Un
solido horror vecchia scuola, teniamocelo stretto
Abbiamo
bisogno di Dark was the Night.
O meglio, abbiamo bisogno di un cinema del
terrore che riscopra i fondamentali e sappia definirli in questi anni, li
adatti per una generazione che non li ha conosciuti e possa avvicinarsi senza
passare per i terribili step odierni del blockbuster horror.
Mi sembra di scrivere sempre la stessa
recensione da qualche tempo a questa parte, ma a rovistare nel terrore
indipendente sono queste le virgole che fanno la differenza e che spingono il
midiano sulla sua strada, perché abbiamo bisogno di una semplicità esecutiva
che respiri della semplicità visiva di una volta, che lasci perdere non tanto
l’uso sproporzionato dell’effettistica digitale quanto la piattezza encefalogrammatica
con cui vengono costruite e narrate le novità horror odierne.
Abbiamo bisogno di una linearità che
rispolveri l’essenziale e lo trasformi in fattore primario, abbiamo bisogno che
l’orrore torni al centro della visione e che tutto il resto lo utilizzi come
perno per mettersi in moto.
Forse avremmo bisogno di una bella
formazione per tirare su sceneggiatori preparati e sintonizzarli con un
pubblico migliore, ma mentre si aspetta un qualche tipo di rivoluzione
cinematografica che abbatta la pochezza attuale c’è Dark was the Night a riempire gli schermi.
E non perché il film di Jack Heller
sovrasti la cumpa con quella potenza schiacciante di, che so, un It follows, ci sono tanti limiti che
definiscono differenze di qualità e di target e in fondo va bene così, è anche
giusto che questo horror rimanga entro i suoi ambienti e accontenti che, di
volta in volta, si avventura qui dentro.
Dark
was the Night gioca comodo in molti aspetti e la penna di Tyler Hisler non si sforza poi molto per imprimere tutti quei timbri con cui poter
notificare il film ed esibirlo con soddisfazione al mondo, è come se, esaurita
la forza che ne contraddistingue molti dettagli si adagiasse su quel minimo
indispensabile per far girare la storia, ma la validità del secondo film di
Heller (lo ricordate quel caruccio Enter Nowhere?), quando è ora di brillare, fa una luce mica da ridere, e non si
tratta di un dettaglio da poco, o di quel particolare che rimane impresso
all’interno di un film grossomodo mediocre, è in realtà un lavoro importante e
a suo modo complesso, molto solido e intelligente e di cui è cosa buona
parlarne il più possibile.
A seguire i primi passi del mistero che
affligge la cittadina di Maiden Woods, non siamo molto lontani da quel
piacevole sapore nostalgico di orrore incomprensibile ed enigmatico, da
scoprire interrogativo dopo interrogativo, da ricostruire con scoperte e
supposizioni, come ha fatto tanto basilare horror passato o che ha ben impresso
negli occhi di chiunque una puntata a caso di X-Files: il perturbante agisce secondo scopi precisi, ha i suoi
metodi e i suoi schemi, lascia enormi tracce sanguinose dietro di sé e l’unico
modo per fermarlo è precederlo, capirne il modus operandi, sconfiggere le
reticenze e accettarne la soprannaturalità.
L’orrore di Dark was the Night rapisce animali e si muove cauto nei boschi, ha
fame ed è cattivo, nasce attraverso leggende locali e tradizioni ancestrali e
solo una persona sembra credere alla sua esistenza. E no, non è un protagonista
d’acciaio, fermamente convinto delle sue idee, pronto a sbattere contro i muri
invisibili creati dall’incredulità altrui: è in questo che il film di Heller sa
distinguersi, perché il suo eroe è un Kevin Durand molto diverso da come è
abituato a vederlo certo pubblico, della fisicità sfottente e del sarcasmo
irresistibile con cui trascina The Strain
rimane giusto l’imponenza statuaria che, paradossalmente, esalta il suo
sentimento, quello di un uomo annientato dalla morte del figlio e che in alcun
modo riesce a superare.
