Banshee: ora hai un rivale nella guerra alle migliori mazzate televisive
Dopo che Banshee ha sdoganato le botte in televisione, Alfred Gough e MilesMillar si sono accorti che si poteva osare qualcos’altro e hanno detto, per la
gioia di tutti i piccini: adesso facciamo le arti marziali televisive, chi ci
sta?
Forse pensando alla bolla d’acqua creata
nel 1999 con Martial Law e il grande
Sammo Hung, e appuntandosi qualcosina circa le tarantinate di RZA e del suo The Man with the Iron Fists, presentano
alla AMC un progetto abbastanza delirante e fuori di testa con Daniel Wu come
protagonista e Huan-Chiu Ku a coreografarne le scene di lotta, una cosa in
pieno spirito Hong Kong sviluppato però da una mente creativa occidentale che
di Hong Kong può cogliere solo frammenti di una sfera culturale che ovviamente
non le appartiene.
Se in patria una storia del genere
potrebbe essere motivata da una fiera tridimensionalità nazionale, e nessuno
avrebbe niente da ridire, in America è impossibile non marchiare i suoi aspetti
così tamarri per essere, appunto, tamarri, e diventa in qualche modo necessario
catalogare Into the Badlands in un
prodotto di, boh, chiamiamola seconda categoria, giustificabile solo per un
determinato pubblico a cui piacciono i pugni, i calci volanti, le botte
fortissime e una serie di considerazioni concettuali che, in altri contesti e
ambiti, probabilmente sarebbe difficile perdonare.
È quindi facilissimo promettere meraviglie
quando invece il DNA geografico non è tarato per giocare allo stesso gioco con
gli stessi mezzi, si rischia una porcata così grossa che nemmeno la leggerezza necessaria
per deglutirla potrebbe giustificare.
E a scontrarsi con la prima tragica puntata
è naturale pensare che sia accaduto proprio il peggio del peggio, e ci si
chiede cosa diavolo abbia permesso la AMC e come sia possibile che una rete via
cavo abbia dato soldi e spazio a una simile pazzia, a un’idea così sgangherata
e squilibrata, ma poi mi torna sempre in mente che è lei a produrre e spingere The Walking Dead e quindi, okay, tutto è
permesso.
Primo episodio che parte con una
mitragliata di ginocchiate nello stomaco e calci in faccia, la battaglia nel
bosco è clamorosa per brutalità e velocità, sangue e budella scorrono copiosi
tra braccia disarticolate e fratture multiple e dolorissisime, ma purtroppo è
l’unica cosa che rimane di una serie di personaggi sbiaditi, dialoghi terribili
e vicende senza alcuna direzione.
Poche idee e mal distribuite, lo scenario
è fumoso e privo di struttura, i tre protagonisti sono circondati da attori
cane che ne schiacciano ogni possibile carisma e tutto si accartoccia su
didascalie sbrigative per spiegare elementi già ovvi al primo sguardo.
È la prova del 9, gli americani non
possono fare le cose di botte orientali manco con un Daniel Wu che da sempre si
barcamena bene tra puro idolo in patria e parti più che decorose in occidente,
è la fine, limitiamoci ad aspettare il prossimo Gareth Evans e basta.
E invece arriva la seconda puntata, che
non mescola le carta né rivoluziona la serie con la marcia profonda e possente
con cui AMC da sempre colora i suoi prodotti, ma che riesce a riequilibrare e
rinforzare tutti i difetti del pilota dandogli quella dignità clamorosamente
assente.
La vicenda viene compattata, personaggi e
attori trovano un senso e il brodo ammuffito del primo episodio viene incanalato
di forza in una storia complessa, rocciosa e potente, che non cerca di andare
controcorrente ai semi sopra le righe gettati nel pilota ma che viene proposta
con serietà e rigore. In Into the
Badlands non si scherza, battutine e ironia sono vietate pena decapitazione
con calcio volante, si deve essere composti e inflessibili nonostante il taglio
della trama sia chiaramente esagerato e inverosimile, poco inquadrato in un
futuro vagamente post apocalittico dove otto baroni si fronteggiano a spadate e
pistolettate per il controllo dei territori e del commercio di droga.
Qui si muove Sunny, cavaliere al soldo
dello spietato barone Quinn e suo braccio destro, uomo giusto e di grande
esperienza ma sempre più infastidito all’arroganza e alle manie di potere del
barone per approvarne del tutto le decisioni. Eroe classico di poche parole e
misurata severità, è il perno di una storia parzialmente corale dove si
distinguono per un carisma disumano i due principali rivali, il folle Quinn e
la feroce Vedova, a capo di una squadra di ninja in gonnella.
