Dai boschi
americani a Zeta Reticuli: una lista delle migliori abduction cinematografiche
Sono molte le
tendenze che il cinema horror e più in generale l’immaginario recente hanno
fagocitato, assimilato e rigurgitato in forme sempre più antipatiche. Teen
horror, mockumentary, fantasmi orientali, giusto per citare un terzetto ancora
oggi letale (e per non triturarci i testicoli con i soliti rimpianti verso
vampiri e compagnia notturna), sono stati svuotati di tutte le succose
interiora per essere riproposti fino allo sfinimento simili a corpi
parzialmente decomposti che barcollano senza meta. Per una certa visione
produttiva, chiaramente allargabile a qualsiasi campo, l’horror in fondo non è che
una strana creatura goffa ma con enormi mammelle da mungere fino a quando non
se ne trova una più grassa, lenta e facile da spremere, e sarebbe strano
sorprendersene ancora.
Ma di tutte le
mode inaugurate da spunti scintillanti che, gradualmente, sono state spolpate,
abbandonate e infine lasciate zoppe a sé stesse, forse quello capitato alle
storie sulle abduction è quanto di più tragicomico si sia mai visto. Non che i
rapimenti alieni abbiano mai rappresentato un vero e proprio filone bersagliato
da grandi e piccoli autori – di sicuro le invasioni su minuscola e larga scala
hanno lasciato segni ben più profondi, mentre il cinema delle abduction è spesso
una pallida riproposizione della medesima storia – ma è altresì vero che
raramente si è visto un simile accanirsi sull’argomento in favore di una
progressiva scarnificazione televisiva fatta di show di poca o nulla dignità
che gareggiano a chi la spara più grossa.
È normale, per
carità, la comprensione dell’ufologia ha sempre giocato su quel filo che separa
l’universo scientifico da quello degli sciocchi e fa parte del gioco da così
tanti anni che, probabilmente, le regole per un qualche tipo di scambio più
serio e professionale sono andate perdute in chissà quale indagine tra presunti
rottami galattici e cadaveri alieni. Ma se è possibile accettare adorabili
stupidaggini televisive che esibiscono fior fiori di documenti ufficiali e
testimonianze autentiche, sarebbe molto gradita non tanto un’attenzione più
formale nei confronti di questa esperienza, bensì una ritrovata riflessione su
ciò che l’abduction possa in realtà scatenare.
È sempre stato
complicato ascoltare con giudizio racconti che sfiorano il soprannaturale a
suon di fantasmi, creature mitiche e quant’altro, quindi di fronte a
ricostruzioni in cui persone dichiarano non solo di aver avuto contatto con
entità non umane, ma di esserne state vittime di non meglio precisate
esperimenti, mette a dura prova la razionalità di chiunque. L’ufologia è
appassionante nel momento in cui ci sono delle basi credibili con cui
affrontarla, ma se mancano queste, o se non c’è modo di confutarle, è meglio
dedicarsi a qualcos’altro. Tipo riguardarsi per l’ennesima volta tutto X-Files, che sul finire degli anni Novanta sarà l'unica, vera ancora di salvezza dell'immaginario generale.
È questo il
motivo per cui è forse più facile deridere l’argomento che cercare di
estrapolarne le caratteristiche più inquietanti, e per cui fioccano
quotidianamente programmi semiseri mentre si fatica a concepire un film che
possa incutere una paura concreta. È difficile d’altronde trovare una qualche
via d’uscita in questo labirinto di suggestioni, angosce, creazioni mentali e
tutto quello che ha sempre rallentato un approfondimento autorevole
dell’argomento. Anche nei casi di rapimento più eclatanti, come vedremo più
sotto, le condizioni deterrenti sono così limpide da impedire una fiducia
totale, ma è pur sempre vero che, di fronte alle più verosimili ricostruzioni,
è molto facile lasciarsi plagiare. Perché, oh, a me le abduction hanno sempre
terrorizzato. Sarà un timore figlio di un pensiero molto elementare sulle
intelligenze aliene (ne esistono a pacchi e sono tutte malvage), ma credo che
in queste vicende si possa nascondere una fabbricazione dell’orrore ben più
forte, solida e schietta di, che so, una storia di possessione demoniaca.
