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The Signal (2014)

By Simone Corà | venerdì 22 gennaio 2016 | 08:30

Hacker dallo spazio profondo                                                                 

Forse sono stato sbadato io, e con la memoria che mi ritrovo può benissimo essere, ma mi chiedo perché un film come The Signal non sia rimbalzato nella blogosfera e in generale nell’internet di genere a suon di commenti fragorosi e applausi insistiti.
Ad averlo gustato prima avrei dichiarato amore assoluto (be’, lo faccio anche adesso con un paio di annetti di ritardo, vale lo stesso, no?) e, per quanto possa valere, avrebbe avuto impatto parecchio forte e terremotante sulle classifiche di fine anno o, meglio, sull’analisi di quello che il 2014 ha saputo dare, con quei The Babadook e Honeymoon che mi hanno bersagliato il cuore, dittico sconvolgente a cui The Signal va a sommarsi per un trio delle meraviglie che ha lasciato impronte indelebili.

È un periodo di setaccio in cerca di fantascienza aliena, ma in termini di abduction nuda e cruda il cinema non ha molto da offrire se non qualche esempio lontano (Communion, Bagliori nel buio) o pessimi tentativi recenti (Dark Skies, Extraterrestrial, Il quarto tipo), il resto non è che qualche esperimento raffazzonato a basso budget, pur con un certo fascino (Incident in Lake County, Alien Abduction, Absence).
The Signal la sfiora soltanto, ne sfrutta l’elemento cardine per raccontare in fondo un’altra storia: non è un racconto generico su rapimenti, test e reazioni più o meno disturbanti, il film non cerca infatti quella tensione o quel terrore che in me fanno tanto effetto, ma non per questo lesina su un accumulo di strati di inquietudine gestiti con una scelta indovinata dietro l’altra.
Sarebbe un peccato accennare altri elementi della vicenda, il meccanismo narrativo funziona proprio per la successione di mistero e per l’enigma lentamente svelato, e il pregio maggiore di questo piccolo film è l’alternarsi di atmosfere e situazioni che lo sottopongono a una continua e inattesa mutazione. Sono tentato di mettere qualche parola significativa e spoilerare, ma è cosa che  va contro a ogni mia scelta morale, sarà difficile tenere la bocca chiusa ma ci proverò.

Si può parlare in generale di fantascienza, penso sia abbastanza per incuriosire considerando le forme di volta in volta assunte da questo piccolo miracolo, ed è una fantascienza così trasversale che, pur non diventando mai hard o comunque cervellotica, strizza l’occhio a un pubblico vastissimo, da chi cerca un cinema profondo e autoriale alla massa di ragazzi vogliosi solo di effetti speciali, passando per atmosfere e richiami horror ed esigenze da mindfuck per chi ama stimolare la materia grigia fino all’esplosione.    
È più facile che con simili scelte finisca per scontentare tutti, in particolare quella porzione con poche pretese che probabilmente arriverà con troppi sbadigli alle sequenze roboanti, ma è impossibile per me non premiare una simile capacità di alterare ritmi e visioni senza venir mai meno a una lettura personale e coerente dell’abduction, la continuità con cui si passa da un segmento all’altro e spaventosa e mostra una direzione precisa, solida, d’acciaio, frutto di ottime sintesi e capacità di scrittura.


Saper scrivere non significa per forza eludere errori o mancanze, qualche mancamento affligge The Signal pur senza rovinarne in alcuna maniera l’esperienza, perché creare e gestire i tre ragazzi protagonisti con l’eleganza e il sentimento mostrati da William Eubank vale molto, molto di più che una perfezione chirurgica di una storia comunque sempre forte e valida.
L’handicap di Nic è uno spunto per mostrare senza alcun sovraccarico l’animo sincero di uno studente universitario di fronte a un bivio, la sua ragazza proseguirà gli studi in un’università lontana e vorrebbe affrontare l’inevitabile distacco con una serietà e una maturità dolorose e invece lui preferisce ficcare la curiosità verso un segnale misterioso con cui un hacker straordinario lo sta contattando.
La naturalezza del rapporto tra i due è spesso commovente, il pensiero di Nic in un punto ben preciso disarma per una lucidità dolorosa e terribile, e quando le cose si complicano la forza con cui cerca e mette Haley sempre al primo posto è splendida, si respira quindi un amore puro che risalta e riemerge nonostante il guaio sempre più grosso da cui sono travolti.
E lo stesso si può dire dell’amicizia con Jonah, nonostante gli scherni e le battute, nonostante l’orrore e la paura più totali, non c’è un istante in cui il loro legame rischi di frantumarsi.  
Ma che Nic sia quel che si dice un bravo ragazzo è già lampante dai primi secondi, con una scena dolcissima che acquista addirittura maggior valore più avanti nella pellicola quando trova ulteriore spiegazione.

Insomma, Eubank disegna i suoi personaggi con una sensibilità profonda e attenta e per mezzo di questo punge lo spettatore iniettando sofferenza o caricando le reazioni, la trama scorre piacevolmente ma sulla base di questi aspetti gli infossamenti e le impennate sono molto più potenti di quello che potrebbero magari offrire con altri protagonisti meno tratteggiati.
Tanto che anche quando subentra uno scossone forse più giovanile, sulla base di grossi effetti speciali ed esplosioni bombardanti, Eubank non lascia andare le redini ma le fissa su nuove coordinate, rallentando a dismisura l’azione invece di pomparla e sganciando granate d’epicità che toccano corde molto profonde.

Bellissimo e inaspettato, una fantascienza intelligente che non teme confronti e che pare saperla lunga su cosa e come dare la pappa al pubblico goloso ma anche a quello più severo. Imperdibile.

2 commenti:

  1. A livello narrativo non è che mi abbia colpito molto -poi il twist finale è abbastanza bruttino e super abusato- mentre a livello tecnico e interpretativo mi ha esaltato forte, quei ralenty lì, con quella definizione di immagine, sono davvero potenti. Per un attimo quando al ragazzo gli spuntano dalle gambe quei cosi ho sognato che si trasformasse in una specie di Cronenberg+alieni...ma purtroppo così non è stato.

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    1. Ma non è tanto il twist finale, che a un certo punto è abbastanza intuibile, è il modo in cui cambia di volta in volta la storia pur rimanendo sempre coerente - la parte iniziale e quella finale sembrano appartenere a due film completamente diversi, eppure si sposano alla perfezione. :)

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