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Prevenge (2016)

By Simone Corà | venerdì 12 maggio 2017 | 00:01

Una donna in cerca di vendetta, guidata dalla figlia che porta in grembo. Prevenge, un brillante horror inglese                                                                       

Alice Lowe fa parte di quegli attori che non riescono a stare davanti alla telecamera e ne subiscono il fascino. Di solito la strada è in qualche modo corta e il passaggio in cabina di regia può essere naturale a un certo punto del percorso artistico, ma la Lowe invece ha preferito un diverso approccio graduale, scrivendo prima la black comedy Sightseers e, solo nel 2016, agguantare anche il ruolo da regista per questo singolare Prevenge
Ne nasce una storia in bilico tra umorismo nerissimo e improvvise aperture horror, dominate dall’unione dei due termini che formano il titolo, pregnant e revenge. La sete di vendetta che trascina Ruth da un cadavere all’altro è guidata non solo dal bisogno di vendicare il marito morto, ma dalla figlia che, ancora in grembo, la obbliga a ucciderne i responsabili. Sembrerebbe uno spunto sciocchino che ricorda molto il cruento Baby Blood dei primi anni Novanta, ma l’autrice, che ovviamente scrive e recita nella parte della protagonista in un fantastico one girl show, sceglie una strada ben più sofisticata della mera turbe mentale per giustificare una lunga scia di sangue.

Alice Lowe dispensa bronci e sguardi furiosi in gran quantità, il suo volto si muove sempre tra un’infelicità latente e una rabbia triste che non può trovare sollievo, e in questa maniera inganna più di una vittima svelandosi futura mamma e donna ingenua e bizzarramente simpatica. Complicato scoprire le sue vere intenzioni, difficile tenerla testa nei suoi discorsi scomposti, impossibile difendersi quando si innesca la fatality. Uccidere in fondo fa parte della sua nuova normalità, è diventato lo step conclusivo del giro d’incontri che costituiscono ormai l’unica quotidianità di Ruth. Il resto è nelle mani di una dolce dottoressa che ne segue la gravidanza, ma ciò non basta a rasserenare una donna inquieta, sbrindellata da una sfortuna incalcolabile e che proprio per questo motivo insegue una pace che già sa non esistere. La sete di sangue è un pretesto per continuare una vita interrotta bruscamente, ma non sostituisce ciò che la sorte ha tolto a Ruth, ed è nei momenti in cui la donna si incrina e inciampa prima di sferrare il colpo finale che Prevenge rilascia il suo animo più vero e caldo, innalzandosi verso lidi toccanti davvero ben orchestrati per umanità e descrizione dei sentimenti.


Da una parte abbiamo l’ironia quindi che disegna personaggi strampalati, instabili, perdenti, odiosi e allo stesso tempo tenerissimi, e non serve sottolineare come i dialoghi penetranti, nella migliore tradizione british, rappresentino il grande punto di forza del film. Dall’altra ci sono le istantanee espressioni di violenza che irrompono con la stessa forza brutale dei coltelli che trafiggono stomaci e recidono gole. Il feto parlante è un’aggiunta grottesca nel tono delirante che già contraddistingue l’intero andamento del film, e si incastra perfettamente nel mezzo.
Quello che però manca a questa pur piacevolissima scheggia di follia film è una maggior varietà delle situazioni, quasi si trattenesse l’esplosività del film contro la sua stessa voglia. L’autrice in fondo non fa che passare da un delitto all’altro costruendoli come sketch teatrali, senza che un raccordo di qualche tipo possa legarli e favorire una visione che, bisogna dirlo, in alcuni momenti si fa anche stanca. 
Insomma, un titolo dal grande potenziale non sempre espresso, che si ritorce su sé stesso in qualche occasione di troppo ma che sa rialzarsi nei momenti migliori. Tra le cose più interessanti del 2017, l’Inghilterra horror sa distinguersi ancora una volta.     

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