Piange, rimane in silenzio, chiede scusa
in continuazione: lo stato depressivo in cui è immerso è tangibile e feroce, e
per una volta possiamo avere un antieroe che, seppur ritratto nei più classici
drammi famigliari post lutto (divorzio imminente, vita dedicata al lavoro, incomunicabilità,
complicazioni varie nel gestire rapporti sociali con compaesani, insegnanti, ecc),
soffre di un dolore plausibile e con modalità altrettanto ragionevoli (non
spacca tutto, non grida, non minaccia e soprattutto non beve), è impacciato e
in difficoltà per tutto il film, evitandosi meravigliosamente un ruolo da duro
inossidabile, pur essendo sceriffo, anche quando i mostri entrano in scena e
bisogna fare a cazzotti.
La stessa bontà psicologica è dedicata
anche al suo vice, c’è una bella descrizione di un ragazzo che lascia una
grande città come New York dopo un incidente al lavoro per ripartire da un
paesello in montagna: anche qui non ci sono invenzioni o grosse profondità da
sondare, ma tra la semplicità con cui recita Lukas Haas e la buona costruzione
dialogica si respira la vita di un uomo possibile,
che vuole imparare il suo lavoro, stare tranquillo, farsi degli amici e magari
una famiglia, tutto molto easy e controllato ma alla stessa maniera molto vero
nel ritratto comune che in fondo si vuole dipingere.
Purtroppo, con queste finezze ci si ferma
bruscamente qui, il resto del cast rimane bloccato in caratteri standard e
accoppiamenti abbastanza stupidini, dal prete che ricorda dell’importanza della
fede alla figlia dell’allevatore che si combina matematicamente al bravo
poliziotto, passando per il barista Nick Damici che spara raffiche di terribili
frase fatte che fanno sanguinare le orecchie, Dark was the Night impatta contro i cliché più sciocchi del genere
e non fa nulla per offrire un minimo di personalità.
Peccato, c’erano ampi spazi in cui
muoversi e anche valide capacità per tentare approcci di una certa maturità,
hanno invece preferito un maggior comfort e una sicurezza con cui massimizzare
il guadagno empatico, ma okay, non importa, queste lacune si possono accettare
anche volentieri se il sentiero soprannaturale percorso dai due protagonisti è
in fondo così stabile e compatto.
Gli elementi inspiegabili che ingrassano
il mistero di Maiden Woods sono calibrati bene, si parte da un fantastico
antefatto vecchia scuola come non se ne vedono più e si prosegue con un’analisi
sincera e convincente fatta di gigantesche orme che percorrono tutto il paese,
sparizioni di bestiame sempre più ravvicinate, unghiate sugli alberi che fanno
rizzare le antenne e si finisce con un’ammissione del soprannaturale dopo una
progressiva intrusione mitologica che comunque non soccombe mai a facili
spiegoni ma preferisce un prosieguo per fatti e prove, ragionamenti e
ineluttabilità costruiti con un bel show don’t tell di dialoghi fino a uno
scontro finale con molte frecce nel suo arco.
Spiace solo per una CG elementare, quando
si annusavano begli interventi di trucco e pupazzoni a dare figura alla
creatura è ahimè la scelta meno felice di tutta la pellicola, che si
contraddistingueva anche per una ricercata fotografia tendente a un blu freddo
solitario. Buona tuttavia la lotta conclusiva, una bella scena di assedio
rimette sempre in pace con se stessi e fa venire le lacrime agli occhi, anche
in virtù di un epilogo brutale e bastardo come pochi, furbetto nell’annunciare
un probabile capitolo secondo ma in ogni caso massacrante per la pesantezza con
cui sopraggiunge.
Non c’è niente di meglio in giro?
Sicuramente sì, nonostante l’impegno Dark
was the Night galleggia in una vasca di prodotti in fondo mediocri e privi
di quello smalto sufficiente per strisciare fuori, ma pur incassando questo
penso sia un film che ha ben più di un motivo di dire la sua e di affacciarsi
orgoglioso per la sua offerta.
Interessante, segno...
RispondiElimina:-)
EliminaOvviamente non esistono sottotitoli in italiano, quindi altro film interessantissimo da rimandare. Peccato, mi invogliava alla visione
RispondiEliminaAh, peccato, i sub eng sono pure usciti istantanei, ma immagino srt project non tarderà molto a metterci la firma, eh :)
EliminaGià, già, lo stavo proprio per proiettare in visione...a presto :)
RispondiEliminaBene, bene, attendo tuo parere perturbante
Eliminaottima l'ultima foto
RispondiEliminaè uno dei momenti migliori del film, ottima gestione del mistero, bella successione di domande e facce confuse :)
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