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L’orrore delle abduction: otto film sui rapimenti alieni

By Simone Corà | martedì 18 aprile 2017 | 00:01

Dai boschi americani a Zeta Reticuli: una lista delle migliori abduction cinematografiche                                                                                                               

Sono molte le tendenze che il cinema horror e più in generale l’immaginario recente hanno fagocitato, assimilato e rigurgitato in forme sempre più antipatiche. Teen horror, mockumentary, fantasmi orientali, giusto per citare un terzetto ancora oggi letale (e per non triturarci i testicoli con i soliti rimpianti verso vampiri e compagnia notturna), sono stati svuotati di tutte le succose interiora per essere riproposti fino allo sfinimento simili a corpi parzialmente decomposti che barcollano senza meta. Per una certa visione produttiva, chiaramente allargabile a qualsiasi campo, l’horror in fondo non è che una strana creatura goffa ma con enormi mammelle da mungere fino a quando non se ne trova una più grassa, lenta e facile da spremere, e sarebbe strano sorprendersene ancora.
Ma di tutte le mode inaugurate da spunti scintillanti che, gradualmente, sono state spolpate, abbandonate e infine lasciate zoppe a sé stesse, forse quello capitato alle storie sulle abduction è quanto di più tragicomico si sia mai visto. Non che i rapimenti alieni abbiano mai rappresentato un vero e proprio filone bersagliato da grandi e piccoli autori – di sicuro le invasioni su minuscola e larga scala hanno lasciato segni ben più profondi, mentre il cinema delle abduction è spesso una pallida riproposizione della medesima storia – ma è altresì vero che raramente si è visto un simile accanirsi sull’argomento in favore di una progressiva scarnificazione televisiva fatta di show di poca o nulla dignità che gareggiano a chi la spara più grossa.
È normale, per carità, la comprensione dell’ufologia ha sempre giocato su quel filo che separa l’universo scientifico da quello degli sciocchi e fa parte del gioco da così tanti anni che, probabilmente, le regole per un qualche tipo di scambio più serio e professionale sono andate perdute in chissà quale indagine tra presunti rottami galattici e cadaveri alieni. Ma se è possibile accettare adorabili stupidaggini televisive che esibiscono fior fiori di documenti ufficiali e testimonianze autentiche, sarebbe molto gradita non tanto un’attenzione più formale nei confronti di questa esperienza, bensì una ritrovata riflessione su ciò che l’abduction possa in realtà scatenare.


È sempre stato complicato ascoltare con giudizio racconti che sfiorano il soprannaturale a suon di fantasmi, creature mitiche e quant’altro, quindi di fronte a ricostruzioni in cui persone dichiarano non solo di aver avuto contatto con entità non umane, ma di esserne state vittime di non meglio precisate esperimenti, mette a dura prova la razionalità di chiunque. L’ufologia è appassionante nel momento in cui ci sono delle basi credibili con cui affrontarla, ma se mancano queste, o se non c’è modo di confutarle, è meglio dedicarsi a qualcos’altro. Tipo riguardarsi per l’ennesima volta tutto X-Files, che sul finire degli anni Novanta sarà l'unica, vera ancora di salvezza dell'immaginario generale.
È questo il motivo per cui è forse più facile deridere l’argomento che cercare di estrapolarne le caratteristiche più inquietanti, e per cui fioccano quotidianamente programmi semiseri mentre si fatica a concepire un film che possa incutere una paura concreta. È difficile d’altronde trovare una qualche via d’uscita in questo labirinto di suggestioni, angosce, creazioni mentali e tutto quello che ha sempre rallentato un approfondimento autorevole dell’argomento. Anche nei casi di rapimento più eclatanti, come vedremo più sotto, le condizioni deterrenti sono così limpide da impedire una fiducia totale, ma è pur sempre vero che, di fronte alle più verosimili ricostruzioni, è molto facile lasciarsi plagiare. Perché, oh, a me le abduction hanno sempre terrorizzato. Sarà un timore figlio di un pensiero molto elementare sulle intelligenze aliene (ne esistono a pacchi e sono tutte malvage), ma credo che in queste vicende si possa nascondere una fabbricazione dell’orrore ben più forte, solida e schietta di, che so, una storia di possessione demoniaca.
Da molti anni con gli esorcismi cinematografici viviamo una ripetizione di concetti e sequenze che hanno inevitabilmente svilito anche la più furiosa motivazione del demone di turno. Come molti sottogeneri del cinema horror (basti pensare alla schematicità statica dello slasher) abbiamo a che fare con una precisa sequenza di avvenimenti, e data la scarsa rispettabilità guadagnata in anni di pessimi esorcismi filmici è evidente che con i rapimenti alieni, che funzionano con la stessa strutturazione, si va incontro a un deterioramento che distruggere gradualmente la potenza evocata dalle immagini. Ma non è tanto nella reiterazione che si crea il problema, bensì nella scelta di cosa evocare. Sappiamo che un film di possessioni può sciogliere il cuore dagli spaventi, quando certi meccanismi vengono attivati (essenzialmente sono quelli di un buon film, e cioè personaggi e relative reazioni agli avvenimenti, alle quali magari aggiungere una diversa concezione e costruzione delle scene di terrore), e sono piuttosto convinto che ci sia ancora spazio per un valido, terrorizzante film di abduction.
Non che siano mancati, in questi ultimi tempi: ci sono valanghe di film intitolati più o meno tutti allo stesso modo che, dagli anni Settanta, inseminano di sciocchezze cheap i database più aggiornati con una indomita insistenza. Ma quello che di cui vado in cerca in questo articolo è qualcosa che possa andare anche oltre la mera esposizione di fatti che tutti in fondo conoscono.