Da molti anni con
gli esorcismi cinematografici viviamo una ripetizione di concetti e sequenze
che hanno inevitabilmente svilito anche la più furiosa motivazione del demone
di turno. Come molti sottogeneri del cinema horror (basti pensare alla
schematicità statica dello slasher) abbiamo a che fare con una precisa sequenza
di avvenimenti, e data la scarsa rispettabilità guadagnata in anni di pessimi
esorcismi filmici è evidente che con i rapimenti alieni, che funzionano con la
stessa strutturazione, si va incontro a un deterioramento che distruggere gradualmente
la potenza evocata dalle immagini. Ma non è tanto nella reiterazione che si
crea il problema, bensì nella scelta di cosa evocare. Sappiamo che un film di
possessioni può sciogliere il cuore dagli spaventi, quando certi meccanismi
vengono attivati (essenzialmente sono quelli di un buon film, e cioè personaggi
e relative reazioni agli avvenimenti, alle quali magari aggiungere una diversa
concezione e costruzione delle scene di terrore), e sono piuttosto convinto che
ci sia ancora spazio per un valido, terrorizzante film di abduction.
Non che siano
mancati, in questi ultimi tempi: ci sono valanghe di film intitolati più o meno
tutti allo stesso modo che, dagli anni Settanta, inseminano di sciocchezze
cheap i database più aggiornati con una indomita insistenza. Ma quello che di
cui vado in cerca in questo articolo è qualcosa che possa andare anche oltre la
mera esposizione di fatti che tutti in fondo conoscono.
L’orrore che
viene a crearsi tra uno strano amalgama di home invasion e torture psicologiche
risponde infatti a quella primigenia sensazione di soffocamento e conseguente
ricerca di ossigeno da inghiottire, perché l’abduction imprime uno shock che
non può essere in alcun modo combattuto. Se ci si attiene alla più classica
delle meccaniche, viene subita una sconfitta che non lascia alcuno scampo se
non quello di provare la paura nella sua forma più concreta. Semplicemente
perché altro non è possibile fare, se non al massimo, forse, svenire tra una
trapanazione del cranio e qualche approfondimento intestinale. Non ci si può
muovere, non si può combattere, non si può fuggire. E tutto ciò è già stato
vissuto, perché riemerge sotto forma di ricordi. Si rimane annichiliti.
Lungi di me
discernere di caratteri psicologici che non mi competono, ma credo che il
panico provocato da un’entità così forte e superiore abbia pochi eguali nel
mercato dell’orrore: è una privazione genuina, totale, di tutto quello che
possa servire per difendersi. Persino la voce viene tolta. Si diventa manichini
nelle mani e nei bisturi altrui.
Non è un caso che
un film purtroppo fallimentare come Il
quarto tipo possieda alcune tra le sequenze più spiazzanti e spaventose di
sempre, frutto indubbiamente di un abile lavoro degli effetti sonori ma anche,
e soprattutto, di un riuscito accumulo di situazioni atmosferiche che fanno
dell’assoluta incapacità di reazione la sua arma migliore.
Tifo sempre per
la qualità rispetto alla quantità, e non è per forza un male che negli ultimi
anni il cinema delle abduction si sia espresso con pochi titoli. Il problema è
che, salvo alcuni incredibili casi, sono quasi tutti tremendi a causa di
impostazioni e ambiziosi totalmente fallaci, sia che ci si muova con budget
importanti che in amare miserie.
Il già citato Il quarto tipo (2009) è uno scarso
tentativo di unire un genere allora in voga come il mockumentary a un’indagine affrontata
con una serietà così esagerata da camuffare i buoni propositi di Olatunde Osunsanmi
e Milla Jovovich dietro tonnellate di atteggiamenti e ricerche ridicoli. Extraterrestrial (2014) invece prova a
combinare l’abduction con l’atteggiamento sbarazzino e deficiente dei film adolescenziali,
uscendone come un pastrocchio tra gag sulla maria e squarci di abissi
galattici. Chi prova ad accontentarsi mirando bassi può finire invece come Skinwalker Ranch (2013), dove abduction
e apparizioni di fantasmi coincidono in una storia davvero poco sensata. O
magari come in Dark Skies (2013),
dove il vuoto più totale riempie la vita della famiglia protagonista mentre
Scott Stewart cerca di riempirlo a suon di comodi jump scare come se fosse un
qualunquissimo Insidious/The Conjuring.
