USA, 10 episodi, 60 min cad.
Showrunner: David S. Goyer
Network: Starz
Evidentemente Starz sa compiere miracoli, intoniamo tutti canti solenni e porgiamo dei doni, prostriamoci adoranti in modo che tutto ciò non abbia mai fine. Perché anche stavolta, remando contro a qualsiasi tipo di giustificato pregiudizio e mettendo bene in mostra un dito medio bello grosso, è riuscita a prendere un'idea sulla carta disastrosa, con un tasso trash sostanzialmente mortale e una slavina di idiozie senza ritorno, e a trasformarla in un'incredibile anomalia televisiva, che ha chiaramente i suoi detrattori, ma che travolge e fulmina col suo carico allegro e assurdo di pura avventura con una freschezza di cui la tv ha sempre bisogno.
Non nascondo anche da queste parti ben più di una difficoltà iniziale, qualcosa del tipo "vorrei ma poi gli amici mi prendono in giro", perché per quanto possa sguazzare felice in situazioni strampalate e pastiche ironici con vaghe derive soprannaturali, tornare nella Firenze digitale made in Starz è stata esperienza parecchio strana nonostante il ricordo abbastanza positivo della prima serie. In fondo David Goyer pare ce l'abbia messa tutta per alzare barriere di presupposti negativi, a partire dalla sua stessa presenza che ho sempre ritenuto urticante per il cinema di genere: un Leonardo da Vinci coi capelli ingellati che se ne va in giro con un giubbotto di pelle e i pettorali gonfiati, una nemesi che fa il killer per il papa e indossa occhiali da sole, la presenza di Dracula come consigliere spirituale, il coinvolgimento di un Zoroastro in versione casanova e di un Machiavelli adolescente e ingenuo, e in generale questo tono sopra la righe che accumula esagerazioni su esagerazioni apparentemente solo per stupire alla buona, con elementi semplici e scemotti come battute, enigmi risolti con scoppi di intelligenza sovrumana, fisici scolpiti, ultraviolenza, qualche nudo integrale per appagare i paganti del cavo e tante scazzottate, insomma, un pasticcio sulla carta disgustoso ma con un precedente come l'impressionante e irraggiungibile Spartacus che trasforma la proposta di Starz in qualcosa di davvero strano e fuori di testa, soprattutto in un mondo, quello televisivo, spesso così rigido e inviolabile.
Non che si tratti di chissà quale novità apocrifa, esiste una bella fetta di narrativa che gronda di vari Dante Alighieri, Giordano Bruno e lo stesso Da Vinci in improbabili vesti di investigatore, detective e impavidi risolutori del mistero, per non parlare delle più moderne stupidaggini con certi presidenti, re e regine alle prese con vampiri, mostri e caproni vari. Chiaro quindi che a un certo pubblico piaccia fare affidamento sulla forza di un'improbabile storicità per divertirsi senza la pesantezza o l'evidente noia della storia vera, ma con Da Vinci's Demons siamo davvero su altri livelli e altri registri, perché pur mantenendo la sbruffoneria e il sostanziale menefreghismo tipico di chi fa quello che gli piace e il resto vaffanculo, la serie funziona non solo per mezzo dei suoi sciocchi elementi chiave bensì, soprattutto, grazie a quello che molta televisione e persino molto cinema spesso non riescono ad afferrare.
