Back from the dead per una vendetta a base di rasoi
Per scrivere di temi delicati bisogna essere corazzati bene, soprattutto nell’horror il rischio di voler essere profondi e attenti è tale da spingere ogni tentativo verso il peggiore dei baratri, quasi senza accorgersene si può rovinare tutto con poche battute e ancora meno pensieri e tendo quindi a preferire (quasi) sempre soluzioni più leggere e divertite che una pesantezza importante e magari anche di valore però mal gestita e a conti fatti di nessun interesse.
Per scrivere di temi delicati bisogna essere corazzati bene, soprattutto nell’horror il rischio di voler essere profondi e attenti è tale da spingere ogni tentativo verso il peggiore dei baratri, quasi senza accorgersene si può rovinare tutto con poche battute e ancora meno pensieri e tendo quindi a preferire (quasi) sempre soluzioni più leggere e divertite che una pesantezza importante e magari anche di valore però mal gestita e a conti fatti di nessun interesse.
Poi basta un niente per alimentare
pregiudizi appena nati, leggendo giusto due righe di sinossi o qualche commento
qua e là, una dichiarazione degli autori o anche solo il suo nome (Adam Egypt Mortimer,
io spero questo sia il tuo vero nome perché non capirei mai i motivi per
accostare tre termini come questi) fanno ritardare più del dovuto una visione che
però sarebbe un peccato non approfondire, perché pur in una sorta di
superficialità accessoria ci sono capacità di analisi e sentimento e il fragile
equilibrio è coordinato da una professionalità sinceramente insperata.
Sì, è chiaro che bisogna predisporsi
stringendo i denti un po’ del dovuto, perché i ragazzi difficili di Some Kind of Hate se la spassano fin troppo bene nella comunità di recupero in
cui finiscono a causa di quelle asprezze comportamentali che l’adolescenza
leviga fino a renderle così affilate da fare male (aggressività latente, autolesionismo,
tendenze suicide, conosciamo un po’ tutti l’allegria giovanile che sparge
colori e felicità nel mondo): le ragazze possono girare con short così minimali
da avere le chiappe al vento, non pare esserci nessun controllo sulle stanze e
sulle relazioni interpersonali, ci sono due operatori/educatori in turno (due
con una ventina di ragazzi che si menano male per uno sguardo storto, non serve
essere nel settore per capire che così non può funzionare), e anche credendo alla
favola del favorire l’autonomia personale è abbastanza improbabile che in un
posto come questo il gruppo di protagonisti sia così libero.
Ma la costruzione dei caratteri è in fondo
così buona e sincera che si può sopportare quella che può essere una scarsa documentazione
o una semplice inconsistenza per permettere che gli eventi accadano senza
troppe complicazioni. E questo dualismo è ciò che castra un po’ tutto il film,
da una parte discreta psicologia dei personaggi ma dall’altra evitabili
superficialità che rischiano di danneggiare tutto da un momento all’altro.
Lincoln per esempio ha un padre di una
cattiveria così esagerata e di grana grossa, visibile anche solo dal modo in
cui è conciato (un biker grosso e puzzolente che sputa birra contro la tv), che
pare impossibile Mortimer possa tenere a bada con i giusti tempi e reazioni
credibili il suo subire la violenza dei bulli a scuola: mi aspettavo
altrettanta grossolanità, tipo che si incazza per scherzi idioti o che sbuffa
fumo dal naso mentre sta nell’angolo in penombra, e invece gli scherzi sono
perfidi (ma ben inseriti e possibili nel contesto scolastico) e la sua reazione
brutale e terribile come può essere realmente la stanchezza di una persona
introversa presa di mira quando non ce la fa più.
Ma va bene, io accetto e tengo duro, se
per avere della bontà basta scavare datemi la pala. Al centro di recupero
Lincoln è preso di mira, le prende e le dà, il referente non si accorge di
nulla, eppure in una situazione di bassa credibilità la crescita del ragazzo è notevole:
accumula, si carica, scarica come può (non è forte ed è in minoranza, non può
chiaramente vincere ma quantomeno ci prova), trova un amore travagliato ma
abbastanza sensato (anche se lei è troppo bella e dannata per questa situazione
e la sospensione all’incredulità si incrina ancora), ma soprattutto gestisce l’evento
soprannaturale con una maturità e una serie di interrogativi che in questi film
di seconda o terza fascia di solito non ci si pone nemmeno.
Il risveglio della ragazza uccisa che
cerca vendetta è abbastanza banale nella sua genesi ma come il resto del film
si muove su quell’equilibrio esile dove basta una virgola per annullare ogni trovata:
se il suo comparire e il modo in cui la sfrutta all’inizio Lincoln è classico
bignami sbrigativo dell’horror, l’evolversi della situazione e la perdita
totale di controllo che subisce Moira è una progressione così potente e
imprevedibile da trascinarsi dietro tutti gli errori compiuti da Mortimer.
Moira prende pian piano coscienza della
sua forza, si libera di Lincoln e inizia a uccidere chiunque guidata da una
sete di vendetta che nemmeno lei sa bene inquadrare, è così furiosa per come è
finita la sua vita che tutti, ai suoi occhi, meritano di pagare, e questa
distruzione totale (ben visualizzata dal suo modus operandi, Moira procura
ferite agli altri tagliandosi con una lametta) prosegue nelle coordinate
stilistiche e tematiche della pellicola, denunciando, non so quanto
intenzionalmente ma il messaggio comunque arriva, come una mancata educazione
porti presto allo sfascio.
Da un punto di vista prettamente horror
lei è un buon personaggio, Mortimer gioca la carta del villain carismatico
opzionandolo per una potenziale infinità di sequel, ma sta bene, qui il suo
ruolo è sfruttato adeguatamente in quanto elemento cardine ma non protagonista,
vedremo in futuro se si riuscirà a strutturare la sua triste e sbagliata malvagità
lasciandole il giusto spazio di crescita ed evitandole così un mero ruolo da
burattino killer come capita in tanti film simili.
Bell'articolo, l'ho visto un paio di sere fa e mi ha fatto la stessa impressione che ha fatto a te (anche se in realtà in non l'avrei saputo esprimere così compiutamente): un film con millemila difetti che però non mi dispiace di aver visto.
RispondiEliminaBlissard
Grazie ^__^
EliminaE sì, alla fine è una storia gradevole e piacevolmente sanguinaria, è un peccato che prenda strade così serie e pesanti per portarsi sulle spalle un messaggio e un argomento che non riesce a tenere su bene, però dai si apprezza il tentativo :)
Thanks for wriiting this
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