Gli intenti narrativi sono anche
ambiziosi, ci si perde in una moltitudine di personaggi sempre meglio disegnati
ed espressi, la storia si espande progressivamente su uno strato western con
tocchi fantasy e sci-fi mai troppo coraggiosi ma funzionali e ben incastonati –
non siamo troppo distante da una serie Syfy di media qualità, complice anche il
budget risicato, con i suoi tre ambienti in croce e un bosco dove inscenare
tutto il resto.
Belli infatti gli strani accenni futuristici,
tutti legati a un passato dove si mescolano abbigliamenti ottocenteschi e
automobili degli anni Trenta, ed efficaci i tratti fantasy, con una modalità di
battaglia berserk a cui tutti danno la caccia meno che l’unico a possederla, un
ragazzino di poche speranze che si trasforma in guerriero indistruttibile non
appena viene ferito.
Ma ciò che più piace, pur nella semplicità
di una storia volutamente limitata, è la libertà con cui vengono piazzati i
colpi di scena, sempre forti, autentici e brutali, chiaramente pensati per la
globalità della vicenda e non per ristabilire la mera attenzione serialità. La
crescita è evidente, di episodio in episodio caratteri e incastri narrativi
migliorano, sempre più minutaggio è riservato ai battibecchi verbali mentre
cala, anche giustamente, lo spazio per le mazzate vere, guadagnandone entrambi.
Gough e Millar non sono infatti gli ultimi arrivati, c’è molta esperienza
d’azione in curriculum il mestiere nello sceneggiare, anche seriale visti i
dieci anni di Smalville, è lampante.
Al resto pensa quello che è il cuore della
serie, i combattimenti derivano dal wuxia pur privandosi della grazia e
dell’eleganza musicale che lo contraddistingue, qui corde e salti acrobatici
sono sfruttati per una semplice spettacolarizzazione, senza tuttavia negarsi
vari scambi micidiali come la battaglia di spade tra Quinn e la Vedova o la
final battle con dei proto monaci shaolin che si incastrano l’un l’altro
modello super robot nagaiani.
Tutto è gonfiato per un piacere visivo
sanguinario ed esagerato, sono mazzate che rilasciano energia quando l’accumulo
di carisma di Quinn e la Vedova raggiunge livelli troppo alti e Sunny può
mediare le cose solo a calci, in generale danno quella soddisfazione
videoludica di quando ti prudono le dita dopo sessioni dialogiche troppo
spesse.
Sono solo sei episodi, è una lunghezza
giusta, permette di evitare qualsiasi lungaggine o riempitivo, ci sono tanti
elementi in gioco e tutto trova corretta spiegazione, rimane una levigata
superficialità che però non è dannosa ne irrita per mancanza di approfondimento
perché non serve avere di più.
Se non una seconda serie, della quale al
momento non si sa nulla: AMC ha già rischiato grosso e potrebbe fare grossi
disordini tra qualche mese quando rilascerà Preacher,
in passato ha mostrato come non ci sia posto per le serie anticonvenzionali (Rubicon su tutte, anche se siamo su ben
altri registri e livelli), spero ci sia il coraggio di scommettere ancora su un
oggetto strano e sbilenco che alla televisione può fare solo bene.
Wow, ho già il pisellino tutto duro!
RispondiEliminaGrande Simone, ottima segnalazione lo recupero ieri.
Maaaaa una domanda, quanto sono wuxia i combattimenti? Perché se c'è proprio una roba che odio è la gente che "vola" durante i combattimenti
Bravo, è l'atteggiamento giusto!
EliminaNo, i combattimenti non sono wuxia, c'è qualche saltello esagerato che può ricordarli alla lontana ma si limita tutto a questo, per il resto sono ultraviolenti e molto fisici :)
Fuck yeah! Ottimo mi hai rincuorato dicendomi che il wuxia non è così presente.
EliminaPs: Simone ma di dove sei? Più ti leggo e più sono dell'idea che dovremmo beccarci insieme a Ford e berci una bella birra assieme!
;)
Vicenza.
EliminaE per il birrozzo, perché no! :-D
Azz, siamo lontani -anche se neanche troppo- noi siamo di Milano. Dai magari in questa primavera mi organizzo con Ford e ti veniamo a trovare!
RispondiEliminaVenite venite! (E buon Natale :) )
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