In primis i personaggi, non pensavo Goyer potesse conoscere meccanismi di coinvolgimento e carisma, credevo fosse a malapena in grado di mettere insieme tre pupazzi e farli sparare male contro un bad guy inutile come accade in tutti i film da lui sceneggiati (da Blade Trinity a un qualsiasi Batman, siamo sempre sullo stesso pessimo piano), e invece replica la forza della prima serie e la amplifica con un Da Vinci sempre più disperso tra la follia ironica di un Dottore e il presuntuoso sarcasmo di un Tony Stark, un nemico come Riario gelido e angosciante nel suo perenne sorriso narcolettico, e una serie di grandi figure che sorreggono il loro infinito scontrarsi e allearsi: dalla tirannica austerità di un Lorenzo il Magnifico, con il quale Da Vinci instaura un incredibile rapporto di ambigui stima e odio, alla tamarraggine di un duca Alfonso, che gira armato di un assurdo zaino dove riporre costantemente due spade a manubrio, da una spalla comica come Zoroastro, che fagocita le pretese sognanti di Da Vinci e sputa battute volgari di irresistibile compagnia, a una serie di personaggi femminili che, come accadeva in Spartacus, nonostante il predominio maschile e il puzzo di uno stupido maschilismo, brillano per forza e naturalezza. Il pugno con cui Clarice guida Firenze dopo l'allontanamento del Magnifico è tanto solido come realistica sono la rabbia e la tristezza che la scuotono nei tentativi di sopraffazione subiti, o la raggelante risolutezza con cui Ima guida i Maya e soggioga Da Vinci, sono caratteri che emergono per la loro enorme femminilità, data tanto da un erotismo in cui il network ovviamente crede ciecamente ma soprattutto da un'energia e una credibilità che non sacrifica mai il loro essere donne a un semplice aspetto voluttuoso come certe atmosfere potrebbero indicare, ma le rende molto più umane e vere degli stessi improbabili eroi maschili che guidano la serie.
E poi c'è una storia, una macchina narrativa da non sottovalutare e nella quale non cercare buchi storici o chissà quali inesattezze, chiaro che qui non c'è spazio per ricostruzione o qualsivoglia realismo, in Da Vinci's Demons viene principalmente evocata un'avventura sciolta e solare, adesso esaltata dal viaggio in America e dall'incontro tra i nostri e i Maya, momento che comprende i migliori episodi del lotto. La serie è veloce, energica, è gestita magnificamente tra due grandi battaglie (l'assedio dei Pazzi nelle prime due puntate, ben rappresentato dal caos e dalla distruzione regnanti, e dall'arrivo degli Ottomani nelle ultime due, dove si annusa la paura e si percepisce l'enorme minaccia): nel mezzo c'è un bel lavoro di retrofuturismo, marchingegni steampunk, sacrifici umani e sprazzi ultra gore, Goyer lavora facile con invenzioni strampalate ed esagerazioni urlate per risolvere rebus millenari, ma tutto regge grazie a un gioco narrativo fatto di dialoghi lunghissimi e curati, i personaggi parlano credendo alle loro parole, le rafforzano con riflessioni e tesi, battute e rimandi al passato, creano quindi uno strato di pseudo-realismo che spoglia ogni stramberia della veste ridicola che indossa (cioè, Da Vinci E I MAYA!) e le maschera anche con, incredibile a dirsi, un'intelligenza abbastanza sorprendente. Da lì' a sospendere più che volentieri l'incredulità il passo è breve, il pregiudizio scema di episodio in episodio e lo si abbandona in favore di un piacere semplice e genuino. Respect.
Resta da vedere cosa succederà con la terza stagione, dopo l'abbandono di Goyer in favore di John Shiban come showrunner, non so se essere più fiducioso per un autore di gran lunga migliore, più equilibrato e capace, o se temere il peggio per un abbassamento dell'assurdo e un maggior assestamento generale.
E sarebbe magari anche interessante vedere Starz alle prese con un soggetto più serio e impegnato, le direttive che pone, pur con le dovute distanze, sono molto vicine al pensiero della HBO (l'importanza dei personaggi, il lavoro sui dialoghi), e tradurre una tale proposta televisiva in prodotti di genere potrebbe essere esperienza davvero appagante.