L’orrore che viene a crearsi tra uno strano amalgama di home invasion e torture psicologiche risponde infatti a quella primigenia sensazione di soffocamento e conseguente ricerca di ossigeno da inghiottire, perché l’abduction imprime uno shock che non può essere in alcun modo combattuto. Se ci si attiene alla più classica delle meccaniche, viene subita una sconfitta che non lascia alcuno scampo se non quello di provare la paura nella sua forma più concreta. Semplicemente perché altro non è possibile fare, se non al massimo, forse, svenire tra una trapanazione del cranio e qualche approfondimento intestinale. Non ci si può muovere, non si può combattere, non si può fuggire. E tutto ciò è già stato vissuto, perché riemerge sotto forma di ricordi. Si rimane annichiliti.
Lungi di me discernere di caratteri psicologici che non mi competono, ma credo che il panico provocato da un’entità così forte e superiore abbia pochi eguali nel mercato dell’orrore: è una privazione genuina, totale, di tutto quello che possa servire per difendersi. Persino la voce viene tolta. Si diventa manichini nelle mani e nei bisturi altrui.

Non è un caso che un film purtroppo fallimentare come Il quarto tipo possieda alcune tra le sequenze più spiazzanti e spaventose di sempre, frutto indubbiamente di un abile lavoro degli effetti sonori ma anche, e soprattutto, di un riuscito accumulo di situazioni atmosferiche che fanno dell’assoluta incapacità di reazione la sua arma migliore.
Tifo sempre per la qualità rispetto alla quantità, e non è per forza un male che negli ultimi anni il cinema delle abduction si sia espresso con pochi titoli. Il problema è che, salvo alcuni incredibili casi, sono quasi tutti tremendi a causa di impostazioni e ambiziosi totalmente fallaci, sia che ci si muova con budget importanti che in amare miserie.
Il già citato Il quarto tipo (2009) è uno scarso tentativo di unire un genere allora in voga come il mockumentary a un’indagine affrontata con una serietà così esagerata da camuffare i buoni propositi di Olatunde Osunsanmi e Milla Jovovich dietro tonnellate di atteggiamenti e ricerche ridicoli. Extraterrestrial (2014) invece prova a combinare l’abduction con l’atteggiamento sbarazzino e deficiente dei film adolescenziali, uscendone come un pastrocchio tra gag sulla maria e squarci di abissi galattici. Chi prova ad accontentarsi mirando bassi può finire invece come Skinwalker Ranch (2013), dove abduction e apparizioni di fantasmi coincidono in una storia davvero poco sensata. O magari come in Dark Skies (2013), dove il vuoto più totale riempie la vita della famiglia protagonista mentre Scott Stewart cerca di riempirlo a suon di comodi jump scare come se fosse un qualunquissimo Insidious/The Conjuring. O ancora come l’imperdonabile Area 51 (2015), dove Oren Peli perde qualsiasi attendibilità e qualsiasi credito (io ero uno di quelli che ancora lo seguivano, giuro) con una storia di ragazzi stupidi che fanno che fanno cose stupide, inverosimili attacchi a basi segrete e assurdi rapimenti.


