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The Witch (2015)

By Simone Corà | lunedì 23 maggio 2016 | 12:30

In cui finalmente anche Midian scrive del probabile meglio film del 2016                      

Ho un problema con i film di grosso calibro.
Mi è capitato per The Babadook, per Honeymoon, per It Follows e per The Invitation, e ora succede ancora per The Witch. Entro in uno stato unicellulare che sgretola ogni pensiero logico e rilascia al massimo qualche balbettio, perché di fronte a colossi che scardinano l’horror così come lo conosciamo e lo reinventano, gli danno nuovo slancio, lo triturano per una nuova riformulazione che possa fungere da carburante per mille altri progetti innovati, le parole vengono meno ed più facile consigliare un “guardatelo” che spendere tempo su frasi e costrutti in fondo già espressi da mezzo internet.
Ma è inutile nascondersi dietro lacune e impreparazioni, un blog ftaghn come questo vive nell’attesa di film così potenti e totali, e anche se si arriva tardi, quando ormai mezzo internet ne ha già ampiamento discusso e metabolizzato, è importante scapocciarsi per sottolineare le ovvietà di una bomba atomica come l’esordio di Robert Eggers.
   
Eggers viene dai costumi e ha quindi un approccio ai dettagli diverso da un raccontastorie: la sua è un’arte che deve far emergere sensazioni attraverso tessuti e colori, e The Witch è imbevuto da una parte di stoffe che trasudano sporcizia, dolore, fatica e disgrazia, e dall’altra da colori grigi e mortiferi che appesantiscono ancora di più ogni dispiacere.
Tutto è buio, nuvoloso, pallido, non ci sono sprazzi di luci nel cielo o colori che possano spuntare tra le vesti di una famiglia inglese che, nel lontano 1630, sceglie di allontanarsi dalla comunità di pellegrini del New Egland e di provare a vivere in autonomia nei pressi di un bosco.
Ma il bosco, si sa, è sinonimo di molte cose, spesso maligne, è custode di segreti terribili e inquietudini innominabili, ed Eggers non perde molto tempo (gli bastano più o meno cinque minuti di film) a informare tutti che, sì, proprio in quel bosco vive una strega, una vecchia fattucchiera in carne, pelle e ossa, lei e le sue magie, lei e i suoi incanti demoniaci, lei e la sua fame di carni tenere.
Pochissimi istanti, quelli di un gioco innocuo, e il fratellino di Thomasin, appena un infante, svanisce, scompare, è solo un ricordo. Di lui abbiamo immagini feroci, coltelli che aprono la carne e sangue usato per lavare un corpo scheletrico, spigoloso, malvagio. Poi, basta, rimane il dolore.

Dunque, la strega è reale, la sua è una presenza concreta, seppur avvolta da un fumo sulfureo sparge una soprannaturalità che contagia come una malattia tutto quanto, eppure Eggers, invece di giocare su toni più comodi e di facile presa orrorifica, utilizza mezzi molto sofisticati per sottolineare l’orrore, un orrore che rimane costante dall’inizio alla fine nonostante le sue forme più sottili e perturbanti.
A farne le spese è soprattutto Thomasin, la figlia più grande, ancora adolescente ma già adulta per accogliere verbosità religiose e insegnamenti rigorosi: la ferrea impostazione cristiana suggerisce che, in quanto femmina, sia corpo ideale per accogliere il demonio, e su di lei ricadono le prime accuse feroci. Ma Thomasin non ci sta e, seppur schiacciata dalla meccanica religiosa, rilancia, reagisce, indaga, cerca prove che l’ignoranza in cui cresce non può fornirle, ne trova altre, incastra tasselli, lotta furibonda per inforcare il demonio con le sue stesse armi.