In primis i personaggi, non pensavo Goyer potesse conoscere meccanismi di coinvolgimento e carisma, credevo fosse a malapena in grado di mettere insieme tre pupazzi e farli sparare male contro un bad guy inutile come accade in tutti i film da lui sceneggiati (da Blade Trinity a un qualsiasi Batman, siamo sempre sullo stesso pessimo piano), e invece replica la forza della prima serie e la amplifica con un Da Vinci sempre più disperso tra la follia ironica di un Dottore e il presuntuoso sarcasmo di un Tony Stark, un nemico come Riario gelido e angosciante nel suo perenne sorriso narcolettico, e una serie di grandi figure che sorreggono il loro infinito scontrarsi e allearsi: dalla tirannica austerità di un Lorenzo il Magnifico, con il quale Da Vinci instaura un incredibile rapporto di ambigui stima e odio, alla tamarraggine di un duca Alfonso, che gira armato di un assurdo zaino dove riporre costantemente due spade a manubrio, da una spalla comica come Zoroastro, che fagocita le pretese sognanti di Da Vinci e sputa battute volgari di irresistibile compagnia, a una serie di personaggi femminili che, come accadeva in Spartacus, nonostante il predominio maschile e il puzzo di uno stupido maschilismo, brillano per forza e naturalezza. Il pugno con cui Clarice guida Firenze dopo l'allontanamento del Magnifico è tanto solido come realistica sono la rabbia e la tristezza che la scuotono nei tentativi di sopraffazione subiti, o la raggelante risolutezza con cui Ima guida i Maya e soggioga Da Vinci, sono caratteri che emergono per la loro enorme femminilità, data tanto da un erotismo in cui il network ovviamente crede ciecamente ma soprattutto da un'energia e una credibilità che non sacrifica mai il loro essere donne a un semplice aspetto voluttuoso come certe atmosfere potrebbero indicare, ma le rende molto più umane e vere degli stessi improbabili eroi maschili che guidano la serie.
E poi c'è una storia, una macchina narrativa da non sottovalutare e nella quale non cercare buchi storici o chissà quali inesattezze, chiaro che qui non c'è spazio per ricostruzione o qualsivoglia realismo, in Da Vinci's Demons viene principalmente evocata un'avventura sciolta e solare, adesso esaltata dal viaggio in America e dall'incontro tra i nostri e i Maya, momento che comprende i migliori episodi del lotto. La serie è veloce, energica, è gestita magnificamente tra due grandi battaglie (l'assedio dei Pazzi nelle prime due puntate, ben rappresentato dal caos e dalla distruzione regnanti, e dall'arrivo degli Ottomani nelle ultime due, dove si annusa la paura e si percepisce l'enorme minaccia): nel mezzo c'è un bel lavoro di retrofuturismo, marchingegni steampunk, sacrifici umani e sprazzi ultra gore, Goyer lavora facile con invenzioni strampalate ed esagerazioni urlate per risolvere rebus millenari, ma tutto regge grazie a un gioco narrativo fatto di dialoghi lunghissimi e curati, i personaggi parlano credendo alle loro parole, le rafforzano con riflessioni e tesi, battute e rimandi al passato, creano quindi uno strato di pseudo-realismo che spoglia ogni stramberia della veste ridicola che indossa (cioè, Da Vinci E I MAYA!) e le maschera anche con, incredibile a dirsi, un'intelligenza abbastanza sorprendente. Da lì' a sospendere più che volentieri l'incredulità il passo è breve, il pregiudizio scema di episodio in episodio e lo si abbandona in favore di un piacere semplice e genuino. Respect.
Resta da vedere cosa succederà con la terza stagione, dopo l'abbandono di Goyer in favore di John Shiban come showrunner, non so se essere più fiducioso per un autore di gran lunga migliore, più equilibrato e capace, o se temere il peggio per un abbassamento dell'assurdo e un maggior assestamento generale.
E sarebbe magari anche interessante vedere Starz alle prese con un soggetto più serio e impegnato, le direttive che pone, pur con le dovute distanze, sono molto vicine al pensiero della HBO (l'importanza dei personaggi, il lavoro sui dialoghi), e tradurre una tale proposta televisiva in prodotti di genere potrebbe essere esperienza davvero appagante.
Torno a visitare il tuo blog a distanza di un po' di tempo, dato che ricordavo che concordavamo su Da Vinci's Demons :) E vedo che anche per quanto riguarda la seconda stagione siamo abbastanza in linea... hai visto la terza per caso? Diciamo che, almeno secondo me, quello cha avevi scritto nell'ultimo paragrafo qui sopra si rivela alquanto premonitore...
RispondiEliminaSono fermo a metà della terza da, ehm, ormai un annetto. Era abbastanza noiosa, non succedeva nulla e, boh, non ho più trovato voglia e modo di proseguire. :-|
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