Una donna in cerca di vendetta, guidata dalla figlia che porta in grembo. Prevenge, un brillante
horror inglese
Alice Lowe fa parte di quegli attori che non
riescono a stare davanti alla telecamera e ne subiscono il fascino. Di solito
la strada è in qualche modo corta e il passaggio in cabina di regia può essere
naturale a un certo punto del percorso artistico, ma la Lowe invece ha
preferito un diverso approccio graduale, scrivendo prima la black comedy Sightseers e, solo nel 2016, agguantare
anche il ruolo da regista per questo singolare Prevenge.
Ne nasce una storia in bilico tra umorismo
nerissimo e improvvise aperture horror, dominate dall’unione dei due termini
che formano il titolo, pregnant e revenge. La sete di vendetta che trascina
Ruth da un cadavere all’altro è guidata non solo dal bisogno di vendicare il
marito morto, ma dalla figlia che, ancora in grembo, la obbliga a ucciderne i
responsabili. Sembrerebbe uno spunto sciocchino che ricorda molto il cruento Baby Blood dei primi anni Novanta, ma
l’autrice, che ovviamente scrive e recita nella parte della protagonista in un
fantastico one girl show, sceglie una strada ben più sofisticata della mera turbe
mentale per giustificare una lunga scia di sangue.
Alice Lowe dispensa bronci e sguardi furiosi in
gran quantità, il suo volto si muove sempre tra un’infelicità latente e una
rabbia triste che non può trovare sollievo, e in questa maniera inganna più di
una vittima svelandosi futura mamma e donna ingenua e bizzarramente simpatica. Complicato
scoprire le sue vere intenzioni, difficile tenerla testa nei suoi discorsi
scomposti, impossibile difendersi quando si innesca la fatality. Uccidere in
fondo fa parte della sua nuova normalità, è diventato lo step conclusivo del
giro d’incontri che costituiscono ormai l’unica quotidianità di Ruth. Il resto
è nelle mani di una dolce dottoressa che ne segue la gravidanza, ma ciò non
basta a rasserenare una donna inquieta, sbrindellata da una sfortuna
incalcolabile e che proprio per questo motivo insegue una pace che già sa non
esistere. La sete di sangue è un pretesto per continuare una vita interrotta
bruscamente, ma non sostituisce ciò che la sorte ha tolto a Ruth, ed è nei
momenti in cui la donna si incrina e inciampa prima di sferrare il colpo finale
che Prevenge rilascia il suo animo
più vero e caldo, innalzandosi verso lidi toccanti davvero ben orchestrati per
umanità e descrizione dei sentimenti.
Da una parte abbiamo l’ironia quindi che disegna
personaggi strampalati, instabili, perdenti, odiosi e allo stesso tempo
tenerissimi, e non serve sottolineare come i dialoghi penetranti, nella
migliore tradizione british, rappresentino il grande punto di forza del film.
Dall’altra ci sono le istantanee espressioni di violenza che irrompono con la
stessa forza brutale dei coltelli che trafiggono stomaci e recidono gole. Il
feto parlante è un’aggiunta grottesca nel tono delirante che già
contraddistingue l’intero andamento del film, e si incastra perfettamente nel
mezzo.
Quello che però manca a questa pur piacevolissima
scheggia di follia film è una maggior varietà delle situazioni, quasi si
trattenesse l’esplosività del film contro la sua stessa voglia. L’autrice in
fondo non fa che passare da un delitto all’altro costruendoli come sketch
teatrali, senza che un raccordo di qualche tipo possa legarli e favorire una
visione che, bisogna dirlo, in alcuni momenti si fa anche stanca.
Insomma, un titolo dal grande potenziale non
sempre espresso, che si ritorce su sé stesso in qualche occasione di troppo ma
che sa rialzarsi nei momenti migliori. Tra le cose più interessanti del 2017,
l’Inghilterra horror sa distinguersi ancora una volta.
lo voglio vedere, al più presto lo farò ^_^
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