La bontà mefistofelica di The Witch risiede proprio nella combo di caratteri scolpiti da regole divine severissime e nelle loro reazioni al serpente che si insinua nel gregge.
Il bisogno di chiedere perdono del fratello più piccolo nonostante la situazione in cui si trovi; il senso di colpa del padre per aver permesso che l’amore per i figli e per la famiglia lo portasse a mentire; la devastazione di Katherine, che non sa chi incolpare per la morte del figlio; e il gioco infido dei giovanissimi Mercy e Jonas, che forse parlano con gli animali o forse si inventano solo storie cattive.
Lo stremo con cui questa semplice famiglia povera e devota coltiva personalmente il divino e vi si aggrappa nonostante le risorse inesauribili del maligno, alimenta ancora di più l’esplosione viscerale che subisce, una serie di scoppi interni che la demolisce istante dopo istante, privandola di ogni appiglio reale.

Il male viene iniettato a inizio film e per buona parte di quanto rimane si può assistere ai suoi effetti mostruosi: il disagio causato dai litigi dei genitori (per una volta profondi e plasmati su argomentazioni colme di sofferenza), le polemiche che si creano a causa dei battibecchi tra bambini (insinuazioni fastidiose e stuzzicanti come solo quelle maliziosamente pure dei più piccoli possono essere) e il tira e molla a cui soccombe il padre nel tentativo di ascoltare tutti i componenti della sua famiglia, sono tutti esempi del gran carattere del film, che non ha paura di osare su strati e strati dialogici (lo sapevate che usano una terminologia antica?, forse lo avete letto in qualche altra recensione, forse eh) per poi accoltellare con irruzioni allo stesso tempo tempestose e di incredibile fascino.
Le scorribande del caprone, oppure l’invito della strega nella sua forma più avvenente, o ancora il pasto nella stalla sono sequenze che qualsiasi altro horror avrebbe trasformato in bordate sonore utili ad accontentare il pubblico meno esigente, e invece Eggers gonfia ogni atmosfera di grigiore e disperazione e tensione e paura, dando vita a implosioni silenziose di fino, finissimo terrore.

L’orrore quindi viene trasformato e, spogliandolo degli orpelli più superflui, smussandolo dagli spigoli più bruschi, Robert Eggers lo ripropone in una forma primordiale che trabocca di apprensione e angoscia. 
Ancora presto per parlare di horror dell’anno o meno, magari vediamo come vanno i prossimi mesi e cosa riserverà la scorpacciata halloweeniana, ma per il momento ci sono ben pochi rivali.

10 commenti:

  1. Probabilmente non si tratta neppure di un horror come intendiamo il genere solitamente, è più una storia nera tradizionale che ha le proprie radici nei racconti popolari e nelle favole dei grimm, ma concordo, bella recensione :)

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    1. Grazie!
      Però, mmmh, no, io non sono d'accordo, per me è un horror pieno e puro, c'è il dimonio, le streghe, magia nera, culti, riti, possessioni, animali che fungono da manifestazione del maligno... insomma, per me è zeppo di elementi soprannaturali e legati alla cultura satanica. E per di più ha un'atmosfera pazzesca che crea una tensione e un'inquietudine terribili. :)

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  2. Troppi caproni per i miei gusti :)
    Mi ha messo abbastanza strizza

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    1. Sì, il capro ha il suo fascino malvagio e a capo della combriccola di animali mette molto malessere

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  3. Prima di parlarne anche io devo rivederlo, per ora ritengo sia uno dei migliori horror degli ultimi anni ma c'è qualcosa che mi mette a disagio, sia nel "giudicarlo" che nel parlarne... Ah, visto che lo nominavi mi sono letto anche la recensione di The Invitation e me lo guarderò sicuramente.

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    1. Ehilà! :-D

      Credo sia quella sensazione a renderlo un film così potente, è un malessere che rimane attaccato dall'inizio alla fine e poi fai fatica a lavarlo via.

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  4. Un film non perfetto, ma decisamente interessante, che rivitalizza alla grande il concetto di strega.
    Promosso, per me.

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    1. Ford addirittura d'accordo su un horrorone di grosso calibro! Non accadeva dal '65! :-D

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  5. Bellissimo, bellissimo film, che ho recensito con vero amore traboccante. Concordo con la tua recensione. Completamente. Alleluja :)

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