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Mostruosa nostalgia: Wishmaster (1997)

By Simone Corà | venerdì 24 marzo 2017 | 00:01

Esprimere un desiderio non è mai stato così complicato come in questo cult di fine anni Novanta, diretto da un genio degli effetti speciali                                                        

Qualche giorno fa, con l’astuzia di promuovere l’imminente box bluray dell’intera saga, Robert Englund ha dichiarato che Wishmaster avrebbe bisogno di una rivalutazione da parte del pubblico: mera mossa pubblicitaria o parere sincero?
Non c’era occasione migliore di rispolverare questo piccolo, grande classico che, a fine anni Novanta, irrompeva con una furia sanguinaria d’altri tempi. Diretto dal master splatter Robert Kurtzman (che, a differenza di una maestosa carriera principale nel campo degli effettacci truculenti, non avrebbe avuto altrettanta fortuna nei successivi tentativi da regista), e scritto da quel Peter Atkins che aveva elaborato i migliori episodi di Hellraiser, Wishmaster è una gemma che, proprio come la pietra preziosa in cui è imprigionato il jinn, andrebbe strofinata spesso perché si rischia di non dare abbastanza peso a questo impensabile e incredibile prodigio di efferatezze e ironia citazionista, capitanato da un villain memorabile che nulla ha da invidiare ai vari mostri sacri che l’horror ha consegnato alla storia.
Insomma, Englund sembrerebbe avere ragione e sarebbe un guaio non seguirne il consiglio, ma vediamo di approfondire un poco.

Basterebbe il prologo per farsi un’idea della potenza sanguinaria di un Kurtzman all’apice della carriera, quando la K.N.B, creata assieme a Greg Nicotero e Howard Berger, firmava con caratteri di sangue la maggior parte delle produzioni horror significative dell’epoca. All’alba dei tempi, in una Persia di misteri e leggende, un sovrano chiede al jinn di esaudire i suoi desideri e mostrargli meraviglie, e la creatura infernale si prende gioco della sua sciocca richiesta inscenando un apocalittico spettacolo gore fatto di scheletri che fuoriescono dai corpi, volti che si sciolgono, uomini che si tramutano in vermi giganteschi, intestini che si tramutano in creature affamate e frattaglie a volontà. Una partenza davvero ustionante e che lascia senza fiato.
L’ironia malvagia dei demoni mediorientali è stata mitigata nel tempo da favole e film d’animazione, ma la fantasiosa crudeltà con cui si pavoneggia il jinn interpretato da un monumentale Andrew Divoff ben visualizza la banale quanto schiacciante beffa legata al desiderio umano. La sua voce gorgogliante, la sua posa altezzosa e sbruffona, quei denti seghettati che sembrano pregustare ogni desiderio come un pasto goloso. Si sa che ai diavoli piace scherzare, e qui il jinn ne inventa di tutti i colori per interpretare a suo vantaggio le richieste di persone gonfie e boriose ma anche solo sfortunate e speranzose, fa persino schiantare un aereo per avverare una complicata smania di ricchezza. 
Al di là del fortissimo aspetto gore, Wishmaster è infatti prima di tutto un film molto sardonico e irreverente, e se non bastano le strampalate uccisioni (che spesso non corrispondono a splatterate memorabili, ma a più sciocche quanto sofisticate interpretazioni comiche dei desideri espressi), gli intenti divertiti sono chiarissimi grazie al mezzo mondo horror mobilitato come comparsa. Tony Todd, Ted Raimi, Robert Englund, Tom Savini, Kane Hodder, Angus Scrimm, Joe Pilato e altri minori si passano il testimone delle morti bizzarre che la voce mefistofelica di Divoff sottolinea sempre con gran sarcasmo, mentre non mancano piccole strizzate d’occhio a L’Esorcista e a Lovecraft.


Ma naturalmente è quella horror l’anima che più ci interessa, e l’espressione migliore di Wishmaster va cercata nelle bestialità inscenate dal jinn. Cani mostruosi che inseguono all’interno di labirinti microscopici, vomito che prende vita e diventa una creatura lovecraftiana di forma vaginale, e lo stesso demone assume delle configurazioni di meraviglioso viscidume, tra corna che crescono trasformandosi in tentacoli e complesse armature anatomiche che ne esaltano la fisicità.
Il resto dello show è affidato a volti martoriati da bolle, statue che si animano e ammazzano senza pietà, pianoforte che usano corde come tentacoli, e una sequenza non esagerata ma piacevolmente consistente di truculenze. Kurtzman non è un grande regista e la messinscena è spesso confusa tra immagini sovrapposte e fumose scelte di montaggio, ma nulla si può dire sull’abbondanza e sulla qualità della macelleria inscenata. Che rimane una delle più squisite e fantasiose del cinema horror. 

Wishmaster lo abbiamo visto tutti a orari improbabili su Italia 1, e purtroppo è forse questo il modo in cui molti lo ricordano, privandolo di quello spessore che solo pochi titoli horror riescono a raggiungere. Ma non è mai troppo tardi per rinfrescare la memoria. 

2 commenti:

  1. Englund ha ragione, Whishmaster rimane uno dei miei horror preferiti, almeno il primo. Un festino di sangue niente male e Divoff praticamente perfetto, al punto che tante volte al Djinn verrebbe quasi da stringere la mano, tanto sciocchi sono i desideri di alcuni :)

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    1. Sì, lui è davvero un mito. Quella voce così trattenuta, il modo in cui muove le mani, e le assurdità dei desideri sono aspetti davvero splendidi. :)

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