Tra i tentativi recenti di accumulare un discreto orrore alieno, come vedremo più sotto, sono ben pochi quelli che possono vantare un’idea e un’impostazione generali sufficientemente validi da permettere loro di bloccare realmente il tempo e segnare un punto nello score del cinema horror. Perché, sì, le abduction si prestano meravigliosamente al nostro genere preferito ma, per quanto sembri un argomento semplice da trasformare in immagini e sensazioni, solo chi ha scopi precisi, motivazioni consistenti e la capacità di staccarsi quanto basta dalla tradizione può trarne qualcosa di efficace.
In passato si sono avvicendati film validi e meno convincenti, costosi e meno ricchi, ma tutti, o quanto meno molti, hanno saputo offrire una propria visione (basti pensare al meraviglioso Incontri ravvicinati del terzo tipo, che offre una fiabesca e pacifica reinterpretazione della minaccia aliena – e che solo per tale motivo non troverà spazio in questo articolo fatto di alieni curiosi e cattivi), mentre ora dobbiamo aggrapparci a sparuti bagliori nel buio affogati da tanta inesperienza, cialtronaggine e ben poca conoscenza del cinema dell’orrore. Con la maggior accessibilità di strumentazioni e la vastità di internet, non sembra servire molto per mettere in piedi una storia di alieni sequestratori, ed è quindi abbastanza insolito che ben tre titoli tra gli otto che ho selezionato siano del 2014. Semplice coincidenza o speranza concreta? Di certo, con l’avvicinarsi di Phoenix Forgotten l’attesa è parecchia e, devo essere sincero, pure l’ottimismo è alle stelle.  
Dopo questo lungo preambolo ecco quindi gli otto titoli per me fondamentali, quelli che sono riusciti a ricreare situazioni e intuizioni da far congelare la pelle mantenendo i piedi ben saldi a terra. Non ci sono gemme nascoste o rarità introvabili, si tratta di film piuttosto conosciuti (quasi tutti, almeno) che ogni amante di sci-fi e horror dovrebbe aver visto, e mi limito a raccoglierli per fare il punto della situazione. Ci saranno preferenze contestabili, come può succedere per ogni elenco, ma questo per me è davvero il meglio, e non saprei cosa aggiungere per cosa togliere. Ah, non è una classifica, tutto è rigorosamente in ordine cronologico, dal 1975 a oggi.

Il primo film a raccontare di un rapimento alieno è una produzione televisiva targata NBC con Edward James Olson ed Estelle Parsons, e si ispira a uno dei casi più celebri, quello dei coniugi Hill, una tranquilla coppia del New Hampshire. Siamo nei primi anni Sessanta, e sebbene ci siano già stati alcuni rocamboleschi casi di pseduorapimenti, l’abduction di Barney e Betty è probabilmente il primo vero esempio che definirà uno schema classico fatto di vuoti di memoria, ipnosi regressive e operazioni chirurgiche a bordo di veicoli spaziali. Siamo naturalmente sempre nel caso delle ipotesi e delle speculazioni, perché non sono pochi i fattori dubbiosi che, come in ogni caso, inevitabilmente ostacolano una piena comprensione dell’accaduto, ma il film di Richard A. Colla è ancora oggi un discreto prodotto che sopravvive con dignità al passare del tempo. Con la potenza recitativa di Olson e l’insistenza sulle sedute d’ipnosi, The UFO Incident affronta con una piacevole compostezza l’argomento e riesce a stimolare anche una certa inquietudine perché contrappone e frattura la quotidianità della coppia con l’orrore indecifrabile subito, e il gioco funziona così bene che, secondi molti, diventerà inconscia fonte d’ispirazione in un altro caso di abduction, quello di Trevis Walton, che a sua volta suggerirà un film ben più famoso e riconosciuto (Bagliori nel buio).      