O ancora come l’imperdonabile Area 51 (2015),
dove Oren Peli perde qualsiasi attendibilità e qualsiasi credito (io ero uno di
quelli che ancora lo seguivano, giuro) con una storia di ragazzi stupidi che
fanno che fanno cose stupide, inverosimili attacchi a basi segrete e assurdi
rapimenti.
Tra i tentativi
recenti di accumulare un discreto orrore alieno, come vedremo più sotto, sono ben
pochi quelli che possono vantare un’idea e un’impostazione generali
sufficientemente validi da permettere loro di bloccare realmente il tempo e
segnare un punto nello score del cinema horror. Perché, sì, le abduction si
prestano meravigliosamente al nostro genere preferito ma, per quanto sembri un
argomento semplice da trasformare in immagini e sensazioni, solo chi ha scopi
precisi, motivazioni consistenti e la capacità di staccarsi quanto basta dalla
tradizione può trarne qualcosa di efficace.
In passato si
sono avvicendati film validi e meno convincenti, costosi e meno ricchi, ma
tutti, o quanto meno molti, hanno saputo offrire una propria visione (basti
pensare al meraviglioso Incontri ravvicinati del terzo tipo, che offre una fiabesca e pacifica
reinterpretazione della minaccia aliena – e che solo per tale motivo non
troverà spazio in questo articolo fatto di alieni curiosi e cattivi), mentre
ora dobbiamo aggrapparci a sparuti bagliori nel buio affogati da tanta
inesperienza, cialtronaggine e ben poca conoscenza del cinema dell’orrore. Con
la maggior accessibilità di strumentazioni e la vastità di internet, non sembra
servire molto per mettere in piedi una storia di alieni sequestratori, ed è
quindi abbastanza insolito che ben tre titoli tra gli otto che ho selezionato
siano del 2014. Semplice coincidenza o speranza concreta? Di certo, con
l’avvicinarsi di Phoenix Forgotten
l’attesa è parecchia e, devo essere sincero, pure l’ottimismo è alle stelle.
Dopo questo lungo
preambolo ecco quindi gli otto titoli per me fondamentali, quelli che sono
riusciti a ricreare situazioni e intuizioni da far congelare la pelle
mantenendo i piedi ben saldi a terra. Non ci sono gemme nascoste o rarità
introvabili, si tratta di film piuttosto conosciuti (quasi tutti, almeno) che
ogni amante di sci-fi e horror dovrebbe aver visto, e mi limito a raccoglierli
per fare il punto della situazione. Ci saranno preferenze contestabili, come
può succedere per ogni elenco, ma questo per me è davvero il meglio, e non
saprei cosa aggiungere per cosa togliere. Ah, non è una classifica, tutto è
rigorosamente in ordine cronologico, dal 1975 a oggi.

Il primo film a
raccontare di un rapimento alieno è una produzione televisiva targata NBC con
Edward James Olson ed Estelle Parsons, e si ispira a uno dei casi più celebri,
quello dei coniugi Hill, una tranquilla coppia del New Hampshire. Siamo nei
primi anni Sessanta, e sebbene ci siano già stati alcuni rocamboleschi casi di
pseduorapimenti, l’abduction di Barney e Betty è probabilmente il primo vero
esempio che definirà uno schema classico fatto di vuoti di memoria, ipnosi
regressive e operazioni chirurgiche a bordo di veicoli spaziali. Siamo
naturalmente sempre nel caso delle ipotesi e delle speculazioni, perché non sono
pochi i fattori dubbiosi che, come in ogni caso, inevitabilmente ostacolano una
piena comprensione dell’accaduto, ma il film di Richard A. Colla è ancora oggi
un discreto prodotto che sopravvive con dignità al passare del tempo. Con la
potenza recitativa di Olson e l’insistenza sulle sedute d’ipnosi, The UFO Incident affronta con una
piacevole compostezza l’argomento e riesce a stimolare anche una certa
inquietudine perché contrappone e frattura la quotidianità della coppia con
l’orrore indecifrabile subito, e il gioco funziona così bene che, secondi
molti, diventerà inconscia fonte d’ispirazione in un altro caso di abduction,
quello di Trevis Walton, che a sua volta suggerirà un film ben più famoso e
riconosciuto (Bagliori nel buio).

