Press start to kill zombies
Pandemic è un po’ quello di cui ci si deve accontentare
negli intervalli di noia durante i setacci: non propriamente brutto, di certo
non bello, originalità e personalità non pervenute, ma è un qualcosa che tutto
sommato funziona seguendo più o meno gli obiettivi di un mero intrattenimento
horror che, spero, fossero quelli prefissati da John Suits e Dustin T. Benson.
Allora, Pandemic è un film di zombie, e in quest’unica etichetta
di solito si spenge ogni interesse. Si potrebbe aprire un’enorme parentesi sui
motivi che spingono molti autori a raccontare ancora storie di morti viventi,
magari ne apriamo mezza, giusto per gradire.
Perché ancora una volta siamo davanti a immagini
di soldati cazzuti post apocalisse, masse di morti corridori, lunghi pasti a
base di intestini sfilacciati, piagnistei sui cari defunti, and on, and on, and
on, il calderone di banalità e cliché è riempito fino all’orlo. Fare un film di
zombie è probabilmente facile, lineare, molto veloce, la storia si scrive da sé
e non servono grosse abilità narrative/visive per farla risaltare: è quindi un
terreno ideale per chi ha poca esperienza, ancora meno soldi ma quel
proverbiale entusiasmo che fa sgommare.
Non serve essere il Robert Kirkman di una volta,
né i ragazzi della Telltale, o Dominic Mitchell, molti registi/sceneggiatori
non hanno alcun interesse a lasciare qualche tipo di graffio (e spero, spero
con tutto il cuore che possiedano quell’umiltà per rendersi conto della
situazione), rivoluzionare è un termine sconosciuto, approfondire è un qualcosa
di noioso, questa gente è giovane, nata sugli schermi ultrapompati dei
blockbuster più insipidi, non hanno tempo per creare una storia che possa
essere ascoltata, la devono fare in fretta e furia secondo il verbo del cinemaspettacolo
per preparare la strada al film fotocopia che la seguirà subito dopo.
È cinema fatto per il proprio piacere, per dire
“yeah, l’ho fatto anch’io”, è un po’ quel passo successivo, evidentemente molto
più alla portata di tutti nel circuito cinematografico americano, allo scrivere un racconto perché ho il
pc, la tastiera e mi piace l’horror. Difficile, difficilissimo trovare altre
scuse.
E poi imdb dice che John Suits sarà sì
giovinotto (un anno meno di me), ma ha già un suo (micro)perché nel cinema di
genere, quindi il motivo per girare Pandemic
(che è scritto, questo sì, da un totale sconosciuto alla sua primissima prova –
i conti tornano sempre) è perché non fa mai male essere un po’ furbi e provare
la sfangata.
Non ho ancora visto Hardcore Henry ma, sebbene non sia il primo caso di film in POV
interna (c’è almeno un Maniac del
2012 con cui fare i conti, per non parlare di Hotel Inferno dei gore obssessed della Necrostorm), è già diventato
piccolo cult da copiare e ricopiare: ecco spiegato perché, nel 2016, il caro
vecchio hard disk può ancora sparare un film di zombie e a me addirittura vien voglia di scriverne.
In realtà Pandemic sfrutta la visuale interna
con una minima variante, con anche un suo interesse: non un solo POV, ma quello
di chiunque agisca all’interno della storia. Pertanto, sulla carta viene
evitata qualsiasi inquadratura esterna (in realtà non è vero, non sono poche le
imprecisioni e i momenti “impossibili”) per favorire un through my eyes che
spazia forsennato da un personaggio all’altro.
Cosa crea in questa maniera il buon Suits? Da
una parte c’è un ritmo spericolato e senza freni che annienta il respiro, si
viene infatti totalmente sballottati da una situazione feroce all’altra.
Dall’altra il rischio di una confusione è da mettere bene in conto a causa di
un montaggio che, sincerità comanda, schianta un po’ troppo da una parte all’altra, impedendo in più di un’occasione
di chi capire chi siano gli occhi attraverso cui stiamo guardando.
Ma non è un male troppo grosso, soprattutto in
virtù della costruzione videoludica che ovviamente non si limita alla mera
esposizione fatta di fucilate ravvicinate, attacchi rapidissimi e corpi nemici
schiantati all’indietro dalla potenza disumana dei colpi. Dal briefing inziale al trasporto sull’autobus
alla zona infetta, dai primi scontri all’ingresso nella scuola dove portare a
termine l’extraction di un manipolo di sopravvissuti, tutto segue lo schema
tipico degli fps, garantendo una buona immedesimazione fatta di training, primi
movimenti nell’ambiente, colpi sparati per testare i comandi, e quindi
l’entrata in azione.
Determinato il setting, quello che più funziona
è proprio la natura semplice e precisa della quest: entrare in un edificio,
fare il macello e salvare quelli ancora vivi. Gli zombie, il virus che li ha
infettati e in generale la situazione mondiale è qualcosa che non interessa né
a noi né a Suits, che è bravo a spargere due-tre informazioni inutili giusto
per definire un background e limitare tutto il resto all’azione più sporca e
violenta.
E quando anche la brutalità si consuma (sangue
in CG, impreciso e non troppo abbondante come serviva, peccato, la violenza è
molta e gli scontri sono ben realizzati), ci si accorge che, dietro alla più
facile mitragliata di fuck e proiettili, c’è anche un certo lavoro descrittivo
che, a schiacciare stop dopo 10 minuti come è facile fare con questi film, si
sarebbe perso.
Le motivazioni di Lauren, la coppia che crea con
Denise e la convivenza forzata con Theon Greyjoy sono
momenti davvero inaspettati in un film di questo piccolo calibro, e fanno
respirare un’aria buona che cancella le varie cagate in cui ci si scontra qua e
là.
Insomma, è un film che si guarda e si dimentica,
per di più non presenta alcun tipo di sfida visivo/narrativa visto l’argomento
trattato, ma tra i tanti usa & getta ha quel minuscolo quid in più con cui
goderselo senza troppi pensieri.
Sto aspettando che qualche misericordioso metta on line i sub in ita, nell'attesa hype decisamente alto nonostante le recensioni lette in giro si assestino su un blando "6 1/2" però se c'è molta azione e anche della bella violenza io sto a posto così, mai stato un grande fautore dell'originalità a tutti i costi perché spesso porta ad aborti autoriali, imho.
RispondiEliminaNo, be', non aspettarti troppo ché poi rimane con l'amaro in bocca. Pensa solo che è un film di zombie che si può ancora vedere nonostante sia uguale a mille altri, perché ha l'edificio-labirinto tipo The Raid e l'effetto videoludico e l'iper-velocità e il super-ritmo, ma rimane pur sempre un film di zombie con tutte le pecche che ormai questa tipologia si porta dietro. :)
EliminaEcco già il fatto del palazzo/labirinto come in The raid mi fa sbavare duro, ti farò sapere.
EliminaA proposito di palazzi, hai già visto high rise? Ne ho letto bene
E' sempre una grande ambientazione, sì.
EliminaHigh Rise visto e piaciuto per nulla, per me film davvero terribile, spurga snob e intellettualismo da ogni inquadratura e dialogo, dopo 30 minuti diventa insopportabile.
Cazzo avevi ragione, una roba che boh non si capisce. Un plot potenzialmente bellissimo sprecato in deliri intellettualoidi... Visto tutto a fatica.
EliminaSì, visto con molta fatica anch'io, più che altro perché tutta la seconda parte è persa in un'autoreferenzialità estremamente irritante
Elimina