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The Pool (2014)

By Simone Corà | giovedì 8 settembre 2016 | 00:01

Due famiglie al lago per una gita di vermi, cadaveri e fantasmi cattivi                           

È sempre facile mettere un pugno di persone qualunque in un luogo isolato e farle impazzire piano piano fino a instaurare un tutti contro tutti che sputa viscere e colpi bassi. Okay, forse facile non è la parola più giusta, ma di sicuro è una strada così ben battuta da anni e anni di cinema del terrore da potersi appoggiare a schemi comportamentali e strutture narrative già ampiamente collaudate, semplici da seguire, con cause-effetto che anche gli autori meno esperti possono padroneggiare senza sfigurare troppo.
Credo invece sia molto più difficile mettere, in questo luogo isolato dove l’orrore scioglie il cervello a tutti, un pugno di persone cattive, disoneste, sgradevoli, verso le quali non si possa empatizzare in alcuna maniera. E in questo caso la difficoltà è duplice. Ce la farà The Pool?

In primis è naturale chiedersi perché imbastire una storia di bad people, di mariti che non amano le mogli, di mogli che tradiscono, di figli antipatici che godono nel maltrattare i più giovani, e di giovani che ringhiano covando odio purissimo, tutti insieme allegramente per trascorrere qualche giorno al lago sparlando l’uno dell’altro.
Insomma, giusto per fare un quadro generale, abbiamo un padre con un’amante di trent’anni più giovane che racconta all’amico di quella volta in cui hanno fatto faville in un bordello, una moglie che si tromba il suo amico, il quale a sua volte deride il primo del suo matrimonio disfunzionale… e già questo indica il taglio estremamente negativo e brutale di un pugno di protagonisti parecchio difficili da amare. Quindi perché cercarsela su una strada più complessa, faticosa da gestire, negando anche un solo eroe positivo con cui allearsi per fronteggiare il male e sfangarla da questa situazione?
Ne consegue la seconda difficoltà, è cioè quella di una trama necessariamente solida e potente da permettere che queste asprezze comportamentali passino in secondo piano, dietro la potenza delle vicende evocati. E se Chris W. Mitchell non va poi in cerca di chissà quali invenzioni orrorifiche, è parecchio abile nel rendere malignamente confuso, diabolico e provocatorio questo fantasma che sale dalle acque del lago per rovinare la vacanze di queste due non-famiglie.


Uno spettro che colpisce duro, infame e spietato, che agisce slealmente con una perfidia da manuale, inscenando spettacoli ai quali i nostri poveri cattivi non possono resistere, si lasciano sedurre e finiscono, quasi fossero vittime inconsapevoli di un killer infallibile, con le budella al vento. Come vuole certo cinema mitteleuropeo le sequenze shock non mancano, si punta su primissimi piani di cibo andato a male, insetti e vermi che pasteggiano sulla carne marcia, ferite che si infettano e morti trasversali molto dolorose.
È una royal rumble di sgambetti e slealtà amplificata dalla pioggia di incubi e malesseri che si schianta su tutti quanti, non ci sono salvezze, le speranze vengono azzerate dopo le prime apparizioni, e la morte sembra l’unica soluzione rimasta tra nubi surreali, morti che risorgono e boschi che annullano ogni via di uscita.
È cinema horror semplice, diretto, senza fronzoli, molto schietto e preciso, fatto bene anche se, chiaramente, privo di novità o di appigli che si differenzino dalle solite strutture se non per quella brutalità psicologica con cui vengono modellati i protagonisti.

Film del 2014 che solo ora pare trovare sbocco, dura poco più di settanta minuti quasi si affacciasse sul mercato con modestia (Mitchell è tra gli sceneggiatori di un altro piccolo oggetto sconosciuto ma assai gradevole e rispettoso come Frankestein’s Army), è privo di ambizione ma ci sono una cura e una capacità già definite. Quindi, perché no?

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