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Blind Detective (2013)

By Simone Corà | mercoledì 25 giugno 2014 | 08:00


Hong Kong, 132 minuti
Regia: Johnnie To
Sceneggiatura: Wai Ka-Fai, Ryker Chan, Nai-Hoi Yau, Xi Yu

Continua lo stato di ottima salute di cui gode Johnnie To, dopo lo splendido e minaccioso Drug War rimane invariata l'intera squadra di lavoro e, pur proponendo un film estremamente commerciale e molto attento al pubblico, il grande regista ne esce ancora a testa alta con un'opera in parte commedia e in parte thriller che funziona agile e divertente in un buon mix del To scanzonato e di quello serio, privandosi dei suoi estremi più frivoli e, sull'altro lato della bilancia, quegli aspetti cupi e fatiscenti con cui si è imposto e ha fatto scuola. Ne esce qualcosa di sbilenco e pazzerello, mai troppo ardito ma comunque sapientemente ingarbugliato, con i suoi momenti di leggera sciocchezza per accontentare tutti ma che non impedisce a una macchina poliziesca e con accenni quasi soprannaturali di premere a fondo un pedale dell'acceleratore che in più momenti del film pare davvero non avere ostacoli.

Cinquantesi regie sono un curriculum spaventoso per un autore che in fondo ha iniziato a metà degli anni Ottanta, e non serve certo sottolineare quanto la perizia tecnica in Blind Detective, e in generale nel suo cinema, sia abbagliante, ma rimango sempre sbalordito quando To innesca quel ritmo altissimo e privo di freni sin dalle prime immagini, incastonando scena dopo scena con un metronomo disumano, che scandisce i segmenti della pellicola con bastonate di impressionante precisione. Per quanto semplice nell'evoluzione dei personaggi, e tutto sommato tenuto sotto controllo anche nella progressione della trama, è nei dettagli che il film si innalza, anche abbastanza di prepotenza: la sceneggiatura a otto mani, capitanata come sempre dal fidato Wai Ka-Fai, costruisce talmente tanti strati attorno alle vicende dei due detective protagonisti, lui cieco e burbero, lei abile ma un po' svampita, da fornire a un To molto divertito una paradossale carta bianca dove sbizzarrirsi. In fondo i due lavorano insieme da così tanto che sembrano quasi lanciarsi la palla a vicenda, scrivendo l'uno il materiale perfetto per valorizzare la magia visiva dell'altro, ed è un piacere vedere tanta sinergia, è qualcosa che non riesco a trovare nel cinema occidentale, soprattutto tra le vecchie glorie (penso, non so, a un Martin Scorsese, che non ha uno sceneggiatore di fiducia ma è comunque, tra i big, quello che forse tenderei a vedere più vicino a un To per costanza, tecnica e qualità), è uno scambio di fiducia e professionalità, oltre che di immensa bravura, che porta prevalentemente qualità anche quando si cerca qualcosa di più facile e accessibile, come in questo caso.

Ecco quindi, tornando a parlare di tecnica, il passaggio quasi senza soluzione di continuità da uno stacco all'altro, creando dislivelli visivi e concettuali che in realtà rendono meravigliosamente fluido e sempre curioso il film - dai momenti-gag dove si respira una natura sciocca ma mai esageratamente slapstick o compiaciuta alle lunghe e complesse ricostruzioni delle scene del crimine, con prove e controprove che creano un gioco serioso ma anche ironico, dai frammenti sdolcinati e quasi infantili con cui Johnston insegue il suo amore senza per forza scendere a troppi compromessi melò tipici di Hong Kong a ferree sessioni di indagini dove la bravura di To esce in tutto il suo splendore. Qui naturalmente si entra nel suo campo preferito, è da sempre quello che sa fare meglio e da sempre è esperienza gratificante vederlo dirigere gli attori oltre che dettare inquadrature e ritmi vertiginosi. Scene di normalità investigativa, soprattutto in un'atmosfera comunque goliardica, vengono infatti esaltate da un controllo perfetto, da un gioco di sguardi che racconta moltissimo, anche più della consueta tonnellata di dialoghi fittissimi che tempesta la pellicola. Una sequenza bellissima come quella della cena nel ristorante, acquista calore e coinvolgimento proprio per la forza con cui tutto viene mostrato, e in un secondo momento spiegato, ma che si poteva già intuire grazie ai primi piani tanto sui piatti quanto sui volti degli attori e a un montaggio ben calibrato. Dettagli, semplicemente dettagli che poi possono esplodere prendendo una via comica (la ricostruzione esagerata della cena fatta da lei dopo un'amara riflessione), che possono piacevolmente spiazzare dando una giusta robustezza ai momenti rievocati (Johnston che immagina di chiedere informazioni a un assassino e quello gli risponde con un "boh"), o che possono mutare tonalità senza snaturare l'opera (i cadaveri sepolti e la sporcizia accumulata dal killer). È grande, potente cinema.

E in un grande cinema, è sempre un bel vedere quando una coppia di attori rodata come quella formata da Andy Lau e Sammi Cheng respira simultaneamente e si muove con esperienza e simpatia, hanno già lavorato con To (e ritorna  il discorso della qualità che si crea sulla fiducia e sulla sintonia, non è un caso) e si sente quella tranquillità che permette loro di essere personaggi anche un po' fuori dagli schemi senza mai apparire posticci o comunque poco sinceri. Soprattutto Lau si distingue per il suo detective cieco e impulsivo che comanda a bacchetta gridando in continuazione, ma nella sua dolcezza e solarità anche la Cheng è splendida pur appoggiandosi a una caratterizzazione più standard del cinema di Hong Kong, un po' viziata e innamorata del suo ingestibile investigatore lo segue ovunque prestandosi ai suoi bizzarri metodi per ricostruire le scene del crimine e tentare di risolverli. Per il resto si trovano a loro agio tanto nei momenti più semplici tanto nei segmenti della pellicola in cui la trama principale subentra alle varie marginali e li conduce a un bosco di rapimenti, serial killer senza volto che si muovono in auto, cimiteri d'ossa, vecchie cascine abbandonate e parecchia altra roba più in linea con certo horror che con una sostanziale commedia.

E se posso sopravvivere ad alcune sbavature, che in fondo non disturbano, come la semplicità con cui i due arrivano a risolvere parte del caso o a fare alcune riflessioni sentimentali, è solo per merito di una costruzione generale esemplare, in grado di dare vita a un film che può realmente piacere a tutti, da chi cerca la commedia sentimentale a chi si trova più a suo agio con un buon thriller: ogni elemento è trattato con cura e nessuno prevale sull'altro. Punto. Avercene, di film con questo concetto di leggerezza.

4 commenti:

  1. Devo assolutamente recuperare sia questo che Drug war.
    Li trovo sul mulo?

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    1. Recupera recupera!
      Guarda, io setaccio solo i torrenti, ma penso che pure lì lo trovi tranquillamente, non so però se ci siano sub ita :)

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  2. Altro film che ho nella lista dei recuperi!

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