Nel 1987 Whitley
Strieber, uno scrittore horror di discreta fama (Miriam si sveglia a mezzanotte
è tratto dal suo romanzo The Hunger,
mentre Wolfen potrebbe tornare in
mente solo a chi possiede una buona memoria), pubblica Communion, un libro autobiografico dove racconta delle sue
esperienze con creature aliene che ricordano i comuni Grigi ma che lui fa
risalire fino ai Sumeri. L’opera non va incontro a un gran riconoscimento, e
viene più facile additare la poca lucidità mentale di Strieber rispetto a
quello che garantisce di aver vissuto. Due anni più tardi, da una sua stessa
sceneggiatura, Philippe Mora ricava il film più ambizioso, sofisticato e
attento sulle abduction. Non del tutto sostenuto dallo scrittore, che se ne
distanzia pubblicamente, Communion è
innanzitutto una grande show di Christopher Walken, che in ogni smorfia, in
ogni risata isterica e in ogni sguardo stralunato esprime un’incredibile
autenticità. La sua versione di Strieber sembra davvero complessa, preda di
atroci preoccupazioni sulla sua sanità e su ciò che gli sta accadendo intorno.
In più di un’occasione, di notte, la sua abitazione viene infatti illuminata da
bagliori fortissimi e visitata da alcune creature aliene: Strieber viene rapito
e sottoposto a spossanti esperimenti. Same old story, in apparenza, eppure
l’enorme discrepanza con simili produzioni si trova nell’approccio da una parte
realistico e dall’altra surreale con cui Mora segue gli interrogativi di
Strieber: dialoghi ficcanti, comportamenti verosimili, numerose sedute da
dottori e psicologi e una lunga serie di litigi famigliari rendono il contesto
mai così credibile, mentre svariati accenni onirici e soprattutto il criptico
finale compongono un quadro estremamente originale e ricco di spunti di
riflessioni.

È il film più
noto e più ricordato, imitato e, in un caso particolare, quasi clonato (Night Skies, del 2007). Il caso è uno
dei più famosi e controversi, di sicuro è l’unica abduction testimoniata da
altre persone oltre alla vittima stessa. Trevis Walton era alla guida di un
camion in compagnia di sei colleghi, quando notò un oggetto volante che
produceva un forte stridore, scese dal veicolo e una luce abbagliante lo
strappò dalla realtà quotidiana per catapultarlo in un’altra fatta di
operazioni chirurgiche e violente esplorazioni aliene. Forse proprio perché
così popolare, è anche uno dei più controversi, e sono in molti a definirlo una
truffa, soprattutto per essere accaduto poco tempo dopo la trasmissione di The UFO Incident, alla quale Walton si
sarebbe ispirato. Di certo, nella sua trasposizione cinematografica, le
sequenze all’interno dell’astronave e i terribili momenti di confusione sono le
più credibili, dolorose e scioccanti che il cinema delle abduction possa
ricordare. Tutto è minaccioso e ostile, in Bagliori
nel buio: gli interni membranosi del veicolo spaziale, i macchinari
gigeriani usati per le operazioni, le condizioni tremende in cui viene
rilasciato Walton, gli stessi alieni possiedono un grugno intimidatorio e
difficilmente dimenticabile. Insomma, ben vengano i presunti imbrogli quando
ispirano film plausibili e scioccanti come questo.
