Un sottomarino finisce in una grotta piena di mostri. Sembra una barzelletta, ma sarà un massacro.
Uscito in quello spicchio di tempo dove i grandi
produttori sembrava impazziti per gli horror acquatici fatti di basi
sottomarine e mostri ciclopici, The Rift
(da noi La cosa degli abissi, e non
capisco l’uso del singolare quando di "cose" ce ne sono moltissime) è
indubbiamente il titolo minore di una lista di prodotti eccellenti che abbiamo
visto tutti (The Abyss, Leviathan) e
altri purtroppo ingiustamente dimenticati (il migliore di tutti, Deepstar Six), ma per quanto non possa
permettersi un reale confronto con le botte di effetti speciali finanziate da
una passione fantascientifica ancora sana e vincente, sa comunque difendersi
benino a colpi di mostri succulenti e sconvolgenti esplosioni gore.
J.P. Simon è il regista dei cult Pieces e Slugs, e non è quindi un mistero che l’autore spagnolo sia in fissa
con l’horror più truculento e malsano. È facile così capire perché, non appena
i nostri eroi mettono piede nella grotta sotterranea, il film si trasformi da scialbo thriller politico a
gustosissima festa di frattaglie. Creature cieche e dalle bocche gigantesche si
affacciano dalle pareti di roccia, grossi bestioni strisciano e mordono
causando alcune morti esageratamente sanguinarie, fluidi mutageni sciolgono
corpi ancora vivi e sorprendenti esseri tentacolari minacciano la truppa di
marine sempre più striminzita. Gli effetti speciali artigianali sono splendidi, e si rimane meravigliosamente a bocca aperta in queste sequenze infernali.
Purtroppo The Rift è molto spartano negli ambienti, piuttosto rozzo ed
elementare nell’esecuzione, con una storia che per buona parte sembra una
qualsiasi sciocchezza da guerra fredda televisiva che in quegli anni
funzionavano bene, e J.P. Simon fa sprofondare senza troppo impegno questo
sottomarino, nonostante sia pilotato dai volti ben conosciuti come quelli di L. Ree Ermey, Jacka Scalia e Ray Wise, tra vicende noiosette, rivalità militari e furtarelli
un po’ sciocchini.
La storia è quella di un sottomarino sperimentale utilizzato per il recupero di un sottomarino gemello, scomparso nei pressi di una frattura della crosta terrestre, e, be', il resto è giusto un'aggiunta per avere un minimo di minutaggio prima dei mostri grossi. Ma bisogna pure mettere uno stralcio di storia in una
baraonda di bestiame, no?
Il fulcro, se non si fosse ancora capito, sono infatti i mostri grossi, e
non c’è nulla di male in una cosa fatta con amore e con una sporca esperienza
che cosparge il film di una (s)gradevole patina nociva, tanto che quando i deliri
lovecraftiani e gli orrori bavosi passano in secondo piano si può entrare in un piacevole stand by mentre una vaga trama prosegue in un’anonimità davvero eccessiva. I personaggi non sono così scemi
per una derisione figlia di un “so bad so good”, di certo non spiccano per
intelletto o spigliata simpatica, ma si limitano a fare quello che serve per
portare il sottomarino da A a B e poter quindi sforacchiare un po’ di mostri.
Va
comunque detto che l’ingenua banalità dell’intreccio ha una sua dignità e
rimane ben salda fino alla fine, ma non c’è mai abbastanza mordente per
caricare i personaggi e identificarsi con le loro idiozie cospirazioniste, né
chiaramente con i grandi valori patriottici che tracimano da sgrugni severi e
petti in fuori. Ma tanto chi se ne frega, ci sono i mostri grossi e fanculo tutto il resto.
The
Rift è quindi un film abbastanza strano e che sembra
fatto per stare con un piede in due scarpe, con l’intenzione di accontentare un
certo pubblico facilone da una parte e stuzzicarne uno più avido di gore
dall’altra. Difficile appagare il primo, di sicuro va meglio con il secondo
che, in fondo, sa anche accontentarsi, perché, diciamolo, la carneficina di
marinai e mostri è potente, feroce, spiazzante e decisa, fatta da uno che ci
crede così pienamente da non avere interesse in nient’altro. Ma chissà in che cosa
poteva trasformarsi questo piccolo horror sottomarino se solo fosse stato
confezionato con più cura. Vale la pena recuperarlo, a me ha comunque fatto
piacere rivederlo dopo tanto tempo e credo che anche a qualche altro goremaniac
possa fare lo stesso effetto.
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