USA, colore, 101 minuti
Regia: Jeremy Gardner
Sceneggiatura: Jeremy Gardner
Jeremy Gardner è uno sconosciuto come tanti e, come tanti
altri wannabe che esordiscono nel cinema e non possiedono ancora il giusto equilibrio
per sgomitare con stile, sembra strafare presuntuosamente caricandosi di
obblighi e incarichi tipici di autori indie che vorrebbero ma non possono,
eppure fanno lo stesso inseguendo concetti di arte solitamente abbastanza
discutibili: produce, scrive, dirige e interpreta, senza contare le intuizioni
musicali che devono essere passate molte volte nel suo stereo. I soldi sono
pochi, con un budget di 6.000 $ oggigiorno puoi comprarci a malapena il
catering per la troupe e invece Gardner, al suo primo colpo, spreme ogni
risorsa, fa della povertà una grande ricchezza e dopo quindici giorni di
riprese si esibisce in un headshot perfetto e invidiabile che molti colleghi
iperprodotti e palestrati dovrebbero invidiare mentre consumano un caricatore
dietro l’altro.
The Battery è
un’anomalia non solo nell’ormai puzzolente cinema zombie, è una sintesi
miracolosa di ciò che l’horror può ancora produrre senza tanto bramare mete
impossibili o mirando a obiettivi eccessivi: qui si parla di pura, immacolata
bontà narrativa, e per fortuna che qualcuno ancora si ricorda di cosa serva
prima di tutto per fare un buon film.
Okay, è pur sempre di un film di zombie,
sventrando The Battery di tutto ciò che lo arricchisce è questo quello
che rimane, ma Gardner non se ne avvantaggia per facilonerie o spacconate anche
comprensibili, sfrutta l’elemento soprannaturale con saggezza, lo affronta con genuinità,
non lo appesantisce né lo sovrastruttura di dettagli inutili, ricrea un
post-apocalisse come tanti e racconta di due giocatori di baseball che spartiscono
le tante avversità e sono costretti a diventare amici. La bellezza di The Battery però non si trova soltanto
su un comodo livello di sfruttamento dell’orrore per parlare d’altro, ciò che
ricrea meravigliosamente Gardener è quello che tanti autori non riescono
nemmeno a inquadrare, sono troppo impegnati a cercare l’orrore, a rinforzarlo o
comunque a metterlo davanti a tutto, a dargli spessore sanguinolento e chissà
quale mitologia aggressiva quando ciò che stordisce di più, ciò che davvero
tramortisce con violenza, è la semplice umanità.
Umanità è la parola chiave per descrivere
un film incredibile come The Battery,
e si rimane ancora più impressionanti vedendo come sia un autore del tutto
esordiente (il vero esordio, una sceneggiatura risalente a dodici anni
fa (!) di un film visto da nessuno, probabilmente non vale), ad aver creato tanta ricchezza, pare
impossibile che senza un’adeguata esperienza in ritmi, contenuti e meccanismi
Gardener sia così maturo e pronto a dare una visione così meravigliosa.
L’orrore che devono affrontare Ben e
Mickey è risaputo, gli zombie che calpestano questa zona di mondo umida e sudata
sono carcasse inermi, a malapena si reggono in piedi, sono facili da evitare e
da uccidere e trovano forza soltanto nel numero. Non è su questo che vuole
puntare Gardener, eppure già la sola componente horror, pur secondaria e molto,
molto limitata per le chiare intenzioni della pellicola, è sorprendente: la
sola, interminabile parte conclusiva rende The
Battery visione non solo fondamentale ma qualcosa da cui attingere e
imparare, registi, sceneggiatori e gli stessi spettatori avrebbero molto da studiare
tanto nell’intensità narrativa quando nella scelta visiva di Gardener.
Non
credo si possa parlare di tecnica registica, qui non abbiamo a che fare con
virtuosismi, simmetrie e grandangoli impossibili, trovo però molto interessante
e di gran carattere il suo minimalismo e la costante ricerca di intuizioni
particolari utili a esaltare lo sfiancamento dei protagonisti: l’essere
rinchiusi in una station wagon, un cerchio di morti che ne blocca le uscite, il
caldo, la stanchezza, l’ansia che si trasforma in noia, tutto questo crea uno
strato di tensione e sofferenza che esplode e tocca livelli per me di difficile
sopportazione quando Gardener si lancia in un long take di almeno dieci minuti
con cui immortalare la funzionalità di un film di zombie, e in generale un film
horror, privo del suo orrore protagonista, relegato a una semplice ma
devastante e insostenibile presenza invisibile.