Nel 1998 la rete
televisiva UPN manda in onda uno strano prodotto che incorpora segmenti di
fiction e altri che, date le riprese dall’aspetto amatoriale, sembrano
autentici. È un film o un documentario? Non è poca la confusione che si crea
tra gli spettatori, tanto che il paragone con quanto successo con la
radiolettura de La guerra dei mondi
da parte di Orson Wells, seppur con meno panico e peso storico, non è
esagerato. Il motivo è che The Blair
Witch Project uscirà soltanto l’anno successivo, sdoganando in tutto il
mondo la tecnica del found footage, mentre il pubblico non era ancora abituato
alle sequenze home-made e alla telecamera traballante con cui si presentava Incident in Lake County. Il film (che è
un remake con maggior budget di The
McPherson Tape, realizzato dagli stessi autori nove anni prima) racconta
dell’atterraggio di una navicella nei pressi della fattoria dei McPherson e di
come questi ultimi debbano affrontare gli scopi ostili dei marziani,
intenzionati a portarseli nel loro pianeta alieno. Si dà il caso che sia anche
un buon film, carico di tensione, ben dosato nella creazione del mistero e
sufficientemente curioso, pur tenendo in considerazione gli scarsi mezzi a
disposizione. Belle le scene al buio, ottimi gli inseguimenti all’interno della
casa, sopra ogni modesta attesa l’indagine nel bosco. Un piccolo cult
premonitore di un fenomeno che di lì a poco avrebbe invaso il cinema.

Anche a costo di
prevalere su tutto il resto, il cinema di Brian Yuzna non ha mai nascosto nulla
e, anzi, ha sempre fatto dei grandi effetti splatter, del monster design e
della sfrontata morbosità i suoi punti di forza. Nel 1998 forse stava già
iniziando il suo lento declino dopo un decennio di follie gore mai più riviste
nell’horror odierno, e infatti Progeny
brilla solo quando si entra nel campo sanguinario del maestro, mentre tutto il
resto traballa tra l’incertezza e la monotonia nonostante il soggetto di Stuart Godon e la presenza del sempre carismatico Brad Dourif. La storia è quella più
classica dell’inseminazione aliena, ma se Arnold Voosloo e Jillian McWhirter
non fanno molto per rendere accattivati dei personaggi senza mordente, ci pensa
il guru degli fx Screaming Mad George, con i suoi alieni slimy e gigeriani, a
rivoltare lo stomaco. Le lunghe scene nell’astronave sono un assalto di
creature tentacolari, addomi sventrati e viscidume sparso ovunque, la parentesi
nel vero scenario alieno è un gorgogliare di corazze e mostruosità allucinanti,
e sono ovviamente questi squarci il grandissimo pregio di un film non molto
bello ma che può vantarsi di essere il più orrorifico e violento tra gli
abduction movies.
Alien Abduction (2014)
Ci sono due
aspetti di questa microscopica produzione del 2014 a risaltare. Il primo è la
scelta dei protagonisti, perché, man mano che la canonica famiglia yankee viene
smembrata dal raccolto alieno, a rimanere per maggior tempo in balia degli UFO
sono due personaggi femminili lontanissimi da qualsiasi cosa vista nel cinema
horror. Madre e figlia, due donne semplici, gracili, dipendenti l’una
dall’altra, annichilite dagli eventi, in costante confusione nell’attacco
alieno. Il secondo è la violenza dei rapimenti, con un raggio traente sottile
che spezza e frantuma ossa per permettere ai corpi di passare nell’apertura. Il
resto è un piacevole found footage con dialoghi più che discreti e una
graduale, notevole gestione dell’intrusione soprannaturale. Pochi mezzi a
disposizione, ambizioni saggiamente ridimensionate, risultati ben al di sopra
delle aspettative.

