Esprimere un desiderio non è mai stato così complicato come in questo cult di fine anni Novanta, diretto da un genio degli effetti speciali
Qualche giorno fa, con l’astuzia di promuovere l’imminente
box bluray dell’intera saga, Robert Englund ha dichiarato che Wishmaster avrebbe bisogno di una
rivalutazione da parte del pubblico: mera mossa pubblicitaria o parere sincero?
Non c’era occasione migliore di rispolverare
questo piccolo, grande classico che, a fine anni Novanta, irrompeva con una
furia sanguinaria d’altri tempi. Diretto dal master splatter Robert Kurtzman
(che, a differenza di una maestosa carriera principale nel campo degli
effettacci truculenti, non avrebbe avuto altrettanta fortuna nei successivi
tentativi da regista), e scritto da quel Peter Atkins che aveva elaborato i
migliori episodi di Hellraiser, Wishmaster è una gemma che, proprio come
la pietra preziosa in cui è imprigionato il jinn, andrebbe strofinata spesso
perché si rischia di non dare abbastanza peso a questo impensabile e
incredibile prodigio di efferatezze e ironia citazionista, capitanato da un
villain memorabile che nulla ha da invidiare ai vari mostri sacri che l’horror
ha consegnato alla storia.
Insomma, Englund sembrerebbe avere ragione e
sarebbe un guaio non seguirne il consiglio, ma vediamo di approfondire un poco.
Basterebbe il prologo per farsi un’idea della
potenza sanguinaria di un Kurtzman all’apice della carriera, quando la K.N.B,
creata assieme a Greg Nicotero e Howard Berger, firmava con caratteri di sangue
la maggior parte delle produzioni horror significative dell’epoca. All’alba dei
tempi, in una Persia di misteri e leggende, un sovrano chiede al jinn di esaudire
i suoi desideri e mostrargli meraviglie, e la creatura infernale si prende
gioco della sua sciocca richiesta inscenando un apocalittico spettacolo gore
fatto di scheletri che fuoriescono dai corpi, volti che si sciolgono, uomini
che si tramutano in vermi giganteschi, intestini che si tramutano in creature affamate e frattaglie a volontà. Una partenza davvero
ustionante e che lascia senza fiato.
L’ironia malvagia dei demoni mediorientali è
stata mitigata nel tempo da favole e film d’animazione, ma la fantasiosa
crudeltà con cui si pavoneggia il jinn interpretato da un monumentale Andrew Divoff ben visualizza la banale quanto schiacciante beffa legata al desiderio
umano. La sua voce gorgogliante, la sua posa altezzosa e sbruffona, quei denti
seghettati che sembrano pregustare ogni desiderio come un pasto goloso. Si sa
che ai diavoli piace scherzare, e qui il jinn ne inventa di tutti i colori per
interpretare a suo vantaggio le richieste di persone gonfie e boriose ma anche
solo sfortunate e speranzose, fa persino schiantare un aereo per avverare una
complicata smania di ricchezza.
Al di là del fortissimo aspetto gore, Wishmaster è infatti prima di tutto un
film molto sardonico e irreverente, e se non bastano le strampalate uccisioni
(che spesso non corrispondono a splatterate memorabili, ma a più sciocche
quanto sofisticate interpretazioni comiche dei desideri espressi), gli intenti
divertiti sono chiarissimi grazie al mezzo mondo horror mobilitato come
comparsa. Tony Todd, Ted Raimi, Robert Englund, Tom Savini, Kane Hodder, Angus
Scrimm, Joe Pilato e altri minori si passano il testimone delle morti bizzarre
che la voce mefistofelica di Divoff sottolinea sempre con gran sarcasmo, mentre
non mancano piccole strizzate d’occhio a L’Esorcista
e a Lovecraft.
Ma naturalmente è quella horror l’anima che più
ci interessa, e l’espressione migliore di Wishmaster
va cercata nelle bestialità inscenate dal jinn. Cani mostruosi che inseguono
all’interno di labirinti microscopici, vomito che prende vita e diventa una
creatura lovecraftiana di forma vaginale, e lo stesso demone assume delle configurazioni
di meraviglioso viscidume, tra corna che crescono trasformandosi in tentacoli e
complesse armature anatomiche che ne esaltano la fisicità.
Il resto dello show è affidato a volti
martoriati da bolle, statue che si animano e ammazzano senza pietà, pianoforte
che usano corde come tentacoli, e una sequenza non esagerata ma piacevolmente
consistente di truculenze. Kurtzman non è un grande regista e la messinscena è
spesso confusa tra immagini sovrapposte e fumose scelte di montaggio, ma nulla
si può dire sull’abbondanza e sulla qualità della macelleria inscenata. Che
rimane una delle più squisite e fantasiose del cinema horror.
Wishmaster lo abbiamo visto tutti a orari
improbabili su Italia 1, e purtroppo è forse questo il modo in cui molti lo
ricordano, privandolo di quello spessore che solo pochi titoli horror riescono
a raggiungere. Ma non è mai troppo tardi per rinfrescare la memoria.
Englund ha ragione, Whishmaster rimane uno dei miei horror preferiti, almeno il primo. Un festino di sangue niente male e Divoff praticamente perfetto, al punto che tante volte al Djinn verrebbe quasi da stringere la mano, tanto sciocchi sono i desideri di alcuni :)
RispondiEliminaSì, lui è davvero un mito. Quella voce così trattenuta, il modo in cui muove le mani, e le assurdità dei desideri sono aspetti davvero splendidi. :)
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