Scegliere di far parlare i personaggi è
mossa squisita ma difficile, è altissimo il rischio, in un genere così
affollato e ormai senza alcuna sorpresa, di dedicarsi ad argomenti che per
spuntarla devono puntare in alto per poi precipitare alla prima riflessione (ho
smesso di seguire The Walking Dead all’inizio della stagione due, ma a
quanto leggo in giro continua ancora disperatamente a inseguire certa
intelligenza discorsiva mostrandosi invece basso e di nulla stimolazione
cerebrale).
Un personaggio enorme come Ben trasuda carisma in pochi accenni, è
una persona pura, onesta, trasparente, un uomo che a incontrarlo nella vita
reale non ti annoieresti mai, avrebbe sempre un argomento da mettere a tavola
ma anche nei silenzi ci si potrebbe sentire a proprio agio. La sua sincerità è
motore trainante della pellicola, commuove la genuinità con cui aiuta Mickey
nelle difficoltà che questa nuova vita impone, mi ha fatto in qualche modo
sentire bene l’energia sprigionata dalla sua essenzialità, tanto nel soccorso
quanto nella durezza, Ben ha capito come funziona questo mondo e pur vivendolo
soffrendo, la scorza che lo ricopre gli di guardare avanti con un’energia
disperata che invece Mickey non possiede, ancora troppo ancorato alla vita di
una volta per poter resistere adesso da solo, ha costantemente bisogno delle
musica per annientarsi dal mondo esterno e cullarsi all’interno di un guscio che
non riesce a schiudere.
Ad accompagnarli e a rendere spero immortale
l’espressività di Ben è una colonna sonora nostalgica, solo brani rock di
scarna strumentalità ma caldissima atmosfera per sottolineare momenti alticci e
felici ad altri di sofferenza e tragicità: non conoscevo i Rock Plaza Central ma
si sono rivelati band incredibile per lo splendore evocato in poche note,
canzoni brevi e una voce di toccante intensità.
Dispiace quindi pensare che gran parte del
pubblico finirà per definire The Battery
una pellicola priva di storia e che si concentra su momenti abbastanza ordinari
accumulando inutili minuti di girato (quando Ben e Mickey si lavano i denti,
sequenza in realtà di straordinaria normalità), un film noioso perché non
succede niente, gli zombie si contano sulle dita della mano ed è troppo lento
per meritare attenzione.
Per me non è niente di tutto questo, è
opera diretta con eccezionale personalità e più di ogni altra cosa superbamente
narrata, nei suoi 101 minuti incorpora tutto quello che si dovrebbe cercare in
un horror ma che troppo spesso si tende ad accantonare per accontentarsi di
poche briciole. Spero solo che Gardener non abbandoni la materia: nel cinema
del terrore, e non solo, ha molto, molto da dire.
Per è un film noioso perché non succede niente, gli zombie si contano sulle dita della mano ed è troppo lento per meritare attenzione.
RispondiEliminaL'hai scritto tu, eh!
Perché per me non è niente di tutto questo, è opera diretta con eccezionale personalità.
E poi va a finire che la pensiamo uguale... :)
Per fortuna che ci sei tu! :-p
Eliminaanche da me ne parlai con entusiasmo...
RispondiEliminaVero, ricordo tue ottime parole - e il film me lo sono segnato da lì, prima non ne avevo mai letto in giro. :-D
EliminaNon ancora visto. D'altra parte la zombie-movieness mi sta un pò rompendo, da qualche tempo a 'sta parte. Vediamo.
RispondiEliminaDiciamo che ha rotto ormai da molto tempo, sono film tutti uguali e che nessuno dovrebbe vedere. Ma The Battery è davvero qualcosa d'altro, offre molto, molto di più di quello che il cinema horror di solito propone. E penso che per te sarebbe anche interessante analizzare i due protagonisti, molto profondi e complessi. :)
EliminaMi manca ma, visto l'entusiasmo con cui ne parli, cercherò di recuperarlo presto :)
RispondiEliminaE' un gran bel vedere, fidati :)
EliminaFra poco lo vedrò sicuramente, dato che era già nella lista dei "prossimamente" e dopo la tua recensione ha scalato la classifica :)
RispondiEliminaMa non era la Cristina che voleva vederlo? XD
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