Quel film in cui Sasha Grey doveva fare
l’attrice ma poi si spoglia e…
Nacho Vigalondo non è ancora esploso come
vorrebbe la tradizione, ma credo che nelle sue intenzioni ci sia comunque
ancora della salda autostima che gli nega un tuffo tra le braccia sonanti di
Hollywood pur essendo ormai pronto, secondo gli schemi del cinema di massa, per
distruggere la propria carriera e magari pentirsi in un secondo momento ma anche no.
OpenWindows è il film grosso del regista spagnolo, di cui tutti
amano quel marchingegno folle di Los Cronocrimenes (io no) mentre il ben più valido e solido Extraterrestrial pare essere stato ingiustamente tralasciato (io lo
amo): dopo i corti per i progetti V/H/S Viral
e The ABC’s of Death, che funzionano
sempre per far girare il nome tra i più giovani, il momento è quello buono per
un cast internazionale e recitazione in inglese, la miccia è accesa e la bomba
è pronta.
In realtà il film è tutto spagnolo e non
c’è nessuna grossa distribuzione dietro, pur coinvolgendo Elijah Wood (che tra
le altre cose produce) e Sasha Grey (che, ehm, si dice fan del regista) Open Windows rimane ai blocchi di
partenza per parecchi mesi e a quanto pare non colpisce più di tanto l’olfatto
della gente che conta, potevano sfruttarne molti aspetti ma in fondo è meglio
così, teniamoci un cinema più puro e vero finché si può.
Peccato che Open Windows, pur mostrando da un lato la progressione virtuosa di
Vigalondo, dall’altro crolli sotto i colpi delle sue stesse armi, inciampando
in un minutaggio esagerato e in una storia davvero poco, poco interessante
quando l’energia per rialzarsi e proseguire poteva essere potente e
inesauribile. Sì, è uno di quei film dove l’aspetto visivo è talmente
prepotente da non lasciare spazio ad altro, e di tutti i modi in cui poteva
essere venduto (come per esempio hanno fatto al S+F di Trieste portando l’ex
pornostar a presentarlo) è stato eroicamente scelto solo quello forse più
intimo, ovvero quello di una pellicola interamente ambientata sulla schermata
di un PC, dove la camera si muove e zooma tra le finestre che di volta in volta
mandano avanti l’intreccio.
L’idea è ancora abbastanza nuova per poter
lavorarci un po’, ci sono già stati degli esperimenti recenti ma tutto sommato
è un valido spunto di partenza, o quanto meno uno che ancora incuriosisce
soprattutto conoscendo l’estro di Vigalondo. La potenza visiva è infatti
squisitamente disorientante e, almeno nella prima metà, parecchio carismatica,
in quanto sembra quasi di avere a che fare con un (falso, certo) piano sequenza
lungo cento minuti che si piega a volontà videoludiche parecchio importanti ed
efficaci (frecce lampeggianti a indicare la via corretta, una narrazione con
voce fuori campo che spiega le meccaniche a mo’ di tutorial giocabile).
La regia è dinamica e labirintica, la
camera si sposta continuamente giocando con le inquadrature, lo schermo si
divide e si triplica senza sosta, la comparazione di più schermate mette in
gioco un movimento che strizza gli occhi e obbliga a una concentrazione
sofisticata nel seguire contemporaneamente più situazioni differenti. Ma alla
fine purtroppo non c’è molto altro.
Questa storia di ordini e potere, hacker e
attrici famose, si svela troppo presto nel suo mero pretesto per sostenere
l’impalcatura visiva, e ciò non sarebbe per forza un male se ci fosse almeno
una carica, una spinta che di volta in volta alimentasse il film supportando le
infinite trovate visive con una narrazione altrettanto pimpante, e invece, dopo
un bizzarro prologo e qualche bel colpo di assestamento, tutto si adagia su una
piattezza tirata per troppi, troppi minuti: le sorprese non funzionano, i colpi
di scena sono stanchi o così esagerati da richiedere una sospensione
all’incredulità che non si meritano, e la scelta, voluta o incidentale, di
Sasha Grey è cosa abbastanza tiepida dato che, pur con un personaggio ben
scritto, non è mai in parte per garantire un qualche tipo di distacco tra
finzione e realtà, l’effetto è quindi quello del ridicolo e rovina molta
atmosfera.
Rimane quindi l’inconfondibile voce di mr “Where is Jessica Hyde” e quello sguardo ingenuo di un Elijah Wood sempre
controllato e timidamente perfetto, giusto specchio vouyeristico di molta
generazione del 2.0.
uffa! ne avete tutti parlato male più o meno...mi spiace anche se uno sguardo glielo darò lo stesso...
RispondiEliminaBe', non è che sia un film così brutto, anzi, di tutti quei film che hanno un dislivello enorme tra super impatto visivo e zero storia questo funziona meglio perché la storia, a dirla tutta, è narrata anche bene e la regia la rende anche curiosa, ma alla fine il problema sta nella sua lunghezza, che stanca e porta presto ad annoiarsi. Peccato :)
EliminaHo letto tutto il post.
RispondiEliminaNon so che dire, parto prevenuto... ma penso che alla fine una visione ce la darò.
Perché no, la curiosità è sempre difficile da battere :)
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