Un sacco di cose marroni nell'esordio di Marco Crescizz
In momenti come questo passo il tempo più
a mangiarmi le unghie che a scrivere, mi agito e mi blocco e immagino anche
che, a guardarmi da fuori, sia anche abbastanza divertente da deridere, ma una
sorta di filosofia sviluppata in questi anni mi mette sempre in crisi quando di
mezzo ci sono conoscenti, simpatizzanti, amici immaginari dell’internet e amici
della real life (consapevoli o meno, eh).
C’è chi è onesto, e certo, c’è chi lo fa
per tornaconto personale, in generale non ho niente in contrario a chi fa eco
anche quando c’è di mezzo un qualche conflitto d’interessi se lo fa con serietà
e spirito critico, ma io mi son trovato meglio con una tolleranza zero gentile:
non si parla di nessuno, ci si limita alla propria strada selezionando magari
qualche accenno o qualche riferimento, d’altronde il blog viaggia quasi
esclusivamente sul cinema horror indie e a cambiare rotta, anche
momentaneamente, poi rischio di non dormire la notte.
Questo pezzo quindi non è una recensione,
quel pensiero tormenta sempre e ad agire diversamente mi sentirei un po’
sporchino, ma segnalare l’esordio di Marco, cioè Crescizz (non lo chiamo Marco
dal ‘65 e non ho intenzione di cominciare adesso), è il minimo che posso fare (o
forse l’unica per togliermi il suo fiato dal collo, dipende un po’ da come si
osserva la situazione).
Potrei attaccare dicendo che conosco
Crescizz da sempre (non è vero, saranno, boh, dieci anni, da quando si scriveva su Scheletri) ma allora sarebbe un
post noioso su banali ricordi di scrittori gioventù, potrei approfittarne per
ribadire che con Crescizz ho scritto un romanzo tra parodia e ultrasplatter destinato
a cambiare l’universo che cerca editore ma poi sarei un po’ viscido e subdolo,
e quindi comincerei con quello che si usa di solito per iniziare, e cioè la
trama, ché a partire così è difficile sbagliare, ma alla fine è impossibile,
per prima cosa, non chiacchierare a proposito del titolo.
Alieni coprofagi dallo spazio profondo è uno dei titoli più belli
che abbia mai incontrato in tutti questi anni di frequentazione editoriale. Mi
capite, no?
Lo è per il suo essere scemo e brutale,
per il coraggio di usare un termine che il buon gusto suggerisce di evitare se
non in ambiti, credo, specialistici, per lo schiaffo al perbenismo e quindi perché,
in sostanza, non esiste, non esiste nella scena editoriale qualcosa con lo
stesso accento comico e senza freni, qualcosa che si spinga al limite delle
argomentazioni possibili e lo sfondi, che vada oltre, che sia così borderline e
lo dica con una risata contagiosa.
C’è un motivo per cui non si possa
scrivere una storia di alieni che si nutrono di escrementi? Perché dobbiamo
essere così condizionati da imporre barriere che tronchino le idee più
strampalate e fuori di testa? Perché limitare, chiudere, impedire quando, alla fine, tolta anche una sana provocazione (perché no in fondo?), si vuole solo scrivere una storia?
Credo siamo tutti un po’ stanchi dello
stato tragico dell’editoria italiana, soprattutto di genere, che sopravvive in
ambienti piccoli ma chiusi, si richiude su se stessa e non prova a uscire dai
canoni più tradizionali. In Italia una storia che si privi della consuete
comodità e tenti qualcos’altro viene scartata a priori, c’è timore di osare,
c’è una paura fottuta di offendere chi legge, e in questo modo non c’è
paradossalmente rispetto per chi, invece, cerca proprio quel diverso che da noi
non esiste.