Communion (1989)
Nel 1987 Whitley Strieber, uno scrittore horror di discreta fama (Miriam si sveglia a mezzanotte è tratto dal suo romanzo The Hunger, mentre Wolfen potrebbe tornare in mente solo a chi possiede una buona memoria), pubblica Communion, un libro autobiografico dove racconta delle sue esperienze con creature aliene che ricordano i comuni Grigi ma che lui fa risalire fino ai Sumeri. L’opera non va incontro a un gran riconoscimento, e viene più facile additare la poca lucidità mentale di Strieber rispetto a quello che garantisce di aver vissuto. Due anni più tardi, da una sua stessa sceneggiatura, Philippe Mora ricava il film più ambizioso, sofisticato e attento sulle abduction. Non del tutto sostenuto dallo scrittore, che se ne distanzia pubblicamente, Communion è innanzitutto una grande show di Christopher Walken, che in ogni smorfia, in ogni risata isterica e in ogni sguardo stralunato esprime un’incredibile autenticità. La sua versione di Strieber sembra davvero complessa, preda di atroci preoccupazioni sulla sua sanità e su ciò che gli sta accadendo intorno. In più di un’occasione, di notte, la sua abitazione viene infatti illuminata da bagliori fortissimi e visitata da alcune creature aliene: Strieber viene rapito e sottoposto a spossanti esperimenti. Same old story, in apparenza, eppure l’enorme discrepanza con simili produzioni si trova nell’approccio da una parte realistico e dall’altra surreale con cui Mora segue gli interrogativi di Strieber: dialoghi ficcanti, comportamenti verosimili, numerose sedute da dottori e psicologi e una lunga serie di litigi famigliari rendono il contesto mai così credibile, mentre svariati accenni onirici e soprattutto il criptico finale compongono un quadro estremamente originale e ricco di spunti di riflessioni.

È il film più noto e più ricordato, imitato e, in un caso particolare, quasi clonato (Night Skies, del 2007). Il caso è uno dei più famosi e controversi, di sicuro è l’unica abduction testimoniata da altre persone oltre alla vittima stessa. Trevis Walton era alla guida di un camion in compagnia di sei colleghi, quando notò un oggetto volante che produceva un forte stridore, scese dal veicolo e una luce abbagliante lo strappò dalla realtà quotidiana per catapultarlo in un’altra fatta di operazioni chirurgiche e violente esplorazioni aliene. Forse proprio perché così popolare, è anche uno dei più controversi, e sono in molti a definirlo una truffa, soprattutto per essere accaduto poco tempo dopo la trasmissione di The UFO Incident, alla quale Walton si sarebbe ispirato. Di certo, nella sua trasposizione cinematografica, le sequenze all’interno dell’astronave e i terribili momenti di confusione sono le più credibili, dolorose e scioccanti che il cinema delle abduction possa ricordare. Tutto è minaccioso e ostile, in Bagliori nel buio: gli interni membranosi del veicolo spaziale, i macchinari gigeriani usati per le operazioni, le condizioni tremende in cui viene rilasciato Walton, gli stessi alieni possiedono un grugno intimidatorio e difficilmente dimenticabile. Insomma, ben vengano i presunti imbrogli quando ispirano film plausibili e scioccanti come questo.

