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Train to Busan (2016)

By Simone Corà | mercoledì 2 novembre 2016 | 11:06

E di quando gli zombie coreani fecero zittire tutti quanti                                                                                 

Scrivere di un film che ormai riempie le homepage di qualsiasi portale dedicato all’horror può sembrare superfluo, ma quest’anno concentrarsi sulle piccole produzioni è impresa sempre più incerta e deludente, tanto che anche in pieno Halloween il 2016 non sembra sganciare alcuna novità interessante. Quindi meglio focalizzarsi sull’unica cosa che conta, in un caso come questo in maniera anche abbastanza sorprendente. 
La Corea non ha un grande panorama horror da dispensare all’esterno, al di là delle tree grosse bombe di A Tale of Two Sisters, The Host e Thirst, sono pochi i titoli che rimbalzano con un qualche carico di attrattiva in occidente (e forse anche in patria stessa): un paio di Whispering Corridors (giusto fino al secondo capitolo, meglio non esagerare), Kong Su-Chan con i suoi horror militari R-Point e The Guard Post e ben poco altro, poi si deve per forza travalicare il genere e assestarsi su dinamiche da revenge movie cari alla produzione e al pubblico con giusto quella parvenza sanguinaria da poter ingannare (i bellissimi I saw the devil e Bedevilled).
È un parco titoli abbastanza povero, se si pensa a quanto viene sfornato e a quanto buon materiale c’è: mancano infatti ulteriori esempi propri all’ideologia di un paese che, nel cinema del terrore, ha occhieggiato fin troppo al vicino Giappone, importandone fantasmi e meccanismi di paura. Sembrava che con The Waling ci potesse essere la bomba atomica (e per molto pubblico e critica pare essere così), ma a me non è piaciuto, e penso sia un pessimo esempio di fare cinema in generale, interminabile, impreciso, senza alcuna direzione e privo di ogni definizione con cui mostrarsi.
Ma per fortuna non è di questo disastro che voglio parlare, bensì del meraviglioso e inaspettato Train to Busan.

Pare impossibile che si possa ancora fare cinema di zombie in un’epoca dove il morto vivente è stato visualizzato da qualsiasi punto di vista, per di più sotto forma di una storia che più classica di così non si può. Abbiamo il virus che si diffonde senza controllo, una multinazionale potente e cattiva, e un protagonista che deve andare da A a B per salvare la sua famiglia e, be’, prende il treno. Nel mezzo ci sono due ore di zombie corridori capaci anche di mettere un po’ di strizza, frutto di un bel lavoro sui movimenti furiosi e sulle ossa spezzate, ingrediente fortemente visivo seppur in larga parte debitore dei vari fantasmi vendicativi orientali.
Ma l’unico aspetto cosa che ha davvero valore in una storia del genere è la costruzione dei personaggi e le relazioni che vengono intessute. The Battery del 2012, proprio per lo studio sui suoi protagonisti (e, va be’, un sacco di altre cose meravigliose che vanno dalla colonna sonora alla regia) è tuttora uno dei migliori horror indie mai prodotti, seppur provenga da una base zombesca tiepida e in apparenza poco stimolante. Altro esempio. Z Nation, seppur poverissimo e con addirittura la famigerata Asylum a produrlo, è quanto di meglio si possa trovare attualmente proprio er la potenza di un pugno di personaggi, e di uno in particolare, già entrati nella storia.
Ma Yeon Sang-ho non è l’ultimo arrivato, in curriculum ha due pugni nello stomaco d’animazione che giocano su scontri psicologici complessi e raffinati (The King of Pigs e The Fake), e sebbene con il salto verso l’universo blockbuster fosse plausibile un alleggerimento dei toni e un maggiore ammiccamento internazionale, Train to Busan non subisce pressioni o scossoni che ne demoliscano il forte impatto emotivo.


Splendido il disegno e l’arco con cui definisce la parabola di Seok-woo, padre divorziato e poco attento alla figlia, da sempre concentrato soltanto sul lavoro, e ottimi i comprimari che lo accompagnano e lo affrontano durante il massacro in treno, dal vigoroso Sang-hwa al perfido Yon-Suk, passando per l’intera scolaresca in viaggio, che ben inquadrano uno spettro di personalità sfaccettate eppure semplici, lineari, incredibilmente efficaci.
L’apocalisse sui binari trasforma, come vuole la tradizione, persone normali in guerrieri sanguinari, e il manipolo di protagonisti, grazie a un pugno di dialoghi snelli, efficienti e con la giusta ironia, è sostanzialmente perfetto nel far emergere le emozioni ideali a sostenere la storia: rabbia, energia, affetto, dolore.
Le morti arrivano numerose e in alcuni momenti anche abbastanza bastarde: sfoltire il gruppo di valorosi per permettere all’eroe di concludere la sua trasformazione distruggendo la nemesi è dolorosamente inevitabile ma strutturalmente vincente. E il film ne guadagna secondo dopo secondo.

Yeon Sang-ho tiene bene gli spazi stretti costruendo una bella progressione dall’ultimo vagone alla motrice, un po’ come avveniva in Snowpiercer, sfrutta la geometria delle carrozze e il tragitto del treno per una manciata di trovate molto piacevoli, e filma la carneficina anche con un discreto quantitativo di sangue. 
Quando deve uscire all’esterno evita le panoramiche sulla pandemia ma rimane sempre ancorato ai binari, attingendo dalle mostruosità numeriche di World War Z per un paio di scene di massa interessanti e diverse dai soliti scenari, con il piede ben premuto su adrenalina e tensione.
Per una volta forse certi tasti dolenti del cinema coreano (il lato sentimentale, la drammaticità enfatizzata) contribuiscono alla tragedia senza scadere mai in patetismi e sciocchezze buoniste. Le perdite fanno male e commuovono, la sinergia è eccellente e il lavoro compiuto sino al finale amaro chiude il cerchio con classe. È impossibile non entrare nelle carni di Seok-woo e patirne l’angoscia per moglie e figlia lontane, ed è impossibile non sentire il profumo di vittoria che scalda il cuore quando la sua missione si compie. 

Insomma, grande film. Ora tocca solo aspettare il prequel animato Seoul Station

6 commenti:

  1. Ce l'ho in attesa da un pò, spero di vederlo in questi giorni.
    Sono molto, molto curioso.

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    1. E merita tutta la tua curiosità, è un film bellissimo.

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  2. Filmone! Azione, melodramma, tanto sangue... non me l'aspettavo, e invece...

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    1. Pure io ero molto scettico, pur amando moltissimo il cinema coreano ero convinto che il melodramma avrebbe annacquato tutto il resto, ma per fortuna così non è stato :)

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  3. Un film che mi ha sorpreso molto ma molto in positivo, se fosse uscito al cinema quest'anno si giocherebbe addirittura il mio personale primo posto tra i più bei film del 2016..comunque uscirà nella primavera 2017, spero abbia il successo che merita

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    1. E' incredibile come questo film abbia sorpreso tutti. E' la prova che una buona storia e ottimi personaggi vincono sempre.

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