Il film di
William Eubank è in realtà molte cose assieme ed è probabilmente a una
fantascienza più globale ciò che stava mirando il regista, visto l’amalgama di
hackeraggio, robotica, superpoteri, teorie matrixiane e molto altro. Il pregio
di un lavoro passato troppo in sordina dalle nostre parti è il grande impatto
visivo che, soprattutto nell’ultima parte, toglie il fiato con alcune tra le
sequenze in rallenti più drammatiche, epiche e commoventi mai viste. Ma va
detto che questo risultato è ottenuto principalmente per un terzetto di eroi
adorabili, con i quali è facile entrare in simpatia per l’handicap a monte
della storia e per come questo costringa a ruotare attorno a esso i destini
degli altri due ragazzi. L’abduction è contenuta in una prima metà dove Eubank
maschera abilmente le vere intenzioni del film e cuce un bell’incubo fatto di
segnali misteriosi, coordinate imperscrutabili e case abbandonate dove si
manifestano strani accadimenti. Seppur destinato a un target prevalentemente giovanile,
ma con una maturità che può e deve colpire un pubblico molto più ampio, è un
ottimo film da riscoprire:

È stato il mio
film preferito del 2015, ancora adesso lo ricordo con un affetto che non sono
riuscito a provare per nessuno dei grandi horror di questi ultimi anni, e credo
non smetterò mai di lodarlo. Merito di una coppia di protagonisti memorabili,
due sposini che si rifugiano in uno chalet al lago e spendono molta della prima
metà del film a costruire una quotidianità fatta di attenzioni e relazioni che
forse solo una mano femminile (l’esordiente Leigh Jeniak) poteva dipingere con
una simile spontaneità. Poi l’amore si blocca e un’ombra si insinua nella
coppia, lei inizia a stare male e a mostrare comportamenti poco comprensibili,
e non è difficile immaginare cosa le possa essere successo nel bosco, di notte,
sebbene la Jeniak sia brava a nascondere la semplicità della trama con
l’incredibile lavoro sui personaggi e sulla progressiva alienazione (è proprio
il caso di dirlo) che frattura i due sposini. Per certi versi siamo più nel
campo dell’horror puro che in uno scenario di luci accecanti, raggi traenti e
astronavi che ammiccano nell’oscurità, ma anche questo è un modo per
reinterpretare il tema. Un film di grande sensibilità e sconvolgenti squarci
cronenberghiani.
Sì, X-Files ha avuto un bel contributo nell'immaginario generale, anche se, personalmente, mi sono rimaste più impresse le one shot sui mostri e la teoria cospirazionista, che le abduction vere e proprie.
RispondiEliminaPenso che il grosso, sull'argomento, l'abbia fatto proprio Bagliori nel buio, che è rimasto un bel punto fisso, oltre ad aver terrorizzato più o meno chiunque. :)
grazie, avevo proprio bisogno di una bella lista ragionata dei film di abduction più spaventosi in giro. non so bene se tenerla a mente per cercarli o per scansarli, perché anch'io sono terrorizzato dalle abduction come da poche altre cose, forse nessuna.
RispondiEliminaPensavo di essere l'unico a soffrire così tanto, per moltissimo tempo ho del tutto evitato l'argomento perché mi bastava il solo pensiero per rimanerne tramortito.
EliminaFin da piccolo ho letteralmente sguazzato in storie di abduction e avvistamenti di Ufo a causa di mio padre e mio zio che da appassionati dell'argomento collezionavano documentari e articoli da riviste (perlomeno all'epoca, gradualmente con gli anni l'interesse si è spento). Communion e Bagliori nel Buio sono i miei film preferiti sull'argomento seguiti a ruota dalla versione originale di Alien Abduction del 1989 che pur nella sua semplicità ha i suoi momenti.
RispondiEliminaL'originale dell'89 era per me un po' grezzotto, il remake invece mi sembra piacevolmente professionale nonostante budget, produzione televisiva e, be', il fatto di essere un esperimento. Sul resto, sì, Communion e Bagliori nel buio sono sicuramente gli esempi migliori del filone, il primo per l'approccio virtuso e riflessivo, e il secondo per il suo essere così feroce e crudele.
EliminaGrazie delle dritte di cui, come sempre, mi fido. Mi segno allora Communion ed Alien Abduction che non ho visto.
RispondiEliminaConcordo in tutto sul "Quarto tipo", film dimenticabile ma che misteriosamente contiene delle scene che mi hanno inquietato come pochi altri film. Quindi mio malgrado non lo dimentico.
Devo dire che poche cose mi hanno sconvolto come quelle due scene de Il quarto tipo, perché arrivano improvvise e folgoranti. Bastava poco per dare al film un po' più di serietà e renderlo quanto meno credibile, invece hanno optato per quel cumulo di minchiate e il castello è crollato. :(
EliminaCommunion è tanto bello quanto strano, è un approccio originalissimo e pieno di spunti di riflessione. Alien Abduction è invece un filmetto piccolino e poverello ma secondo me ha ottimi spunti e nel circuito underground ha parecchio da offrire. Non può rivaleggiare con i grandi, ma si difende bene.