Dove ci spiegano cosa davvero significhi essere una final girl
Qualche mese fa il piacevole Bound to Vengeance si interrogava con
una certa intelligenza su cosa potrebbe succedere nel momento in cui la final
girl fugge dal suo rapitore. Non c’erano prospettive rosee o rassicuranti,
nella visione di José Manuel Cravioto, in quanto la storia proseguiva in un
vortice quasi videoludico di violenza e orrore, con un riscatto e una vera
liberazione sempre troppo lontani da raggiungere.
Anche il simpatico Ava’s Possession si poneva molte domande su un dopo, spostava l’argomento sulla possessione demoniaca ma, con una
protagonista priva di memoria, costruiva e decostruiva una situazione a proprio
piacimento, senza che il dramma interiore e l’incubo vissuto, per quanto
intensi, potessero realmente predominare.
In Last Girl Standing il tema è simile, il “film” si è già svolto e adesso si segue
quello che succede al termine dei titoli di coda, ma presenta un impatto molto
meno viscerale e crudo del primo, e molto meno ironico e grazioso del secondo, in
favore di una sorta di difficile rinascita e reinserimento nella società. A Benjamin R. Moody non interessano tanto la vendetta e i suoi derivati, né una redenzione
attraverso una rivincita delle violenze subite, nel suo mirino c’è infatti
qualcosa di più sgradevole e faticoso da digerire.
Camryn è sopravvissuta al killer di turno e ora
tenta di sopravvivere in un ambiente dove però non è più in grado di essere sé
stessa, ma tutti sanno chi è e cosa le è successo, e questo complica la
faccenda. Compassione e distacco la seguono come un’ombra, ansia e agitazione
sono gli unici stati emotivi che sembra conoscere, contatti e legami di
qualsiasi tipo vengono rifiutati a priori.
Come se non bastasse, Camryn vede il suo
rapitore ovunque, scambiando una realtà triste e povera con una fantasia
distorta e brutale che non le dà pace.
Last
Girl Standing è quindi un spinoso
punto di domanda fin troppo realistico, pur nei suoi intenti cinematografici
fermamente inchiodati al genere. Non abbiamo a che fare con corposo e micidiale
film inchiesta travestito da slasher, né un qualche tipo di opera di denuncia: l’esordio
di Moody non nasconde mai la sua vera natura, che emerge volentieri in molti
spicchi sanguinosi prima della corpulenta bloodbath finale, ma è abbastanza
ingegnoso e vivace da far risaltare questa discrepanza.
La ricchezza comportamentale che definisce tutti
i protagonisti è un bel punto a favore, ed è tale da permettere alla devastata
Camryn di soffrire e urlare senza mai apparire con una mera bidimensionalità.
Gli approcci verso di lei e i suoi rifiuti, i momenti imbarazzanti che vengono
a crearsi e le problematicità incontrate durante le parentesi in compagnia
offrono un quadro interessante e a tratti meticoloso, sempre compatto e privo
di cadute con cui magari facilitare la componente più irruenta e irrazionale.
Incubi e allucinazioni spingono inevitabilmente
nell’unica direzione possibile, non è un mistero quello che si sta creando ma Moody
ha stile, calma e attenzione per definirlo senza renderlo pesante o troppo prevedibile.
Pause e dialoghi sono preparati con cura, e vengono cuciti bene su un gruppo di
personaggi giovani ma inquadrati in un ambiente lavorativo che trasmette
maturità e una capacità di affrontare responsabilmente i problemi a cui vanno
incontro.
Insomma, Last
Girl Standing si inzuppa in un tema piuttosto problematico ma ne esce a
testa alta, era un film potenzialmente disastroso ma che mostra il disegno di
un autore esordiente eppure già preparato e attento.
Segnato, grazie del consiglio!
RispondiEliminaDi nulla, sono qui apposta :)
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