Siamo nel 2015 e ormai internet ha sdoganato
tutto. I film della Troma non hanno più alcuna carica sovversiva, gli horror non sanno più che
tipo di violenze inventarsi, la pornografia dilaga. Certi manga vengono finalmente tradotti (mmmh... Ichi the Killer? Elfen Lied?) ma nonostante i contenuti scomodi sono tranquillamente acquistabili anche dai minori: basta un click. E quelli sono davvero scomodi, non degli
alieni che sniffano cacca. Ormai si può dire tutto e il contrario di tutto, basta
dirlo bene, dev’esserci chiaramente della cultura dietro e della giusta
preparazione per presentarsi seriamente al match con l’argomento fastidioso, al
resto dovrebbe pensare l’editore che propone il prodotto al pubblico.
Magari non tutti
desiderano così ardentemente delle feci come parte sostanziale di un romanzo
sci-fi, ed è un pensiero abbastanza condivisibile, ma credo sia impossibile non
apprezzarne lo sforzo (suvvia, un po’ di umorismo, perdio!), di Crescizz e di
Vaporteppa, che ha creduto in un progetto sulla carta improbabile.
D’altronde Crescizz non è certo il primo a
scrivere di cacca, o comunque di produzione intestinale, dandole ruolo
importante in una trama.
Stephen King ha impresso immagini, e
soprattutto suoni, parecchio difficili da scordare nelle scorreggione che
trapanano i protagonisti de L’acchiappasogni quando le creature aliene
devono trovare una via d’uscita dal loro corpo.
John Scalzi, per colpa di un peto
sganciato contro un diplomatico alieno, che sfortunatamente ne comporta il
decesso, fa scoppiare una guerra interstellare in The Adroid’s Dream.
In A me le guardie! Terry Pratchett
fa sfidare la forza di gravità a un drago disabile, che non ha mai potuto
volare in vita sua, convincendolo a mutare il proprio apparato digestivo in
modo tale che la spinta per librarsi in aria non provenga dalle ali ma, be’,
dal razzo posteriore.
In Journey to the Center of Agnes Cuddlebottom Mykle Hansen descrive la genesi di una società che si forma
rapidamente nell’ano di un’anziana costipata in seguito a un rimpicciolimento
di una troupe medica per curarla direttamente alla foce del problema.
I temi qui sono ancora leggeri, d’altronde
siamo in una concezione sci-fi destinata a un pubblico parecchio vasto, ma se
si vuole scavare un po’ e sporcarsi per bene le mani basta qualche capitolo dei
romanzi più tosti degli hardcore writers, da Edward Lee a Wrath James White, con
un bell’esempio che li riunisce tutti (e chiama a rapporto anche qualche
amichetto come Brian Keene e Jack Ketchum) in un romanzo a molte mani dove la
pupù (e, okay, anche il vomito e qualche
fantasma qua e là) è uno dei tormenti principali della povera Arianne in Sixty-Five Stirrup Iron Road.
Nel romanzo di Crescizz gli omini verdi
usano le feci umane come potente droga, sono un vero e proprio cartello con uno
spaccio consolidato, la loro è una criminalità galattica complessa e con molti
ingranaggi umani necessari al funzionamento del meccanismo losco. E Nunzio,
poco più che trentenne ma con una vita già misera a causa dell’obesità, che gli
nega anche solo un minimo di felicità al lavoro e nella vita privata, rimane
intrappolato nella loro malvagia ragnatela ed è costretto a farla tutta e più
volte al dì per soddisfare le perversioni extraterrestri dei suoi rapitori.
Che il romanzo sia bello o meno non sta a
me dirlo (okay, dài, a me è piaciuto), io so già che Crescizz è bravo, di certo
è ben più capace di me, e alla fine cerco solo di suggerire una storia che,
prima di tutto, è scritta bene, si legge veloce e fa molto ridere.
Insomma, provate a mettere da parte certi
pregiudizi, a cambiare le smorfie in sorrisi, a dare una chance (perché no) a un
romanzo diverso dal solito: vorrete un gran bene a Nunzio e odierete quegli
alieni caccolosi con tutto il vostro cuoricino.
0 commenti:
Posta un commento