Nel 1998 la rete televisiva UPN manda in onda uno strano prodotto che incorpora segmenti di fiction e altri che, date le riprese dall’aspetto amatoriale, sembrano autentici. È un film o un documentario? Non è poca la confusione che si crea tra gli spettatori, tanto che il paragone con quanto successo con la radiolettura de La guerra dei mondi da parte di Orson Wells, seppur con meno panico e peso storico, non è esagerato. Il motivo è che The Blair Witch Project uscirà soltanto l’anno successivo, sdoganando in tutto il mondo la tecnica del found footage, mentre il pubblico non era ancora abituato alle sequenze home-made e alla telecamera traballante con cui si presentava Incident in Lake County. Il film (che è un remake con maggior budget di The McPherson Tape, realizzato dagli stessi autori nove anni prima) racconta dell’atterraggio di una navicella nei pressi della fattoria dei McPherson e di come questi ultimi debbano affrontare gli scopi ostili dei marziani, intenzionati a portarseli nel loro pianeta alieno. Si dà il caso che sia anche un buon film, carico di tensione, ben dosato nella creazione del mistero e sufficientemente curioso, pur tenendo in considerazione gli scarsi mezzi a disposizione. Belle le scene al buio, ottimi gli inseguimenti all’interno della casa, sopra ogni modesta attesa l’indagine nel bosco. Un piccolo cult premonitore di un fenomeno che di lì a poco avrebbe invaso il cinema.

Progeny (1998)
Anche a costo di prevalere su tutto il resto, il cinema di Brian Yuzna non ha mai nascosto nulla e, anzi, ha sempre fatto dei grandi effetti splatter, del monster design e della sfrontata morbosità i suoi punti di forza. Nel 1998 forse stava già iniziando il suo lento declino dopo un decennio di follie gore mai più riviste nell’horror odierno, e infatti Progeny brilla solo quando si entra nel campo sanguinario del maestro, mentre tutto il resto traballa tra l’incertezza e la monotonia nonostante il soggetto di Stuart Godon e la presenza del sempre carismatico Brad Dourif. La storia è quella più classica dell’inseminazione aliena, ma se Arnold Voosloo e Jillian McWhirter non fanno molto per rendere accattivati dei personaggi senza mordente, ci pensa il guru degli fx Screaming Mad George, con i suoi alieni slimy e gigeriani, a rivoltare lo stomaco. Le lunghe scene nell’astronave sono un assalto di creature tentacolari, addomi sventrati e viscidume sparso ovunque, la parentesi nel vero scenario alieno è un gorgogliare di corazze e mostruosità allucinanti, e sono ovviamente questi squarci il grandissimo pregio di un film non molto bello ma che può vantarsi di essere il più orrorifico e violento tra gli abduction movies.

Ci sono due aspetti di questa microscopica produzione del 2014 a risaltare. Il primo è la scelta dei protagonisti, perché, man mano che la canonica famiglia yankee viene smembrata dal raccolto alieno, a rimanere per maggior tempo in balia degli UFO sono due personaggi femminili lontanissimi da qualsiasi cosa vista nel cinema horror. Madre e figlia, due donne semplici, gracili, dipendenti l’una dall’altra, annichilite dagli eventi, in costante confusione nell’attacco alieno. Il secondo è la violenza dei rapimenti, con un raggio traente sottile che spezza e frantuma ossa per permettere ai corpi di passare nell’apertura. Il resto è un piacevole found footage con dialoghi più che discreti e una graduale, notevole gestione dell’intrusione soprannaturale. Pochi mezzi a disposizione, ambizioni saggiamente ridimensionate, risultati ben al di sopra delle aspettative. 

The Signal (2014)
Il film di William Eubank è in realtà molte cose assieme ed è probabilmente a una fantascienza più globale ciò che stava mirando il regista, visto l’amalgama di hackeraggio, robotica, superpoteri, teorie matrixiane e molto altro. Il pregio di un lavoro passato troppo in sordina dalle nostre parti è il grande impatto visivo che, soprattutto nell’ultima parte, toglie il fiato con alcune tra le sequenze in rallenti più drammatiche, epiche e commoventi mai viste. Ma va detto che questo risultato è ottenuto principalmente per un terzetto di eroi adorabili, con i quali è facile entrare in simpatia per l’handicap a monte della storia e per come questo costringa a ruotare attorno a esso i destini degli altri due ragazzi. L’abduction è contenuta in una prima metà dove Eubank maschera abilmente le vere intenzioni del film e cuce un bell’incubo fatto di segnali misteriosi, coordinate imperscrutabili e case abbandonate dove si manifestano strani accadimenti. Seppur destinato a un target prevalentemente giovanile, ma con una maturità che può e deve colpire un pubblico molto più ampio, è un ottimo film da riscoprire:

