Everly (2014)

By Simone Corà | venerdì 6 febbraio 2015 | 00:05

Una stanza, un mare di cadaveri: Salma Hayek signorina-ammazzatutti                                                 

Non li ho contati perché di solito, in queste occasioni felici, è facile perdersi, sono certo però che il numero di criminali, svitati e pazzi furiosi uccisi dalla povera Everly sia tra i più alti visti di recente, quantomeno considerando il livello elevatissimo di convergenze per lei favorevoli. Squillo di lusso, in balia delle perversioni più sballate di un gruppo di yakuza, intrappolata in un edificio senza vie di scampo, Everly ammazza i suoi primi carnefici per sbaglio in una serie rocambolesca e infinita di pistolettate, coltellate e colpi di spada. E il film, dopo una partenza ferocissima in media res, è solo in salita, nessuno stop e nessun calo di ritmo, Everly non ne può più e se l’unico modo per cavarsela è trucidare tutti, bene, lei truciderà tutti.

Joe Lynch mi sembra autore sfortunato, pur avendo già esordito nel 2007 con il bel Wrong Turn 2, tra il segmento inutile per Chillerama e un secondo lungometraggio sgangherato e disgraziato come Knights of Badassdom, è solo con Everly che ha modo di esordire realmente fuori da schemi, collaborazioni, limiti e volontà produttive che in qualche modo ne possano ingabbiare le buon qualità. A vederne i delicati movimenti di camera, le soluzioni complesse adottate e certe roboanti scelte exploitation, pare essere un regista che ha imparato molta tecnica sul campo e possiede una sua eleganza, sa equilibrare momenti più ricercati ad altri di esagerazione pulp che tiene fisso la sua creatura in un’esperienza da b-movie parecchio piacevole.
Lynch deve combattere con un budget microscopico, ma non importa, lo prosciuga spargendolo sapientemente, ambienta il film grossomodo in una sola stanza, risparmia qua e là reinventando alcune scene d’azione con indovinate scelte visive (penso all’inquadratura fissa e da lontano sull’ascensore pieno di yakuza), e dà il via al massacro sommando esasperazioni e sproporzioni talmente efficaci da alimentare il già alto gasometro del film.
Escort in latex equipaggiate con strampalate armi da fuoco, killer professionisti che soccombono in maniere impossibili e improbabili, torturatori con una passione per i veleni più sofisticati, masochisti senza pietà che più incassano più sono cattivi, e poi ancora strangolamenti, mutilazioni, morti talmente casuali da essere irresistibili e una buona varietà splatter tra geyser di sangue e viscere spappolate. Sembra proposta ideale per il Robert Rodriguez più becero e inguardabile e invece siamo ben distanti, Everly è uno squisito giocattolone, ha un sapore quasi videoludico, è uno sparatutto micidiale in 2d dove negli anni ’80 si spendevano vagonate di gettoni in sala giochi.


È quindi una cosa a suo modo nostalgica, si strizza l’occhio ai rape & revenge di una volta sostituendo dolore e disagio con un divertimento tarantiniano sciocco e sicuramente non sempre ispirato, ma talmente vario e vasto da essere meravigliosamente adorabile. I personaggi vengono chiaramente ridimensionati per aderire a questo schema rapidissimo dove le morti si succedono in maniera sempre più stramba e colorita, ma vale lo stesso discorso: Salma Hayek ha poca consistenza eppure non ha mera funzione millajovovichiana di essere macchina-di-morte in vestitini succinti, non è una killer o something like that e per buona metà della pellicola fatica, piange, si fa male, soffre e deve realmente impegnarsi per sfangarla da situazioni davvero deliranti mentre i cadaveri si accumulano sopra e sotto il pavimento, dietro i mobili, esplodono, cadono fuori dalla finestra, si sciolgono e molto altro ancora.
Lo stesso rapporto con madre e figlia è banale ma giostrata con una simpatia che è raro trovare quando solitamente è più facile cercare un dramma o una sorte di serietà che Lynch sensatamente evita con bravura perché Everly non ne ha bisogno. Qui si spara e si muore, e l’unica cosa richiesta è che le sparatorie e i decessi siano belli, vivaci, pieni d’energia.

Per questo è semplice e giusto dimenticare i momenti in cui Lynch alza davvero troppo il tono o, viceversa, tenta di abbassarlo, i rallenti sentimentali, i mexican stand off, le verbalizzazioni eccessive per motivare ego smisurati, ma in un progettino pulp, se gestito con divertita stabilità come questo, è importante cercare sempre di sfondare, di andare oltre, e in fondo va bene così.

6 commenti:

  1. Bellissima recensione, scritta con la solita passione che ti contraddistingue e distingue. Spero di avere il tempo di vedere il film. A presto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non so se è un film per te, ma il tuo parere psicologico mi interessa sempre :)

      Elimina
  2. Una domanda che non c'entra con questo film: ma "Tore Tanzt" me lo consigli? Vorrei vederlo, ma varie recensioni me lo dipingono come un film davvero "pesante" (in senso perturbante).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eh, domanda difficile, il film è forte e molto, molto perturbante, ti mette a disagio dall'inizio alla fine, ma per me dovresti vederlo, ne uscirebbe un'analisi non poco interessante :)

      Elimina
  3. Visto la settimana scorsa; sto ancora cercando di capire due cose.

    1) Ad un certo punto lei scappa ma dei poliziotti corrotti la beccano e la riportano in stanza dove a terra c'è praticamente un arsenale e la carneficina ricomincia. Ma sono scemi?

    2) Praticamente invita mamma e figlia in zona di guerra, non mancando ovviamente di fare un po' d'ordine in casa prima. Ma sono io o è un film assurdo? ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahahah, allora, sì, be', il tono è comunque goliardico ed esagerato, non mi ha dato fastidio questo poco realismo, in entrambe le cose che citi, sono aspetti su cui tutto sommato puoi sorvolare per goderti tutto il resto :)

      Elimina