolare le
lacune nello storytelling, dove storia e personaggi piacevoli e ben costruiti
vengono travolti da grosse parti mancanti e troppa, troppa carne al fuoco, come
se quello che viene mostrato fossero soltanto brandelli di un intreccio più
complesso ma ahimè a noi sconosciuto. Si intuiscono motivazioni, background e rivalse, ma tutto sfuma dalla compressione narrativa che riduce ogni storia personale a non più di qualche criptico fotogramma. Ma va bene, va benissimo anche così,
perché sebbene l’horror indipendente si stia ormai muovendo verso una
costruzione orrorifica sempre più concreta, abbandonando le più comode ma
sterile facilitazioni in CG, non siamo più abituati a un assalto old school
come questo, che tira in ballo tutto il meglio dell’orrore degli anni Ottanta,
cinematografico e cartaceo (impossibile non pensare alla carnografie barkeriane
tra i vari grovigli tentacolari e le scorticazioni finali).
The
Void è un film che non setta nuovi standard, semmai
concede nuove possibilità a un immaginario che ha sempre bisogno di essere
stimolato e incoraggio, ed è pertanto esempio da seguire a occhi chiusi. Facciamo
il tifo per Gillepsie e Kostanski: mai come adesso l’horror necessita della loro visione.
Segnato xD
RispondiEliminaBenone!
EliminaConcordo con il tuo pensiero, The Void ha difetti e limiti che gli impediscono di diventare un innovatore nel genere ma rimane una piacevole visione di orrore fisico e cosmico. Poi io sono un sempliciotto, se mi piazzi mostri e mutazioni corporee rimango soddisfatto.
RispondiEliminaIn realtà è una cosa strana. In altre occasioni di così grandi aspettative forse sarei rimasto più deluso, ma in fondo The Void dà tutto quello che prometteva, e cioè mostri, splatter, squarci cosmici e quant'altro.
EliminaE' vero, è confuso e non sempre sensato, ma per una volta credo che questo aspetto diventi secondario perché l'impatto è incredibile e regge benissimo. Erano anni che non usciva un horror con questa aggressione visiva, solo Baskin l'anno scorso aveva avuto le stesse intuizione sebbene si fosse spostato su cose più oniriche e surreali di stampo autoriae.
Qui è horror grezzo, muscoloso, purissimo. Fantastico.
E ora avanti così, speriamo che siano in tanti ora a prendere ispirazione.
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