Honeymoon (2014)
È stato il mio film preferito del 2015, ancora adesso lo ricordo con un affetto che non sono riuscito a provare per nessuno dei grandi horror di questi ultimi anni, e credo non smetterò mai di lodarlo. Merito di una coppia di protagonisti memorabili, due sposini che si rifugiano in uno chalet al lago e spendono molta della prima metà del film a costruire una quotidianità fatta di attenzioni e relazioni che forse solo una mano femminile (l’esordiente Leigh Jeniak) poteva dipingere con una simile spontaneità. Poi l’amore si blocca e un’ombra si insinua nella coppia, lei inizia a stare male e a mostrare comportamenti poco comprensibili, e non è difficile immaginare cosa le possa essere successo nel bosco, di notte, sebbene la Jeniak sia brava a nascondere la semplicità della trama con l’incredibile lavoro sui personaggi e sulla progressiva alienazione (è proprio il caso di dirlo) che frattura i due sposini. Per certi versi siamo più nel campo dell’horror puro che in uno scenario di luci accecanti, raggi traenti e astronavi che ammiccano nell’oscurità, ma anche questo è un modo per reinterpretare il tema. Un film di grande sensibilità e sconvolgenti squarci cronenberghiani. 

7 commenti:

  1. Sì, X-Files ha avuto un bel contributo nell'immaginario generale, anche se, personalmente, mi sono rimaste più impresse le one shot sui mostri e la teoria cospirazionista, che le abduction vere e proprie.

    Penso che il grosso, sull'argomento, l'abbia fatto proprio Bagliori nel buio, che è rimasto un bel punto fisso, oltre ad aver terrorizzato più o meno chiunque. :)

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  2. grazie, avevo proprio bisogno di una bella lista ragionata dei film di abduction più spaventosi in giro. non so bene se tenerla a mente per cercarli o per scansarli, perché anch'io sono terrorizzato dalle abduction come da poche altre cose, forse nessuna.

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    1. Pensavo di essere l'unico a soffrire così tanto, per moltissimo tempo ho del tutto evitato l'argomento perché mi bastava il solo pensiero per rimanerne tramortito.

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  3. Fin da piccolo ho letteralmente sguazzato in storie di abduction e avvistamenti di Ufo a causa di mio padre e mio zio che da appassionati dell'argomento collezionavano documentari e articoli da riviste (perlomeno all'epoca, gradualmente con gli anni l'interesse si è spento). Communion e Bagliori nel Buio sono i miei film preferiti sull'argomento seguiti a ruota dalla versione originale di Alien Abduction del 1989 che pur nella sua semplicità ha i suoi momenti.

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    1. L'originale dell'89 era per me un po' grezzotto, il remake invece mi sembra piacevolmente professionale nonostante budget, produzione televisiva e, be', il fatto di essere un esperimento. Sul resto, sì, Communion e Bagliori nel buio sono sicuramente gli esempi migliori del filone, il primo per l'approccio virtuso e riflessivo, e il secondo per il suo essere così feroce e crudele.

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  4. Grazie delle dritte di cui, come sempre, mi fido. Mi segno allora Communion ed Alien Abduction che non ho visto.
    Concordo in tutto sul "Quarto tipo", film dimenticabile ma che misteriosamente contiene delle scene che mi hanno inquietato come pochi altri film. Quindi mio malgrado non lo dimentico.

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    1. Devo dire che poche cose mi hanno sconvolto come quelle due scene de Il quarto tipo, perché arrivano improvvise e folgoranti. Bastava poco per dare al film un po' più di serietà e renderlo quanto meno credibile, invece hanno optato per quel cumulo di minchiate e il castello è crollato. :(

      Communion è tanto bello quanto strano, è un approccio originalissimo e pieno di spunti di riflessione. Alien Abduction è invece un filmetto piccolino e poverello ma secondo me ha ottimi spunti e nel circuito underground ha parecchio da offrire. Non può rivaleggiare con i grandi, ma si difende bene.

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